di Enrico Carotenuto
Quando si dice che le centrali nucleari (anche quelle di nuova generazione) sono sicure, si tende sempre a non pensare al fattore fondamentale: quello umano. La cupidigia, la sudditanza al capo, la paura di perdere il posto, sono tutte componenti potenzialmente esplosive, nel vero senso della parola. Ora in Francia viene fuori che ci sono almeno 400 dossier che documentano come siano state nascoste anomalie nella produzione dei reattori, fin dagli anni ’60! Stanno chiudendo 12 centrali atomiche per questo motivo.
In Francia.
Non osiamo pensare cosa potrebbe accadere qualora, non sia mai, si dovessero costruire centrali atomiche in Italia, dove crollano ponti e case fatti con la sabbia invece del cemento.
Qualcuno dirà “ma noi abbiamo fatto il referendum per dire no al nucleare”. Vero, ma mentre aspettiamo che l’acqua diventi pubblica (stesso referendum), un po’ continuiamo a preoccuparci. In special modo ci preoccupano i cambiamenti al Titolo V della costituzione, quelli all’articolo 117 dove si dice chiaro e tondo che tutte le decisioni che riguardano la produzione e lo spostamento dell’energia, nonchè la tutela dei territori, passeranno in mano dello Stato, anzi, per come è la legge elettorale, passeranno in mano al governo. Ci preoccupa la “clausola di supremazia“, secondo la quale basterà un citare un vaghissimo “interesse nazionale” per far si che nessuna istituzione possa intralciare qualsiasi piano. Tipo, appunto, trivellazioni in zone sismiche o centrali nucleari.
Ve la immaginate una centrale nucleare in Italia gestita da un privato e controllata dal governo Renzi?
Se si, vi sentite sicuri?
Ecco cosa accade in Francia.
Articolo di Paolo Levi – fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/sindrome-cinese-confine-francia-chiude-12-siti-nucleari-meta-136402.htm
Allarme sulle centrali nucleari della Francia che sono collocate a ridosso del confine italiano: a parlare di una situazione «divenuta molto preoccupante» non sono Ong o militanti anti-atomo, ma Pierre-Franck Chevet, il presidente dell’ Authority nazionale di Parigi sulla sicurezza nucleare (Asn).
A trent’ anni dalla catastrofe di Cernobil, lo scorso aprile, l’ alto responsabile aveva già detto che nonostante i progressi realizzati un «incidente nucleare maggiore è possibile», anche in Europa, dove il contesto francese suscita «particolari inquietudini». Tanto che a Parigi – tra problemi tecnici e difficoltà finanziarie dei due colossi Edf e Areva – si è dovuti correre ai ripari.
Diciotto reattori nucleari in dodici siti, di cui sei vicini all’ Italia – a Tricastin, Cruas e Bugey – sono stati fermati o sono sul punto di esserlo a scopo precauzionale. Il problema immediato è la tenuta dell’ acciaio degli involucri che potrebbe non trattenere il vapore radioattivo in caso di incidente. C’ è poi una questione di più lungo periodo: «Siamo passati da una cattiva sorpresa all’ altra – deplora Chevet -. La nostra inchiesta ha portato alla luce pratiche inaccettabili fin dall’ inizio degli Anni 60. Quattrocento dossier sono stati censurati presso la fucina di Creusot (Areva, ndr ), dove si forgiano i reattori, per nascondere anomalie. I documenti appaiono deliberatamente falsificati».
Ad accendere la miccia, però, è stata la scoperta di un eccesso di carbonio nell’ acciaio della vasca dell’ Epr, il reattore di ultima generazione in costruzione a Flamanville, tra Bretagna e Normandia. L’ acciaio di alcune componenti aveva un contenuto di carbonio alto fino al doppio del limite ammesso (0,4% anziché 0,2%). Sono così scattate indagini a tappeto in tutte le centrali in funzione del Paese. Risultato: «Dodici siti sono fermi o sul punto di esserlo» nel quadro di un piano «di sicurezza a tutela della cittadinanza».
L’ obiettivo, in particolare, è «controllare che l’ eccesso di carbonio scoperto nell’ acciaio non alteri la capacità di resistenza meccanica dei generatori di vapore». Spiega Giovanni Battista Zorzoli, docente al master sull’ energia dell’ Università La Sapienza: «Una quota di carbonio troppo alta rende fragile l’ acciaio. Nel reattore Epr di Flamanville è risultato che l’ acciaio di alcune componenti, fabbricate in Giappone, conteneva più carbonio del consentito. Quello che è emerso dopo, estendendo l’ indagine a tutte le centrali francesi, è più grave, perché si è scoperto che in molti reattori l’ eccesso di carbonio riguarda non singole componenti, ma tutto l’ involucro, fatto da una società francese concessionaria di quella stessa azienda giapponese».
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L’ Asn si è data un mese di tempo prima di decidere se riavviare o meno i reattori sotto esame. Il responsabile dell’ Asn ritiene inoltre che trenta giorni in più siano necessari affinché i reattori autorizzati a ripartire raggiungano la massima potenza, il che equivale a gennaio 2017. Mentre cresce il timore che quest’ anno la Francia non sia in grado di rispondere alla domanda invernale sette impianti Edf sono chiamati a riprendere la produzione il 31 dicembre. L’ energia francese è direttamente dipendente da 58 reattori Edf che garantiscono il 75% del fabbisogno.