L’attentato ad Istanbul: che senso ha?

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L’attentato ad Istanbul: che senso ha?

di Enrico Carotenuto

L’ennesimo tragico attentato. 36 morti e 147 feriti, questa volta ad Istanbul. Anche questo attribuito dai media all’Isis. Ma è così?

Dipende cosa intendiamo per Isis.

Se immaginiamo che questo sia l’ennesimo colpo di un gruppo di super-terroristi estremisti islamici in grado di tenere in scacco buona parte del medio-oriente e di terrorizzare l’occidente riuscendo a colpire a piacimento da Ottawa a Sidney, da Parigi alla Tunisia, allora siamo fuori strada.

Se invece pensiamo all’Isis come strumento creato, gestito e manipolato dalle potenze occidentali e dalle monarchie del Golfo per essere lo spauracchio di una strategia della tensione applicata su scala mondiale, come una sorta di BR dopo una cura di steroidi, allora si: l’attentato è indubbiamente opera dell’Isis.

Non ha infatti alcun senso l’ipotesi che Daesh (lo stato islamico) compia atti terroristici in Turchia, che è uno dei suoi principali alleati, il luogo da dove sono transitate e transitano le forniture di armi occidentali che permettono a Daesh di esistere e di continuare a combattere contro eserciti veri come quello Siriano, e soprattutto contro Hezbollah ed i reparti dell’esercito iraniano. Non ha doppiamente senso viste le colonne di autobotti che invece portavano (portano?) petrolio verso la Turchia, per essere venduto un po’ ovunque.

Ha senso invece che del personale di Daesh sia stato utilizzato da strutture vicine ad Erdogan (il primo ministro turco) per gli attentati di Ankara (lo scorso ottobre) e di Suruc (lo scorso luglio), attentati quelli che hanno favorito la rielezione di Erdogan lo scorso novembre.

C’è però una differenza sostanziale: per i primi due attentati vennero additati i curdi (alleati di Assad), mentre per questo, stranamente si parla di Isis. 

Le stesse forze di sicurezza turche, nonostante l’assenza di rivendicazione, e la loro stessa ammissione di una mancanza di dati certi, indicano il Califfato come probabile mandante. 

Il premier Erdogan, che ricordiamo essere espressione di confraternite molto vicine ai “Fratelli Musulmani” (legatissimi alle monarchie del golfo e mal dissimulati supporter del Califfato), ha immediatamente lanciato “l’appello a una lotta comune” con i Paesi occidentali contro il terrorismo.

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Perchè?

Per comprenderlo occorre uscire dal quadro “tattico” e guardare il quadro d’insieme della strategia di destabilizzazione del medio-oriente che è stata messa in atto negli ultimi due decenni. (Clicca QUI per approfondire)

Nel quadro di una creazione di uno spauracchio islamico veramente credibile, la destabilizzazione della Turchia, vera superpotenza regionale, è assolutamente prevedibile. Infatti l’avevamo prevista già nel 2013

La Turchia dispone di un esercito formidabile, secondo solo a quello israeliano, ed è guidata da una minoranza “occidentalizzata”, ma ha una popolazione prevalentemente islamica che può essere facilmente indirizzata verso le forme più retrograde del culto, già fortemente radicate in Anatolia. Insomma, è potenzialmente un altro Iran, ma più forte militarmente. Una pedina fondamentale per la creazione di un fronte islamista che appaia veramente minaccioso per l’occidente. 

In quest’ottica, la destabilizzazione della Turchia non è che il proseguimento e forse il compimento principale dell’opera cominciata con le “primavere arabe” e l’attacco alla Siria.

Anzi il rivolgersi delle attenzioni dell’Isis verso quello che fino a ieri era uno dei suoi principali alleati, potrebbe essere una diretta conseguenza della resistenza inaspettata di Assad e dell’intervento della Russia e dell’Iran: le sconfitte pesanti e la ritirata progressiva del Califfato dalla Siria potrebbero aver anticipato la necessità di cominciare a destabilizzare seriamente la Turchia. 

L’apertura di un fronte interno in cui pro-occidentali e fondamentalisti cominciano a farsi la guerra sul serio non è lontano come potrebbe sembrare. Stranamente tutto ciò accade mentre al potere c’è un governo cruento, reo di aver soffocato nel sangue le voci discordanti, e che ha un piede nei circoli oscuri dell’occidente e l’altro in quelli dell’islam più retrivo. 

L’attentato all’aeroporto di Istanbul sembra quindi tanto la prima avvisaglia di una forte tempesta in arrivo nelle strade della Turchia.

Noi di Coscienzeinrete siamo profondamente dispiaciuti per l’ennesima perdita di vite innocenti. Il nostro cuore è con le loro famiglie.

 

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