Il dio e il cane – la storia di Yudhistira
Ci sono storie che invecchiano nello spazio di un mattino e storie vecchie di millenni che sembrano scritte ieri.
di Piero Cammerinesi
È il caso della storia di Yudhistira e del suo cane, narrata migliaia di anni fa nel Mahabharata.
Una storia antichissima con un messaggio quanto mai attuale.
In particolare in quest’epoca in cui finalmente il rispetto per Madreterra e le sue creature inizia ad essere condiviso da fasce sempre più larghe di persone.
La storia è ben nota a chi conosce quello straordinario tesoro di saggezza e di poesia che è la Bhagavad Gita – l’equivalente della Bibbia nel mondo indiano – al cui interno, come un gioiello, è incastonano il Mahabharata.
Yudhistira, re di Indraprashta e di Hastinapur e fedele seguace del Dharma, vale a dire della Legge Cosmica che regola l’evoluzione universale, si avvicina alla fine della sua esistenza terrestre.
Insieme ai fratelli Bhima, Arjuna, Nakula, Sahadeva e Draupadi, inizia il suo pellegrinaggio verso il monte Kailash sull’Himalaya, dove abbandonare la propria corporeità terrestre.
Già all’inizio del percorso si unisce a loro un cane randagio che li segue in ogni loro spostamento.
Il viaggio – un vero e proprio incontro di ciascuno con il proprio Guardiano della Soglia – mette ognuno dei fratelli Pandava di fronte alle proprie debolezze, cui soccombono, uno dopo l’altro.
La prima a cadere è Draupadi, a causa del suo eccessivo attaccamento ad Arjuna, seguita da Shadeva, il cui errore è l’orgoglio per la propria intelligenza. Poi è il turno di Nakula, il cui torto è di ammirare la propria bellezza; cade poi il grande Arjuna, guerriero intrepido e vittorioso, a causa della presunzione ed eccessiva sicurezza, seguito da Bhima che, come gli altri, chiede a suo fratello Yudhistira il motivo della propria morte. Yudhistira gli risponde che la causa del suo morire è il suo eccessivo legame con il cibo, incurante di coloro che soffrono la fame.
Ormai solo, Yudhistira prosegue il suo viaggio iniziatico verso il Cielo; solo il cane lo accompagna.
Ormai ad un passo dalla vetta del Kailash, la soglia del Cielo da cui entrano solo gli eroi, il dio Indra si manifesta sul suo cocchio e invita Yudhistira a salire a bordo per raggiungere insieme a lui il Paradiso.
Ma Yudhistira risponde al dio che non può salire in Cielo senza i suoi fratelli caduti sul cammino. Indra lo rassicura: “Stai tranquillo, tutti loro sono saliti in paradiso dopo la loro morte”.
Yudhistira fa allora per salire sul cocchio con il piccolo cane ma Indra lo ferma “un cane non può salire su questo cocchio, Yudhistira”.
Ora, come poteva l’uomo del Dharma, la cui esistenza era stata dedicata al rispetto delle leggi spirituali del cosmo, abbandonare quello che era ormai diventato un amico fedele?
Così, a Indra che lo esorta a mettere in primo piano la sua serenità e ad abbandonare il cane “Lascia quel cane Yudhistira – gli dice il dio – non può entrare con te. Lascialo qui, non vi è nulla di crudele in questo”
“Nulla? – risponde il vecchio re – Dovrei abbandonare qui solo e sperduto questo essere che si è affidato a me?”
“E’ solo un cane”, replica il dio, sempre sorridente, “lascialo alla sua vita, quale che sia. Tu sei già al di là di tutto questo”.
Ma Yudhistira è irremovibile e la sua risposta a Indra è folgorante: “Ma non sono al di là della mia coscienza, il suo abbandono offuscherebbe la serenità che tu mi prometti”.
E questa meravigliosa storia di amore e di fedeltà al proprio ideale si conclude in modo altamente simbolico.
Mentre l’anziano re si volta, rifiutando l’invito di Indra, e se ne va seguito dal cane, l’animale si manifesta per quello che realmente è: il dio del Dharma che, immerso in una luce sfolgorante, dice a Yudisthira: “Nessuno potrà mai eguagliarti dopo questa prova, figlio mio. Oggi hai dimostrato agli uomini e agli dei che ogni vita, in quanto tale, è sacra e sacri e indissolubili sono i legami fra tutte le creature viventi, legami di compassione e di aiuto che nessuno deve ignorare o dimenticare mai”.
Una storia straordinaria che cela al suo interno più di un insegnamento profondo.
Vediamone alcuni.
Innanzitutto il percorso dei fratelli Pandava verso il mondo spirituale.
Ritiratisi dagli impegni esteriori ognuno rivolge la propria attenzione al mondo interiore e inizia la propria esperienza di purificazione attraverso il simbolico percorso verso il monte Kailash.
Ognuno di loro incontra sul cammino il Guardiano della Soglia che lo mette di fronte ai propri limiti ed in particolare a quello che ciascuno non è stato in grado di superare nel corso dell’esistenza terrestre. Il limite che rappresenta, dunque, la causa della morte prima del raggiungimento della porta degli eroi.
Poi la ‘tentazione’ del cane.
Anche se fedele seguace del Dharma, Yudhistira viene messo alla prova. Nel percorso spirituale non v’è mai nulla di garantito, nulla dato per scontato; più si sale, più c’è possibilità di fallire.
Il volto sorridente e la calma di Indra.
La serena calma con cui Indra, sul cocchio celeste, lo invita a lasciare il cane rappresenta il volto più pericoloso della tentazione, quella che si manifesta come autorevolezza spirituale, verità apparentemente inoppugnabile, promessa di beatitudine.
Il cane che si tramuta nel dio del Dharma.
Il cane nella sua fedele umiltà rappresenta la sterminata schiera delle creature affidate all’uomo su questo pianeta. Creature verso le quali egli ha un debito di gratitudine e di responsabilità che non gli è permesso di ignorare se vuole passare ad uno stato superiore di esistenza (la Soglia del monte Kailash).
Infine la Legge cosmica.
Il cane rappresenta il Dharma, la Legge universale che indica all’uomo il suo percorso evolutivo e che, se non viene rispettata, non permette quel conseguimento cui l’uomo anela.
Al Dharma, alla Legge cosmica, si devono piegare dunque anche gli dei, anche loro esseri in evoluzione.