I forconi e le fiabe
di Claudio Tomaello
Le manifestazioni di protesta di questi giorni suscitano in me un groviglio di emozioni: da un lato gioisco al vedere persone che si organizzano, spendono il proprio tempo e le proprie energie per mettersi insieme, dichiarare la propria indignazione e sognare un mondo più giusto, dall’altro lato ho dei brividi lungo la schiena quando avverto che in alcuni casi questa indignazione si trasforma in rabbia generalizzata o addirittura in odio.
Mi ha sempre colpito l’odio, in tutte le sue manifestazioni: c’è quello urlato e quello silenzioso, quello esplosivo e quello strisciante.
In tutti i casi, mi sembra, odiare è un atto “diabolico”: l’etimologia di tale termine, infatti, rimanda all’atto del separare, frapporre una barriera, creare una frattura. Odiare è una forza che ci separa da noi stessi.
Quando odio, io ho comunque perso, perché mi sono allontanato da me stesso, ho lasciato sguarnita la casa della mia interiorità che può così essere abitata da qualcun altro. Se odio, divento meno libero, lascio senza re il mio regno interiore e divento facilmente manipolabile.
Quando nasce la pulsione ad odiare? Di fronte alle difficoltà, alle ingiustizie, ai comportamenti sbagliati o violenti di cui ci troviamo a subire – direttamente o indirettamente – le conseguenze.
L’odio ha comunque sempre un oggetto verso cui è diretto: il nemico.
Ho sempre sentito che in quest’ultima parola c’era una trappola. Ho capito di che natura essa fosse quando mi sono rivolto al mondo delle fiabe.
In tutti le fiabe c’è sempre un “cattivo” che infrange l’equilibrio iniziale, ostacola l’avventura dell’eroe e tiene prigioniera la bella principessa.
Mi piace sottolineare che, se non ci fosse il “cattivo”, non ci sarebbe la storia.
Non esiste nessun grande racconto che non abbia in sé una crisi e un viaggio alla ricerca della sua soluzione. In altri termini, il personaggio che fa da ostacolo all’eroe permette l’avvio dell’avventura ed il suo svolgersi. E la parte più importante di questo viaggio non è tanto la meta finale della liberazione principessa, quanto le conquiste interiori che l’eroe compie durante il percorso: confrontandosi con le difficoltà, infatti, egli attinge a nuove forze e talenti che già erano insiti in lui, ma di cui non aveva ancora coscienza. Questo fondamentale processo di crescita è possibile grazie allo scontro con il personaggio cattivo: lottando con lui, l’eroe sviluppa in sé energie amorose e sagge.
Per diversi anni ho dato per scontato che il personaggio cattivo fosse il nemico dell’eroe. Recentemente mi sono accorto che, invece, esso è suo avversario. E la differenza è di non poco conto.
Sono partito ponendomi una domanda: l’eroe odia il suo antagonista?
Ho cercato la risposta in alcune fiabe e non ho trovato in esse tracce d’odio, come se l’eroe intuisse che lo scontro con l’avversario è inevitabile e presentisse che proprio tale prova gli permetterà alla fine di liberare la principessa, ovvero integrare il proprio femminile interiore, onorarlo e, amandolo, conquistare spazi sempre più ampi di coscienza.
Perché questo è certo, dicono le fiabe: l’eroe sconfiggerà il drago – integrandolo – non con ciò che sapeva già prima di partire, ma con quello che di nuovo avrà imparato durante il viaggio.
Da quanto detto emergono alcune differenze tra nemico ed avversario: il primo è da eliminare mentre il secondo è da affrontare; il primo suscita odio mentre il secondo permette di far crescere in me forze fino a prima sconosciute; nello scontro con il nemico – poiché il problema è lui – nulla cambia nel mio mondo interiore (e quindi nulla evolve) mentre nel confronto con l’avversario posso aver accesso a parti nuove di me, più ampie e amorevoli.
Siamo tutti in cammino, sulla schiena uno zaino e dentro lo zaino una bussola.
La mia bussola ha qualche graffio ma il nord lo intravedo e mi dice che, per fare la mia parte, non posso permettermi di provare odio né di fomentarlo, che ogni ostacolo è un avversario che mi permetterà di crescere, che ogni vero cambiamento deve partire dalla mia interiorità e da lì diffondersi.
Questa strada non è semplice, certo, ma i compagni di viaggio sono buoni e non importa se è ancora buio: dopo la notte giunge sempre l’Aurora.
Claudio Tomaello