Un Cartografo spirituale
Intervista al narratore teatrale Claudio Tomaello
di Patrizia Boi
Claudio Tomaello è un narratore e si definisce un “cartografo” che esplora i paesaggi interiori che abitano ogni uomo.
Nel mezzo del cammino della sua vita si è imbattuto nelle Fiabe e non le ha più abbandonate, anzi esse sono divenute per lui una missione di vita. Leggendo la prefazione di Fiabe Italiane di Italo Calvino, è stato colpito profondamente da una frase dello scrittore tanto da intitolare il suo primo libro Le Fiabe sono vere (2014). Il tema trattato è quello del racconto come mezzo per raggiungere consapevolezza di se stessi. Del resto, Tomaello ha intrapreso gli studi di Psicosintesi – che Roberto Assagioli definisce: “Un metodo di auto-formazione e realizzazione psico-spirituale per tutti coloro che non vogliono accettare di restare schiavi dei loro fantasmi interiori e degli influssi esterni, di subire passivamente il gioco delle forze psicologiche che si svolge in loro, ma vogliono diventare padroni del proprio regno interiore” – e li ha conclusi con una tesi sul viaggio dell’eroe e sull’importanza della Fiaba come strumento di conoscenza di sé. Per lui la Fiaba è, infatti, un modo per partire verso un viaggio che si può avere paura di intraprendere, ma durante il quale arriva SEMPRE un aiuto. E la Fiaba è un Testo Sacro: per narrarlo c’è bisogno di uno Spazio Sacro e di un Tempo Sacro che conservi la saggezza del ritmo. Oggi Claudio scrive e racconta storie, spiega ad adulti e bambini le Simbologie e gli Archetipi delle Fiabe.
Quando sono state scritte le prime Fiabe e per quale esigenza?
La prima versione scritta di Cenerentola è stata trovata in Cina e risale al 900 a.C.: questo esempio ci fa capire che le fiabe più antiche hanno migliaia di anni. Esse sono state prima raccontate a voce e solo successivamente si sono condensate in forma scritta. Sul motivo della nascita di tali racconti, ci sono diverse teorie al riguardo. Quella che sento più risonante con la mia visione è stata espressa da Vladimir Propp, un antropologo russo della prima metà del Novecento. Nel suo libro Morfologia della fiaba, egli collega le fiabe ai riti dei popoli antichi: esse ne sarebbero il racconto; tutte le tematiche fondamentali dell’essere umano che venivano vissute nei riti sarebbero diventate le vicende delle fiabe. Per esempio, nel caso del rito di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, le armi fisiche che venivano date al ragazzo che doveva compiere il rito divennero nelle fiabe gli aiuti magici che il protagonista riceveva durante il viaggio. In ogni caso, più che al passato, io sono interessato al presente delle fiabe: esse, infatti, per me hanno valore perchè parlano di me, a me, adesso.
Cosa rappresenta nel nostro cammino interiore il percorso delle Fiabe?
Nella fiaba La palla di cristallo, presente nella raccolta dei Fratelli Grimm, il protagonista incontra la Principessa da salvare ma si trova davanti a una terribile sorpresa: la fanciulla è bruttissima! Alla richiesta di spiegazioni ella gli risponde dandogli uno specchio: “Gli occhi degli uomini possono vedermi solo così brutta, ma se vuoi sapere come sono fatta veramente guarda nello specchio e vedrai la mia vera immagine”.
Le fiabe sono quello specchio. Ci restituiscono la vera bellezza del nostro femminile interiore, che la nostra società in genere ritiene brutto e sconveniente. Entrando in una fiaba, entriamo in noi stessi e, avendo alcune chiavi interpretative, possiamo scorgere come siamo fatti e quali passi siamo chiamati a compiere per “vivere felici e contenti”.
Hai iniziato la Rubrica intitolata I segreti delle Fiabe, quali tesori esse nascondono?
Le fiabe, in fondo, sono monotematiche; parlano sempre e solo di un soggetto: l’essere umano. I diversi personaggi di una fiaba sono la rappresentazione delle molteplici parti della nostra interiorità e lo sviluppo della trama ci mostra come possiamo farle interagire per diventare gli eroi della nostra vita. Fin qui la teoria. Io però ho sentito l’esigenza di validarla sottoponendo le fiabe alla prova degli accadimenti reali: se esse parlano di me, mi dicevo, allora devono darmi delle chiavi di lettura per affrontare tutti i temi del vivere quotidiano, anche quelli più spinosi. È così che è nata l’idea dello spettacolo Adulti e Vaccinati, dove affronto il tema delle vaccinazioni pediatriche obbligatorie alla luce degli archetipi delle fiabe.
Ed è sempre dalla medesima onda che ha visto la luce la rubrica I segreti della fiabe: attraverso una serie di brevi video mi propongo di interrogare le fiabe rispetto a diversi argomenti concreti, con il desiderio di mostrare alle persone che esse ci offrono chiavi operative per la nostra vita: queste chiavi sono i loro tesori.
La servetta della Fiaba La vecchia nel bosco, schiava delle sue programmazioni, dove è condotta nel corso della narrazione?
