GUAI AI VINTI !
Correva l’anno 386 a.C. e i Galli avevano, quella volta, avuto la meglio su una Roma non ancora diventata caput mundi.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine)
Houston, 13 luglio 2015 – L’Urbe era stata vinta ed occupata e i danni di guerra, che all’epoca si pagavano in oro, erano stati fissati in ben 1000 libbre d’oro.
Mentre si stava pesando – su pubblica piazza – il prezioso metallo da conferire al vincitore, i romani si accorsero che le bilance erano truccate.
Quello che accadde allora rimase nella storia.
Infuriato per l’ardire degli sconfitti, il capo dei Galli Senoni, Brenno, sfilò allora la spada dal fodero e la gettò sul piatto della bilancia, in modo che il tributo dei vinti fosse ancor più pesante – ed iniquo – esclamando: Vae Victis – Guai ai vinti – facendo chiaramente intendere che le condizioni sono dettate dalla legge del più forte.
Verità o leggenda? Non possiamo garantire ai lettori che le cose si siano svolte esattamente così; quello che però siamo in grado di garantire è che – sia come sia – ventiquattro secoli dopo la storia si è ripetuta.
Magari non con le stesse parole, ma il senso non è cambiato di un niente.
Questa volta non ci sono danni di guerra da pagare, ma ‘danni di pace’. Danni provocati da scelte politiche nazionali e internazionali profondamente inique. Incapacità, furbizia, avidità, equamente condivise da diversi governi ellenici e dalla governance europea.
Abbiamo visto, poi, come i creditori esigano condizioni capestro, la Grecia si ribelli alle loro pretese, reputandole ingiuste, indicendo un referendum. La risposta unanime è stata, come sappiamo, il rifiuto di tali richieste.
Ma l’Europa, nonostante o, più probabilmente, a causa di quella ribellione costringe la Grecia a un accordo che impone al Paese sacrifici molto più pesanti di quelli previsti dal piano che era stato respinto dai cittadini ellenici solo pochi giorni prima.
Guai ai vinti!
Come racconta Varoufakis, in un’intervista al New Statesman, il nuovo Brenno, alias il presidente dell’Eurogruppo, in un certo momento del negoziato stava escludendo la Grecia dalla riunione, come se essa fosse di fatto già fuori dalla zona euro. All’obiezione di Varoufakis secondo cui ciò era illegale la risposta degli esperti fu che in fondo l’eurogruppo, non esistendo secondo la legge – non essendoci nessun trattato che lo abbia istituito – non sottostarebbe di fatto ad alcuna legge.
Abbiamo di fronte dunque un gruppo – che non è previsto da alcun trattato e non risponde a nessuno e di cui nessun cittadino sa che cosa vi accade – che ha il potere assoluto di determinare la vita degli europei e “di decidere su questioni quasi di vita o di morte senza che alcuno dei suoi membri debba risponderne a nessuno”.
Nella stessa intervista Varoufakis parla apertamente di “totale mancanza di qualsivoglia scrupolo democratico da parte di coloro che si ergono a difensori della democrazia in Europa”.
Costoro, continua Varoufakis – esattamente come Brenno ventiquattro secoli prima – ti guardano negli occhi e ti dicono “quello che dici è vero, ma noi ti schiacceremo comunque”.
Ma torniamo al nostro Brenno.
La vicenda non si concluse allora con la spada sulla bilancia e l’umiliazione dei vinti. Infatti – come chi ha ancor freschi i ricordi della storia antica rammenterà – da lì a poco sopraggiunse Marco Furio Camillo, ex console, allora esule, che, venuto a conoscenza dell’entità del riscatto, con un manipolo di guerrieri irruppe nella Roma occupata dal nemico e, affrontando di persona Brenno, disse, rispondendo al Vae victis del Gallo:
Non auro, sed ferro, recuperanda est Patria, vale a dire: non con l’oro, ma col ferro, si riscatta la Patria!
Di lì a poco i Galli vennero sgominati e cacciati da Roma, inseguiti da Furio Camillo ben oltre i confini dell’Urbe, tanto che Brenno fu costretto a rifugiarsi nel nord dell’Italia.
Quanto il finale di quella storia sia drammaticamente diverso dall’esito delle vicende attuali è ben sintetizzato dalla reazione che Tsipras, durante le trattative con l’Eurogruppo, colto da sconforto, avrebbe avuto togliendosi la giacca e sfidando i suoi interlocutori-aguzzini con le parole: “prendetevi anche questa!”.
Tuttavia, nonostante la miseria dei tempi, forse le vicende attuali a qualcosa sono funzionali.
Esse rendono, infatti, assolutamente palese – a chiunque abbia l’onestà intellettuale di riconoscerlo – che il percorso verso il superstato europeo, che passa attraverso la falsificazione delle regole, la sopraffazione da parte del più forte e l’annientamento di ogni forma di dissidenza – ma in modo politically correct, vivaddio, non con la forza delle armi – oggi ha gettato la maschera.
Abbiamo oggi tutti ben chiaro davanti agli occhi il volto, il ghigno mostruoso di un potere che è riuscito a costringere alla resa un intero Paese – obbligato a rinunciare alla propria sovranità – senza versare una sola goccia di sangue.
È bastato, come 2400 anni fa, gettare sulla bilancia la spada del debito.
Senza lieto fine. Per ora.
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