Vaccini e pensiero unico: radiato il primo medico. Quanti ne seguiranno?
Redazione
Roberto Gava, cardiologo, farmacologo clinico, tossicologo e omeopata, con posizioni critiche sulla pratica della vaccinazione di massa, è stato radiato dall’Ordine dei Medici proprio per le sue posizioni. Vediamo perché ciò che è accaduto rappresenta un fatto gravissimo.
I legali spiegano in una nota (che alleghiamo integrale di seguito) che il provvedimento «colpisce mere manifestazioni lecite di pensiero e di scienza, senza che fossero in discussione trattamenti medici fatti dal dottor Gava». Intanto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, rilascia dichiarazioni di per sé significative quando dice con un tweet : “Grazie a Ordine medici Treviso per aver radiato primo medico per il suo comportamento non etico e antiscientifico nei confronti dei vaccini”.
Si inizia ad avere percezione della gravità di ciò che è accaduto, e del precedente che ciò crea, leggendo integralmente la nota dei legali del dottor Gava, gli avvocati Silvio Riondato e Giorgio Piccolotto.
«In mancanza della motivazione che ritarda rispetto alla divulgata notizia sulla sanzione della radiazione inflitta al dottor Roberto Gava dall’Ordine dei medici di Treviso, la Difesa del dottor Gava nota che la radiazione è conforme alle attese fin dalle primissime fasi del procedimento, perché già allora il Presidente dell’Ordine Luigino Guarini ha comunicato a più persone che il procedimento contro Gava sarebbe stato un ‘processo a Galileo Galilei’, il quale com’è noto è stato ingiustamente e pesantemente condannato, come ora capita al dottor Gava. La radiazione è il massimo della sanzione irrogabile, ma non è conforme a Diritto, è stata presa da un organo che non è un giudice e a seguito di innumerevoli violazioni del diritto di difesa, colpisce mere manifestazioni lecite di pensiero e di scienza, senza che fossero in discussione trattamenti medici fatti dal dottor Gava. Al dottor Gava non è stato contestato alcun pericolo o danno subìto da suoi pazienti, nessuno dei quali si è dimostrato scontento di lui, anzi tutti sono pienamente soddisfatti come ne hanno reso testimonianza e ribadito anche in pubbliche manifestazioni di apprezzamento. Il dottor Gava è stato condannato soltanto per le sue idee, idee ben fondate sull’esigenza di personalizzazione di ogni vaccinazione per prevenire i gravi pericoli e i vari danni da vaccino ai singoli pazienti, contro la vaccinazione indiscriminata di massa. L’Ordine di Treviso infligge la massima sanzione, come quella che sarebbe inflitta ad un medico pluriassassino dei suoi pazienti. Ciò significa che nel caso Gava si è dispiegato il massimo di arbitrio e di irragionevolezza. Vorrebbero definire il dottor Gava come anti-vaccinista, mentre egli è un bravo professionista che tende a non utilizzare i vaccini solo quando essi sono sconsigliabili, o quando non può fare altrimenti perché i pazienti li rifiutano com’è nel loro diritto fondamentale costituzionale che va rispettato. E’ una condanna che sta contro i pazienti che non possono o non vogliono vaccinarsi. La condanna, e la massima sanzione, si rivelano ridicole in quanto sono frutto di altrettanto massima ignoranza e mancanza di rispetto per i diritti individuali. Ma sono così massimamente idonee a favorire interessi estranei a quelli della Giustizia, come quelli legati al mercato dei vaccini, o quelli legati agli illegittimi incentivi dati ai pediatri con denaro pubblico affinché somministrino i vaccini. Del resto, la legge non a caso prevede la sospensione cioè l’inoperatività di queste sanzioni quando sono impugnate, come la Difesa farà, davanti ad un giudice, poiché gli Ordini dei medici sono sostanzialmente non competenti, sono associazioni rappresentative di imprese economiche che cioè mirano al lucro, perciò sono inaffidabili, sono a rischio di gravi arbitri e irregolarità come nel caso, e a rischio dei troppo spesso sottaciuti conflitti di interesse le cui condizioni adombrano l’indipendenza e la trasparenza delle valutazioni».
È un fatto estremamente grave che persone e professionisti, nell’ambito delle loro competenze e della loro professione appunto, vengano puniti e messi a tacere in maniera radicale per avere espresso pareri e posto dati ed esperienze, peraltro supportati da letteratura e documentazione e non dettati da istinti o impulsi. E ciò è tanto più grave alla luce della situazione che ha condotto fin qui e di cui si parla di seguito. Oggi si comincia con i vaccini, ma dove si finirà? Li si usa come testa d’ariete perché è così più facile arrivare alla “pancia” della gente? E poi?