All’inizio di questa storia una carrozza di nobili viene assalita dai briganti. Solo la servetta dei nobili si salva, ma si ritrova sola, persa nel bosco oscuro; e allora vaga, senza una meta finchè, sfinita, si accascia sotto un albero aspettando la morte. Ma, come sempre, è quando tutto sembra perduto, che qualcosa di nuovo può accadere. Ecco, infatti, arrivare in volo un colombo bianco con una piccola chiave d’oro nel becco. Con quella chiave la servetta aprirà una porta che c’è in un grande tronco e dentro troverà da mangiare. E poi dietro un’altra porta troverà da dormire e dietro una terza da vestire. Questa è la prima fiaba che analizzo nella serie di video I segreti delle fiabe: mi aveva sempre colpito la scena iniziale, ma non sapevo ancora perchè. L’ho compreso solo stando in compagnia della storia per diversi giorni: a un tratto, infatti, mi è stato chiaro che la vera tragedia della fanciulla non è stato l’assalto dei briganti, ma il fatto di essere una servetta. Era sotto padroni; come noi, quando siamo schiavi di qualche Autorità esterna o dei nostri fantasmi interiori. Ecco che allora i briganti nella fiaba, oppure una crisi o una malattia nella vita, non sono altro che occasioni per accorgerci dello stato di schiavitù in cui siamo. È questa consapevolezza che permette l’arrivo di una nuova parte di noi, ovvero un colombo bianco, che rappresenta il nostro Spirito che ha una visione più ampia delle cose e ci fornisce delle chiavi per viverla.
Le chiavi sono sempre delle domande: una porta, infatti, si apre non dando la risposta giusta ma ponendo una domanda nuova. E allora il nostro Spirito ci invita a porci domande sul cibo (cos’è che nutre davvero la nostra Anima?), sul riposo (cos’è che ristora e rasserena la nostra Anima?) e sui vestiti (cos’è che permette alla nostra Anima di agire nel mondo vestendo le proprie parti migliori?).
Come tutte le grandi domande, le risposte sono sempre aperte. Alcune di esse, se volete, potete trovarle nel primo video de I segreti delle fiabe.
Cosa rappresenta il Bosco nel mondo magico?
Ricordo un’estate in montagna; avrò avuto 8 o 9 anni. Io, sull’uscio della casa, il bosco lì davanti e i miei piedi indecisi sul da farsi, in bilico tra il richiamo del bosco e la sicurezza della casa.
A un certo punto della vita, il bosco chiama. Non puoi farci niente, a un certo punto ti chiama. È un richiamo antico come le rocce, misterioso come la notte, magnetico come le stelle. Non promette niente, non ti dà nessuna certezza ma, prima o poi, senti chiaramente dentro di te che devi partire, come hanno fatto miliardi di uomini prima di te e come faranno altri miliardi di fratelli in futuro. Il bosco è l’inizio del viaggio. È abbandonare il comfort del mondo conosciuto (la casa) – un mondo che improvvisamente ti sta stretto perchè non ha più niente di nuovo da insegnarti – e partire, avendo fede solo sulle tue gambe. E allora, una volta in viaggio, vivrai anche tu il miracolo di cui parlano tutte le grandi fiabe: se parti, se accetti il rischio della solitudine, l’aiuto arriva sempre; partire è permettere alla Vita di darti una mano e mostrarsi in forme nuove.
Il bosco è uno degli archetipi più potenti dell’umanità. Come tutti gli archetipi, si può studiare ma, per conoscerlo, bisogna viverlo. Un buon modo per cominciare è entrare in un bosco fisico e camminarlo: avrà molte cose da raccontarti.
Cosa intendi per “Forma Giudicante” nell’ambito del racconto fiabesco?
Le fiabe mettono in scena la nostra interiorità, i loro personaggi sono le nostre diverse parti. Una di quelle più invalidanti è il Giudice interiore che censura i nostri sogni, tarpa le nostre speranze e svaluta noi stessi e/o gli altri. Nelle fiabe questo Giudice assume le sembianze di una strega, un mago, una matrigna, ovvero di tutte quelle forze che tentano di far addormentare il nostro femminile (la Principessa) o di uccidere il nostro maschile (il Principe). Ma le fiabe sanno bene che questo Giudice può essere sconfitto e, nel loro linguaggio simbolico, ci mostrano esattamente in quali modi, indicandoci l’arma migliore che abbiamo a disposizione: non la rabbia, ma la consapevolezza.
Cosa rappresenta per te lo stupore?
Lo stupore è uno strumento di conoscenza, apre l’Anima, permettendo che essa veda cose che altrimenti le resterebbero precluse. La realtà è intessuta d’Amore e una delle chiavi più potenti per sentirlo è appunto lo stupore.
Un tramonto in riva al mare; ci sono molti modi per viverlo: posso cronometrarlo, posso lasciarlo come sfondo dei miei pensieri, oppure posso guardarlo con meraviglia. Nell’ultimo caso lo conoscerò di più.
Quel è il tuo più grande desiderio?
Essere in contatto con il mio Io più profondo, sviluppando i talenti che la Vita mi ha donato.
Cosa farai da grande?
Un giorno salirò in mongolfiera: ho sempre desiderato abbracciare il mondo.