Dove vai se Goldman Sachs non ce l’hai?
di Enrico Carotenuto
E’ stato divertente ascoltare e leggere varie opinioni sulla vittoria di Trump e su come sarebbero cambiate le cose con il nuovo presidente eletto. Prima le bufale elettorali, tipo che Trump era il candidato contro i poteri forti, e post-elezioni addirittura c’è chi ha scritto che Trump meditava di resuscitare il gold standard.
Che teneri.
Ma andiamo al sodo, e vediamo chi ha scelto Mr. Candidatocontroipoteriforti come Treasure Secretary (ministro del tesoro): Steven Mnuchin.
Questo si che è uno schiaffo all’establishment!
Ah no, scusate. Mnuchin è un banchiere con 17 anni di Goldman Sachs alle spalle, e un bel periodo passato a lavorare per Soros. Niente schiaffo all’establishment. Mnuchin è la personificazione dell’establishment.
E questa è la prima cosa che ha detto: “Vogliamo abolire tutte quelle regole della legge Dodd-Frank che ostacolano i prestiti delle banche soprattutto verso le piccole imprese“. Che suona molto bene, peccato che sia stata proprio l’assenza di quelle regolette a creare la bolla dei sub-prime, con conseguente crisi globale. Complimenti vivissimi.
Ma torniamo indietro di una ventina d’anni, e diamo un’occhiata ai vari segretari del tesoro americani, a partire dalla presidenza del marito di Hillary.
Il segretario del tesoro i Bill Clinton fu Robert Rubin, ventisei anni alla Goldman Sachs, dove è stato membro del consiglio di amministrazione e dove ha ricoperto il ruolo di Co-Presidente dal 1990 al 1992.
Dopo “wild” Bill, fu la volta di Bush Jr., che scelse Henry Paulson, il quale entrò a far parte dell’ufficio di Chicago di Goldman Sachs nel 1974, diventandone socio nel 1982 e socio dirigente nel 1988. Fu condirettore della divisione aziendale di investment banking nel periodo 1990-1994, quando fu nominato presidente e chief operating officer. Divenne presidente e amministratore delegato di Goldman Sachs nel 1999.
Obama segnò apparentemente una svolta, con Timothy Geithner, che non veniva da Goldman Sachs. Veniva direttamente dalla Kissinger Associates, ma era anche stato pupillo di Henry Paulson (il tesoriere di Bush), oltre che figura di spicco del CFR e del FMI. Quindi non direttamente un uomo di GS, ma non esattamente un nemico dell’establishment.
Ora Trump torna a quella che ormai si può definire una tradizione, con la scelta di Mnuchin.
I più attenti avranno notato che cambiano le facce, cambiano gli slogan, che alcuni fanno i buoni, altri i cattivi, ma alla fine, la gestione dei soldi resta in mano sempre agli stessi.
Con buona pace dei poveracci che hanno votato Trump per avere un cambiamento, ma anche dei poveracci che hanno votato Hillary e che protestano non si sa bene che, visto che se anche rifacessero le elezioni, le cose che “pesano” veramente resterebbero in mano alla stessa cricca.
Ma non vi preoccupate, perchè da noi, invece, le cose vanno molto diversamente.
Uh.
No.
Vanno esattamente allo stesso modo, come potete leggere qui sotto. Una volta letto, però. chiedetevi come mai i nomi riportati nell’articolo sono quasi tutti a favore del si nel referendum costituzionale. Siete sicuri che sia per il nostro bene?
Tutti gli uomini di Goldman Sachs in Italia
di Cesare Mais
Tra gli italiani prominenti che hanno lavorato con Goldman Sachs, Mario Draghi – presidente della Bce dal 2011 – e’ non solo il piu’ famoso ma anche l’unico che vi abbia ricoperto un ruolo a tempo pieno, visto che fu vice-chairman e managing director di Goldman Sachs International nonché membro del management committee globale della potente banca americana dal 2002 al 2005.
In Italia hanno avuto rapporti di consulenza con GS come advisors, a varie riprese, molti personaggi del mondo politico, soprattutto nella fase in cui l’istituto newyorkese aveva bisogno di crearsi potenti connessioni “romane” per la privatizzazione di aziende pubbliche e del parastato. Il piu’ noto degli uomini di Goldman Sachs in Italia, per anni molto influente (adesso assente dalla scena) e’ stato Gianni Letta, eminenza grigia di Silvio Berlusconi nella Capitale e gran commis di tutti i governi di centrodestra (nonche’ zio del premier piddino Enrico Letta, defenestrato dall’attuale primo ministro e segretario del PD Matteo Renzi).
Ci sono poi Romano Prodi e Mario Monti. Nell’orbita di Goldman come consulenti sul rischio paese e sul retroterra politico troviamo l’ex primo ministro dei governi di centrosinistra targati Ulivo, ed ex presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, e l’ex presidente del consiglio Mario Monti, nominato senatore ad personam dall’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano (Monti nel novembre 2011 fu il primo dei tre premier ad entrare a Palazzo Chigi senza passare per il voto elettorale, seguito appunto da Enrico Letta e poi da Matteo Renzi. Monti prese il posto di Berlusconi).