Si arriverà ad adottare l’opinione che due ricercatrici hanno espresso su Pediatrics secondo cui è rischioso definire “naturale” l’allattamento perché si istigano “pericolosamente” i cittadini ad associare, in modo secondo loro improprio, il concetto di “naturale” con quello di “salutare”…?
Intanto il Codacons annuncia una denuncia contro l’Ordine dei Medici di Treviso per violenza privata e abuso d’ufficio
Era iniziato già qualche tempo fa il “nuovo corso” della “politica vaccinale italiana” (poco prima, nell’autunno 2014, l’Italia aveva ricevuto dalla Global Health Security Agenda l’incarico di guidare le strategie e le campagne vaccinali mondiali per i successivi cinque anni) ed è proseguito in un “crescendo” di toni e decisioni che non lasciano più dubbi su modalità e obiettivi di quella parte di establishment che oggi sorprende e lascia perplessi persino una certa parte di medici allopatici, che comunque nulla hanno a che fare con i colleghi (demonizzati) che utilizzano le medicine non convenzionali in un’accezione moderna di medicina integrata. Qualche esempio di questa evoluzione? Condanna senza appello per ogni portatore di dubbi, domande o perplessità; scherno e criminalizzazione di ogni forma di dissenso o pensiero critico, venga esso dai cittadini, dai medici, dai danneggiati, dai politici; adozione nel vocabolario massmediatico della definizione “antivax”, esempio efficace di applicazione del principio riduzionistico di una certa parte della medicina; uso disinvolto delle parole, delle affermazioni dogmatiche, delle invettive, dell’aggressività verbale su certi media compiacenti ed essi stessi, per lo più, schierati su un fronte ben preciso e pronti a “far fuoco”.
È nata così la “finta” epidemia di meningite che ha gettato nel panico il paese. Quando sono stati rimessi a disposizione i dati, si è appurato che non c’era alcun aumento né emergenza e quando sono state annunciate da associazioni e comitati le denunce per procurato allarme, le autorità sanitarie italiane nel gennaio scorso hanno definito quella della meningite “un’epidemia solo mediatica” sottolineando che addirittura i casi erano in diminuzione.
Un dato interessante lo si leggeva comunque su Il Sole 24 Ore dell’aprile 2016, in un articolo che spiegava come la GlaxoSmithKline avesse deciso di “scommettere” un altro miliardo in Italia per i successivi 4 anni, con il 60% degli investimenti riservato ai vaccini con il «business strategico anti meningite».
Intanto, nella frenesia generalizzata che ha messo gli stessi cittadini gli uni contro gli altri, sono passate le prime disposizioni che escludono dai servizi educativi dell’infanzia i bambini non in regola con le vaccinazioni obbligatorie. E anche le Regioni che ancora non l’hanno fatto sono in corsa per “mettersi in pari”. Ma cosa c’entrano le vaccinazioni obbligatorie (antipolio, antidifterite, antitetano e antiepatite b) con la meningite o col morbillo, ultimo e più recente allarme? Il Consiglio di Stato, con ordinanza cautelare, ha riconosciuto la legittimità a vincolare l’accesso ai servizi per l’infanzia da 0 a 6 anni all’assolvimento dell’obbligo vaccinale. Esponenti di governo, alcuni presidenti di Regione, esponenti delle agenzie e istituti sanitari hanno gridato vittoria: ma come inciderà questo su meningite, morbillo e altre malattie per le quali le vaccinazioni non sono obbligatorie per legge? Che tipo di vittoria è e su chi o cosa?
Chiusa la parentesi meningite, si è aperta appunto quella del morbillo, con un andamento mediatico analogo ma stavolta con a portata di mano i dati delle epidemie cicliche di morbillo che si sono sempre verificate anche nel nostro paese.
Scrive Antonio Clavenna dell’Istituto Mario Negri sul suo blog “Il ragionevole dubbio”, in riferimento al morbillo: «La narrazione dominante dell’epidemia “mai vista prima” è una lettura dei dati che non corrisponde alla realtà. Sarebbe bastato guardare con maggiore attenzione il grafico con l’andamento temporale del numero di casi segnalati per osservare che giusto 3-4 anni prima era stata riportata una situazione simile a quella attuale. Non è l’unica narrazione superficiale dell’epidemia di morbillo. In molti hanno messo l’accento sul dato che dei 1010 casi il 90% non era vaccinato (… la responsabilità è dunque dei genitori che non vaccinano). Questo ha indotto in errore anche Enrico Mentana che su Facebook ha parlato di “900 bambini non vaccinati” (su mille ammalati). Ma più del 70% dei casi di morbillo segnalati dall’inizio del 2017 aveva un’età maggiore di 14 anni, e più della metà era nata quando la vaccinazione non era ancora un intervento consolidato e raccomandato».
