Andreotti: chi era costui?
di Fausto Carotenuto
E’ morto all’età di 94 anni. Sottosegretario fin da ragazzo con de Gasperi, grazie alla crescita negli ambienti del potere cattolico. Diceva sempre che alle elementari in classe con lui c’erano dei bambini che sarebbero diventati cardinali… Ma sempre più attento al potere che allo spirito. Di lui Indro Montanelli scriveva: “Quando andava in chiesa con De Gasperi, de Gasperi parlava con Dio e Andreotti con il prete…”
Indubbiamente l’uomo politico italiano più potente della seconda metà del secolo scorso. Numerose volte ministro e Presidente del Consiglio. Non riuscì mai nel sogno di abitare al Quirinale. Non ha mai preso la patente, e se ne vantava, perchè la politica gli ha sempre fornito un autista… come minimo.
Personalità controversa: sotto l’apparente bonomia, sotto l’arguzia romana, una freddezza glaciale nell’eseguire disegni senza scrupoli nei quali l’ambizione spropositata si mischiava all’obbedienza totale a determinati poteri di manipolazione.
Nelle sue grandi manovre compariva di tutto: mafia, Banda della Magliana, P2, CIA, massonerie civili e religiose, alta finanza… Tutto era funzionale al potere personale e all’obbedienza ai grandi poteri. Un fedelissimo esecutore dei principi oscuri della politica: il “divide et impera” ed il “principio di autorità”, uniti al “fine che giustifica i mezzi”.
Fu accusato dell’omicidio di Pecorelli e poi assolto. Mino Pecorelli sapeva che mettersi contro Andreotti -con il quale condivideva feroci emicranie – sarebbe stato per lui pericolosissimo. Ma lo fece lo stesso, perché insieme al suo amico Dalla Chiesa riteneva che i poteri oscuri vanno contrastati, vanno scoperti, vanno messi a nudo. Entrambi pagarono con la morte, insieme con Moro, il fatto di essersi messi dalla parte giusta della trincea.
Andreotti ha invece avuto potere, denaro, gloria mondana proprio per il fatto di essere stato il più bravo a stare dall’altra parte della barricata, generale attendente degli eserciti del potere.
Le Brigate Rosse volevano rapire Andreotti, ma poi – nessuno ha mai capito perché – arrivò la parola d’ordine di cambiare e – guarda un po’ – scelsero di cambiare obiettivo e di rapire Moro, baluardo della indipendenza e della sovranità italiana.
Non mosse un dito per salvare Moro… che di lui scrisse durante la prigionia:
“…non è mia intenzione rievocare la sua grigia carriera. Non è questa una colpa. Si può essere grigi ma onesti, grigi ma buoni, grigi ma pieni di fervore. Ebbene On.Andreotti è proprio questo che le manca […].
Le manca proprio il fervore umano. Quell’insieme di bontà, saggezza, flessibiltà, limpidità che fanno senza riserve i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è tra questi.”
E poi ancora:
“Un regista freddo, imperscrutabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana. È questo l’on. Andreotti del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini”
…”Andreotti è restato indifferente, livido, assente, chiuso nel suo cupo sogno di gloria”…
Ora il Divo Giulio – come lo chiamava Mino Pecorelli – si trova di là: niente cardinali a dare una mano.. niente incappucciati con i quali contrattare… Una vita intera di intrighi da rivedere e da metabolizzare.. le sofferenze provocate negli altri da affrontare. Moro, Pecorelli e gli altri di fronte a lui…
Compassione per chi ha vissuto non sapendo quello che faceva… Illuso di saperlo…
Speriamo che la parte buona della sua anima non sia rimasta troppo danneggiata e possa riprendere la sua strada. Le auguriamo di superare questa fase difficile, rendersi conto di come avrebbe dovuto funzionare l’Amore… e trovare il modo di proseguire in un cammino positivo. Dandosi da fare per recuperare…
Può interessarti anche: