Alcolisti Anonimi: cosa c’è dietro?
Spesso ci ostiniamo a negare l’esistenza dello Spirito persino quando esso si manifesta in modo inequivocabile. Siamo capaci di minimizzare, falsificare o ridicolizzare anche le esperienze più evidenti. Quello che conta è mantenere a tutti i costi la nostra incrollabile illusione di avere i piedi ben piantati per terra e la monolitica consapevolezza di non credere alle favole o alle esperienze non tangibili.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine)
Ridurre ogni esperienza spirituale ad allucinazione o delirio psichico è un must per scienziati ed esperti di ogni genere ai nostri giorni.
Eppure il 10 Giugno del 1935, esattamente 79 anni fa, veniva fondata – proprio a seguito di una esperienza spirituale – ad Akron, Ohio, una associazione che avrebbe cambiato per sempre il modo di affrontare la dipendenza da alcolici e droghe e che avrebbe salvato migliaia di persone dalla disperazione e dalla morte.
Da allora, da questo lato dell’Atlantico – e non solo – Alcoholics Anonymous[1], per semplicità A.A., è una delle strutture sociali più rispettate e stimate.
Tuttavia, anche se tutti conoscono Alcolisti Anonimi – come si chiama in Italia – pochi sanno che la sua nascita deriva da una esperienza spirituale molto particolare.
Tutto nasce quando Bill Wilson, uomo brillante ma incallito alcolizzato, si trova nello stadio peggiore della sua dipendenza; soffre di continue allucinazioni, ruba per procurarsi dell’alcol ed è sommerso dai rimorsi. Corre l’anno 1934 e Bill, travolto dalla disperazione, invoca Dio, impegnandosi a cambiare; l’esperienza spirituale che si trova a vivere subito dopo rappresenta la vera e propria fondazione di Alcolisti Anonimi.
Ecco come Bill la descrive:
“Anche se in realtà non mi aspettavo niente, formulai questa supplica delirante: ‘Se esiste un Dio, che si manifesti!’. Il risultato fu istantaneo, folgorante, al di là di ogni descrizione. Il luogo parve illuminarsi di una luce accecante; venni pervaso dall’estasi e mi sembrò di essere su una montagna dove soffiava un forte vento che mi avvolgeva e mi attraversava e la sensazione era che non fosse semplice aria, ma spirito. E la mia mente fu illuminata da un pensiero rivelatore: ‘Tu sei un uomo libero!’. L’estasi si placò. Ancora sul letto, mi sentivo ora in un mondo nuovo di consapevolezza, pervaso da una Presenza e una grande pace s’impossessò di me, mentre mi sentivo un tutt’uno con l’universo. Pensai: ‘Così questo è il Dio dei predicatori, questa è la Grande Realtà'[2]”.
Da quel giorno Bill smette di bere e, entro pochi mesi, dopo il significativo incontro con Robert Smith, nasce A.A., organizzazione oggi attiva in ben 160 Paesi. La sua vita cambia fino nella corporeità; ha di fatto ottenuto una seconda chance. Con Bob Smith scrive quello che sarebbe poi diventato il ‘vangelo’ di A.A., The Big Book[3], nel quale viene presentato il funzionamento della nuova coscienza di gruppo.
Come per l’associazione, anche per il libro l’esperienza spirituale gioca un ruolo fondamentale, visto che Wilson interroga esplicitamente la propria Guida interiore prima di scriverne i passaggi fondamentali. Così dai sei passi originali si giunge ai definitivi dodici passi in cui si articola il programma di recupero.
A Bill allora manca la capacità di comprendere il reale senso della sua esperienza e non riconosce nell’indescrivibile luce bianca l’essere che molte tradizioni chiamano il Cristo, anche se anni dopo avrà occasione di tornare su certe esperienze.
“Tutto sommato credo che la prova della sopravvivenza (dopo la morte) sarebbe uno degli eventi più grandi che potrebbero avere luogo nel mondo occidentale di oggi. Non necessariamente renderebbe buone le persone. Ma quantomeno potrebbero avere un’idea di quale sia il piano di Dio, così come il Cristo ha perfettamente dimostrato nel momento pasquale. La Pasqua diventerebbe una realtà; la gente sentirebbe allora di vivere in un universo che avrebbe senso[4]”.
Fondamentale per poter riconoscere nelle istanze alla base di A.A. delle vere e proprie regole basilari dello Spirito è il fatto che il servizio sia del tutto basato sulla fraternità, non retribuito e anonimo, nonché indipendente da qualsivoglia etichetta religiosa, dato che ha alla base un principio universale di tolleranza.
Il reale senso dell’evento cristico, insomma, oltre ogni particolarismo religioso.
La nascita del programma dei Dodici Passi rappresenta il culmine di un autentico processo collettivo in cui ogni singolo individuo contribuisce alla coscienza del gruppo. Questo programma ha costituito una pietra miliare per moltissimi approcci esperienziali e di trasformazione all’interno della cultura americana; da lì hanno preso le mosse il coaching e la social technology che oggi vanno per la maggiore.
In realtà, A.A. può venir considerato la prima espressione in America del funzionamento della coscienza universale dei nuovi tempi, attraverso la rinuncia all’attaccamento a personalità e proprietà.
Potremmo definire i Dodici Passi un profondo processo di confronto del sé superiore dell’individuo con il doppio dell’alcol o di altre sostanze o dipendenze.
I primi passi costituiscono un crescendo nell’incontro con il doppio, prima nel pensiero, poi nel sentimento, e infine nella volontà.
Si giunge poi ad un processo d’individualizzazione, il luogo in cui l’impotenza esteriore incontra la possibilità di trovare nuova forza in sé.
A quel punto, tra il “lasciarsi andare” e l'”entrare nella propria vita”, si trova il punto di svolta: il “rendersi presenti a se stessi”, un momento di silenzio esteriore e di trasformazione interiore. Il momento in cui il sé superiore incontra il sé inferiore.
Insomma, se la nostra epoca non volesse negare a tutti i costi e a dispetto di ogni possibile evidenza la realtà dello Spirito, non potrebbe ignorare come questo abbia svolto un compito fondamentale sia nella nascita che nella configurazione stessa di questo movimento di auto-aiuto.
Lo stesso appellarsi alle proprie forze spirituali da parte di ogni alcolista che approda ad A.A. riveste una importanza fondamentale per il progresso della propria rinascita personale. Egli, infatti, sa bene che se non s’impegna a fondo ad ampliare la propria vita interiore, mediante il lavoro e la dedizione disinteressata agli altri, non potrà sopravvivere alle prove, alle ricadute e alle tentazioni continue cui la sua dipendenza lo espone.
Ma il confronto con il ‘doppio’ della dipendenza dall’alcol, non è, in fondo, una metafora della dipendenza che ciascuno di noi contrae nella vita con il proprio egoismo e la propria pigrizia interiore?
[1] http://en.wikipedia.org/wiki/Alcoholics_Anonymous
[2] http://www.serene24ore.altervista.org/Articoli/Home/AA%20per/trediscorsiaimedici.htm
[3] http://www.aa.org/pages/en_US/alcoholics-anonymous
[4] Alcoholics Anonymous World Services Inc, Pass It On, 374.