Interessante anche la lettura che dà della “informazione” sul morbillo Roberta Villa, medico e giornalista, su Strade: «La comunicazione su quel che sta accadendo lascia molto a desiderare, uniformandosi più che ai fatti alla narrazione prevalente: tutto è colpa dei genitori creduloni, vittime della disinformazione che corre in rete, che si fidano di dottor Google e che così, irresponsabilmente, hanno fatto calare la copertura per questa malattia al di sotto della soglia del 95% entro i 24 mesi di età, indicata universalmente dalle autorità sanitarie come obiettivo da raggiungere e mantenere. Corollario di questa interpretazione semplicistica è che la soluzione sia altrettanto semplice: si obblighino i genitori a vaccinare i loro figli, e in men che non si dica avremo risolto la questione. A chi non piace sentirsi dire, davanti a una situazione difficile, che una via d’uscita c’è, è facilmente praticabile, e se non si attua è solo per colpa degli altri?». «Nessun cenno a possibili altre cause» prosegue Villa. «Il quadro che emerge dai dati, quindi, è profondamente diverso da come viene dipinto. Non c’è dubbio che si debbano vaccinare contro il morbillo tutti i bambini – è l’opinione di Roberta Villa – ma anche una copertura del 100% sotto i 2 anni non impedirebbe al virus di circolare tra gli adulti minacciando tutti i suscettibili, compresi gli immunodepressi, i non responder e i bambini piccoli. Serve a poco, per esempio, che in un nido siano vaccinati contro il morbillo tutti i piccoli oltre l’anno e mezzo, se non lo sono le educatrici, la cuoca o la bidella. Conta poco che abbiano ricevuto i quattro vaccini obbligatori (polio, difterite, tetano ed epatite B) i compagni dell’asilo, se poi un bambino con la leucemia rischia di essere contagiato di morbillo da un’infermiera. Il morbillo ha cambiato faccia, non è più solo “una malattia esantematica dell’infanzia”. Continuare a pensarlo così, ignorando i dati, espone al rischio di elaborare strategie inefficaci, perché mirate solo a un target da non trascurare, ma che al momento non è più rilevante. Presentarlo così, come non è, è post-verità? Certo la forza della narrazione comune è prorompente, se acceca perfino uno dei migliori e più importanti giornalisti italiani, facendogli dire che su 1000 casi di morbillo, 900 sono di bambini non vaccinati, quando, escludendo i più piccoli che non potrebbero esserlo, questi sono meno del 20%».
Altrettanto interessante la risposta che il dottor Eugenio Serravalle, presidente dell’associazione Assis (che ha emesso un comunicato sulla vicenda), ha dato a Roberto Saviano che aveva condiviso su Facebook un post riguardante l’allarme morbillo. «Sono andato a rileggere il Rapporto Unicef-ISTAT La mortalità dei bambini ieri e oggi, l’Italia post-unitaria a confronto con i Paesi in via di sviluppo – scrive Serravalle – A pagina 8, nella Tabella 1 è riportato il tasso di mortalità sotto i 5 anni per mille nati vivi in Italia, che è ZERO dal 1981, ben prima della vaccinazione di massa. Era 10,2 nel 1895, poi è crollato grazie ai profondi cambiamenti del nostro Paese, al miglioramento delle condizioni igieniche, sociali e sanitarie. Il presupposto del suo ragionamento non ha una base corretta». « E’ vero che la malattia doveva essere eradicata in Europa nel 2015, e che siamo lontani dal raggiungere questo obiettivo perché la copertura vaccinale non è al 95% con due dosi di vaccino. Non ci siamo mai avvicinati a questo traguardo, eppure in alcuni anni i casi di morbillo sono stati comunque molto poco numerosi, a conferma dell’andamento ciclico della malattia. Oggi siamo all’inizio di un nuovo ciclo epidemico, che coinvolgerà purtroppo oltre ai lattanti, adulti e anziani, per i quali la malattia può avere un decorso grave. Il cambiamento epidemiologico è causato anche dalla vaccinazione così praticata. Non ci si è concentrati a raggiungere l’obiettivo prefissato per l’eliminazione della malattia, preferendo aumentare il numero dei vaccini consigliati, arrivando a proporne 15 nei primi 15 mesi di vita. A tutti piacerebbe l’Italia senza morbillo, anzi ancor più un mondo senza morti per malattie infettive. Significherebbe vivere senza guerre, senza malnutrizione, senza sfruttamento e con cure gratuite per tutti. E’ un’utopia forse irrealizzabile, e allora più modestamente, per sconfiggere il morbillo, cerchiamo di fornire risposte ai genitori che non vaccinano i propri figli, indaghiamo davvero sui motivi delle loro esitazioni e dei loro dubbi, non ridicolizzandole ma con serietà e rispetto».