In Italia il business di GS è assorbito quasi per intero da grandi aziende come Eni, Fiat (ora FCA, sede a Detroit, Londra e Olanda) e ovviamente tutto il cote’ che ruota intorno al governo, alle imprese pubbliche e al parastato, ma anche aziende più piccole dai marchi noti impegnate in piani di globalizzazione, come Prada. Da notare che Claudio Costamagna, anche lui ex Goldman Sachs, e’ stato nominato al vertice della CDP, Cassa Depositi e Prestiti; si rumoreggia a Roma che potrebbe dar vita a una nuova serie di privatizzazioni dell’era Renzi, piu’ che far operare la CDP in funzione di merchant bank, come sembrerebbe voler indicare Palazzo Chigi.
Altra recente nomina in orbita GS e’ la presidenza del disastrato Monte dei Paschi di Siena (al posto del dimissionario Alessandro Profumo) di Massimo Tononi, 51 anni, presidente della Borsa Italiana e di Prysmian, già banchiere di Goldman e sottosegretario di Tommaso Padoa Schioppa al ministero del Tesoro tra il 2006 e il 2008, nel secondo governo Prodi. Ma i vertici di MPS cambiano ogni semestre, per cui Tononi potrebbe essere di passaggio.
Nel passato non troppo lontano fu Gianni Letta, assoldato da Goldman Sachs nel 2007, a raccomandare alla banca americana di non impicciarsi di una situazione puramente politica, assai ingarbugliata e dove si rischiava di perdere soldi, come quella del salvataggio Alitalia. Romano Prodi è stato advisor della banca Usa dal 1990, dopo i sette anni passati in qualita’ di presidente dell’Iri.
Nel 2006 Goldman decise di rafforzare il suo ufficio italiano assumendo Massimo Della Ragione dalla concorrente J.P. Morgan, il banchiere vi aveva gestito alcuni importanti affari come la merger della tedesca HVB in UniCredit o l’acquisizione del gruppo bancario romano BNL da parte del colosso francese Bnp Paribas. Oggi come partner di Goldman Sachs International, Della Ragione e’ responsabile dell’Italia e a lui fanno capo anche Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.
La linea di manager di punta della banca Usa comprende anche un gruppo di giovani banchieri che sul fronte finanziario si sono fatti le ossa nella City di Londra: i partners Francesco Pascuzzi, corresponsabile dell’ investment banking, Gilberto Pozzi, capo del M&A per i mercati emergenti, Alessandro Dusi, e inoltre Francesco Garzarelli, Simone Verri e i due managing directors Antonio Gatti e Antonio Mattarella (ovviamente parente).
Uno sguardo oltreoceano dimostra che negli Stati Uniti molti uomini di GS hanno fatto un’incredibile scalata al potere politico/finanziario, i piu’ noti fino al vertice del Dipartimento del Tesoro Usa, come l’ex Ceo di Goldman Sachs Henry Paulson (durante la presidenza di George W. Bush) e Robert Rubin, ministro del Tesoro nell’amministrazione di Bill Clinton e senza dubbio il piu’ influente tra i democratici nell’ambiente di Wall Street.
Molti altri dirigenti di Goldman Sachs hanno avuto un cursus honorum spettacolare, come Mark Carney, ex governatore della Banca del Canada, attuale governatore della Banca d’Inghilterra e Chairman del Financial Stability Board del G20. Ma certamente Mario Draghi continua a spiccare come l’uomo di Goldman Sachs che e’ arrivato piu’ in alto di tutti, essendo salito l’1 novembre 2011 sulla poltrona di Presidente della Banca Centrale Europea a Francoforte. Draghi scade il 30 ottobre 2018.
Per l’Italia, comunque, il raffronto con gli anni ’90 dimostra che per Goldman lo scenario e’ oggi profondamente cambiato. All’epoca la banca americana fu tra i protagonisti del massiccio piano di privatizzazioni del governo Prodi (Draghi all’epoca fu attore di primo piano: quando era direttore generale del Tesoro, partecipo’ alla famosa riunione segreta del ‘Britannia’, il panfilo dei reali d’Inghilterra, al largo di Citavecchia, meeting che diede il via alla grande svendita delle aziende italiane di stato con la prima massiccia opera di privatizzazione rivolta ad investitori esteri; strategia che potrebbe in teoria essere perseguita, come detto sopra, dall’ex GS Costamagna alla CDP). Ma oggi, a seguito del semi-commissariamento dell’Italia da parte della Troika di Bruxelles (Bce, Commissione Europea e Ue) e per via del forte scetticismo da parte del pubblico (scottato dalle esperienze del passato sulle operazioni di svendita di aziende di stato) il panorama è radicalmente diverso.
Goldman Sachs è tra i 10 top market makers del colossale debito pubblico italiano da 2,2 trilioni di euro, quindi si trova con altri big e istituti finanziari in prima fila nei collocamenti di nuove emissioni di Btp e Cct per conto di via XX Settembre. Tuttavia in termini di nuovi business la rete di relazioni costruita nel corso degli anni in Italia dalla banca neworkese è ormai così ampia che non c’è più il bisogno che Goldman sia introdotta da nomi noti della politica, come in passato, per entrare nei circoli del potere economico-finanziario. E’ essa stessa uno dei perni del potere nella penisola. (fonte: http://www.italia.co/economia-mercati/tutti-gli-uomini-di-goldman-sachs-in-italia/)