La manifestazione NO5G a Torino dello scorso sabato: com’è andata, gli interventi.
Sabato 25 gennaio, a Torino, per molti deve essere stato curioso vedere – nella centrale piazza Castello – quel rassembramento di persone attorno ad un palco, con vicino un mega cartellone su cui campeggiavano tre parole: “principio di precauzione”. Attorno, dei manifesti su sfondo rosso: “Quale futuro con il 5G? Torino è città sperimentale per questa tecnologia a onde millimetriche di cui si ignorano gli effetti dannosi sulle persone e sull’ambiente. Vogliamo essere noi le cavie? Io no, Scendo in piazza il 25 gennaio”, promossi da Codarem, Assemblea Stop 5G Torino e altri.
di Anna Maria Cebrelli
Quando noi siamo arrivati in piazza, con lo striscione “Insieme per il NO al 5G – CoscienzeInRete” già aperto, abbiamo incrociato un gruppo di adolescenti; una di loro, leggendo lo striscione, ha commentato con la sua amica: “Io il 5G lo voglio invece!”.
E già da questo indizio si capisce perchè eravamo, obiettivamente, pochi (Repubblica e Corriere hanno parlato di 300 persone a manifestare; tra adulti di ogni età, famiglie con marmocchi al seguito, contando anche chi si è fermato per solo mezz’ora o un’ora, forse potremmo aggiungere un altro centinaio, tra i partecipanti all’iniziativa): quando il 5G è presentato dalla pubblicità come quella “figata” per cui ti puoi vedere – wow – un film in mezzo al bosco o il chirurgo può operare al cuore facendo due gesti per aria con le dita, dopo essersi allontanato per cinque minuti dagli affari suoi (il matrimonio del figlio, per condire bene di buoni sentimenti la faccenda); quando tutta la comunicazione (giornali, tv, esperti di tecnologia) racconta delle incredibili cose che si potranno fare con la connessione sparata dal 5 G, e già si parla del 6G, dell’internet delle cose, la smart mobility, la maggior parte delle persone – per abitudine – sconnette il pensiero, la riflessione. Ci crede. Non si fa domande. Se lo diranno loro, sarà vero, buono e giusto. Porta connessione, lavoro, comodità, accessibilità alla qualunque-cosa e per chiunque. E’ comprensibilmente non semplice uscire dalla narrazione divulgativa che viene veicolata in mille modi, diretti e indiretti: si cade facilmente nell’ammaliamento del pifferaio 5G.
Eppure, sul palco di Torino, i relatori hanno detto chiaramente altro: in primo luogo che prima di vendere una città, un territorio, un’idea di progresso bisognerebbe almeno essere sicuri di non arrecare danni. Invece, è sicuro, la tecnologia e le applicazioni veicolate dal 5G porteranno un inquinamento ambientale senza precedenti da radiofrequenza; sollevano una poderosa mole di problemi di legalità giuridica, di democrazia, di beni comuni, di privacy (perchè, quando tutto è connesso, i nostri dati sono disponibili e analizzabili 24 ore al giorno, ogni giorno; con tutte le possibili manipolazioni e usi strumentali e per il controllo) e propongono un modello culturale, sociale, economico voluto non da noi cittadini, non dai territorio e per le loro esigenze, ma dai sistemi economici e di potere (che, da sempre, si fanno gli affari loro). In più l’esposizione alle radiofrequenze, tanto più di questo tipo, produce danni alla salute, all’ambiente, alla natura, agli animali: non sono, ahimè, chiacchiere ma i dati che emergono da numerose ricerche scientifiche. Certo, non quelle ufficiali (ma, come ha riconosciuto la Corte d’Appello in una recentissima e storica sentenza a favore di un lavoratore Telecom, che ha riconosciuto il nesso tra l’uso del cellulare e l’insorgenza di un tumore, gli studi indipendenti sono normalmente più attendibili da quelli finanziati da chi ha interessi economici e produttivi in quel settore).
Ugo Mattei, giurista, docente di diritto civile e presidente del Comitato Rodotà, ha sottolineato l’importanza di non rassegnarsi al dominio incontrollato dello sviluppo tecnologico e della necessità di organizzare una resistenza attiva e consapevole. Marina Pastena, coordinatrice della commissione Medico e Ambiente dell’Ordine dei Medici ha parlato dell’impatto sulla salute fisica dell’uomo; l’avvocato Bertone ha raccontato come si possa lavorare, tutti insieme, per tutelare la salute e il benessere dei cittadini.
E se gli amministratori di Torino, Roma e Napoli, accettando di ospitare la sperimentazione 5G, hanno svenduto la sicurezza e il benessere dei loro cittadini per “un pugno di dollari”, per fortuna in Italia abbiamo sindaci di ben altra pasta e attenzione: in tanti tanti tanti, stanno approvando delibere che – in base al principio di precauzione e per la tutela della salute dei cittadini – vietano l’installazione delle antenne 5G. Tra questi, la sindaca di Mattie ha portato sul palco la sua testimonianza di una scelta fatta consapevolmente, perché il vero bene delle persone viene prima dell’internet delle cose.
Sì, eravamo solo 300, forse 400, a Torino, alla prima manifestazione per lo STOP al 5G. Pochi, vero, ma con la consapevolezza che – in fondo – il primo passo reale (al di là delle parole e dei gruppi in cui questi temi già da tempo vengono dibattuti) è stato fatto. Ora si tratta di aiutare tutti – vicini, parenti, colleghi, amici, sconosciuti – ad informarsi, in modo approfondito, su tutte le mille implicazioni, sfaccettature e drammatiche conseguenze. Per chi fosse interessato, anche dentro una cornice di lettura e senso spirituale degli eventi. Con in mente, sempre, il bene di tutti e per tutti: persone, animali, piante, ambiente, cielo e Madre Terra.
Per chi volesse restare aggiornato e informarsi, è attivo il nostro canale Telegram: https://t.me/InsiemePerIlNoAl5G . (Appena disponibili, posteremo qui anche le registrazioni degli interventi, curate da quegli infaticabili di Byoblu.tv).