Un altro fronte mediatico si è aperto nei giorni scorsi riguardo al vaccino antipapilloma virus con la puntata della trasmissione Report che ha fatto una carrellata sui conflitti di interesse e sui dati non chiari, citando anche la segnalazione inoltrata al mediatore europeo dai ricercatori del Nordic Cochrane Center. Gli stessi media mainstream si sono affrettati a demolire conduttore e giornalista autrice del servizio, con titoli e puntate “riparatorie”.
In proposito, è interessante la nota diramata dall’associazione di medici e operatori sanitari “No grazie pago io” (che si sono dati come “manifesto” l’impegno a rifiutare qualsiasi omaggio, sovvenzione, rimborso, finanziamento o simili dalle industrie farmaceutiche).
Si legge nell’intervento: «Il servizio di Report si è concentrato soprattutto sulla scarsa sorveglianza degli eventi avversi. Questa può effettivamente produrre sottostime (essendo su base volontaria) e non permette di attribuire o escludere con sufficiente certezza la correlazione tra i sintomi (a volte anche gravi) osservati dopo la vaccinazione e la vaccinazione stessa. Per saperne di più sull’incidenza di eventi avversi concomitanti sarebbe necessario istituire una sorveglianza attiva totalmente indipendente dalle influenze commerciali delle ditte produttrici di vaccino (così come per qualunque altro farmaco). In realtà, purtroppo, ad oggi, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), a cui fa capo la sorveglianza sui farmaci di tutti i paesi europei, è finanziata per più dell’80% dall’industria del farmaco.
I dubbi in merito alla vaccinazione anti HPV
Non si sa quale sia l’efficacia della vaccinazione sulla riduzione effettiva dei casi di tumore e delle morti ad esso correlate (il vero risultato atteso): il raggiungimento di tale obiettivo si potrà valutare solo tra alcuni decenni, tenendo conto della lunga latenza tra l’infezione e l’eventuale insorgenza del tumore (20-30 anni).
- Servono studi indipendenti che mettano a confronto esposti e non esposti alla vaccinazione ed i rispettivi esiti di salute.
- Il rischio della comparsa di una nicchia ecologica con il prevalere nel tempo di altri ceppi oncogeni diversi da quelli contenuti nel vaccino (se ne conoscono circa 15, il vaccino protegge da 2, 4 o 9 ceppi soltanto), che potrebbero diventare altrettanto pericolosi.
- Poiché il vaccino contro l’HPV non previene l’infezione da tutti i tipi di HPV, l’esecuzione del pap test deve comunque essere garantita e, al momento si è rivelata altamente efficace nel ridurre di oltre il 90% la mortalità per tumore del collo dell’utero. I servizi di base dedicati alla prevenzione secondaria ancor oggi non sono uniformemente diffusi sul territorio nazionale creando forti disuguaglianze di accesso. L’allocazione delle risorse dovrebbe prevedere una vera capillarità dell’offerta.
- La protezione vaccinale offerta riguarda solo 2, 4 o 9 ceppi di HPV: è necessario continuare a fare formazione ed informazione in merito agli stili di vita, soprattutto per evitare che i soggetti vaccinati, considerandosi protetti, non facciano più abbastanza attenzione a prevenzione non immunitaria (uso del preservativo) con il rischio di gravidanze indesiderate e di contrarre altre importanti malattie sessualmente trasmissibili. Investire in educazione sessuale nelle scuole e in consultori per i giovani, diffusi capillarmente sul territorio nazionale, è e resta una priorità. È necessario inoltre evitare che si riduca l’adesione al pap-test, dove questa è alta, e fare in modo che aumenti, dove è bassa».
E ora? Il prossimo passo? Incamminarsi tutti su Viale Vaccini?
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Art. 4 del Codice deontologico dei medici
Libertà e indipendenza della professione. Autonomia e responsabilità del medico
L’esercizio professionale del medico è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità.
Il medico ispira la propria attività professionale ai principi e alle regole della deontologia professionale senza sottostare a interessi, imposizioni o condizionamenti di qualsiasi natura.