Temo gli Achei anche quando portano doni

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Temo gli Achei anche quando portano doni

O meglio, direi, specialmente quando li portano.
O quando si sperticano in complimenti e in lodi.

di Piero Cammerinesi

 

La famosa frase timeo Danaos et dona ferentes che nell’Eneide viene messa in bocca a Laocoonte per convincere i Troiani a non portare dentro le mura della città il nefasto cavallo che ne avrebbe causato la rovina, mi sembra particolarmente adatta per commentare i recenti complimenti di Kerry – vero e proprio piazzista d’armi e di guerre – nei confronti del nostro Paese.

achei1Italia grandiosa, il suo impegno è enorme” afferma infatti il segretario di Stato USA durante la sua recente visita a Roma, e prosegue affermando che l’Italia, visto il suo lungo impegno in Iraq, “è tra i Paesi più attivi nella lotta all’Is“.

E questa era la carota.

Poi arriva la frusta: “…ma occorre un ulteriore sostegno finanziario“.

Insomma cari amici italiani, se volete ancora le Lucky Strike e la cioccolata, adesso mettete mano al portafogli.

Esortazione cui ha fatto subito eco uno scodinzolante Gentiloni che, sotto lo sguardo premuroso e sornione del boss a stelle e strisce ha affermato compunto che sì, “ci sono stati passi in avanti sul terreno“, ma “in Iraq bisogna continuare l’impegno militare“.

achei2Così, l’Italia che, a leggere la sua Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” in realtà sta attivamente partecipando alla cosiddetta ‘guerra al terrorismo’, l’ultima versione orwelliana di travestimento dei lupi in agnelli.

Ora però, a parte l’impegno economico per le varie altre ‘missioni di pace’ cui l’Italia partecipa (Iraq, Afghanistan, Libano, Kosovo, Somalia, Golfo di Aden e, prossimamente, Libia), la notizia che più mi inquieta – e che mi richiama alla mente il nefasto memento di Laocoonte – è l’approvazione dello schieramento di 450 uomini destinato alla difesa degli operai italiani della Trevis Spa di Cesena che lavoreranno alla diga di Mosul.

Come ha espressamente confermato un quotidiano oggi, fonti dello Stato Maggiore hanno confermato l’impiego dei bersaglieri della brigata Garibaldi con carri armati Ariete e cannoni semoventi cingolati Panzer.

Esattamente quel che si dice un equipaggiamento di pace.

achei3Infatti, l’inossidabile Pinotti afferma spensieratamente che i soldati italiani “non andranno a combattere ma solo a proteggere l’impresa”, intendendo la Trevis che ha avuto l’appalto dei lavori alla diga.

Peccato che la favola della ‘missione di pace’ non la bevono i gruppi degli ‘insurgent’ in Iraq che hanno commentato la notizia in modo decisamente poco ‘pacifico’: “le forze straniere in Iraq saranno considerate occupanti, compresi gli italiani“.

Ancora meno pacifiche le intenzioni dell’Isis che ha latrato: “faremo maccheroni degli italiani”.

Ma niente paura: se la Pinotti – con la sua vasta esperienza militare – ci dice che non siamo lì per combattere, sarà solo questione di tempo, qualche caramella ai bambini, qualche scuola costruita, la diga difesa e poi la pacche sulle spalle da parte dei nostri padro…oops…scusate, dei nostri alleati e tutti a casa…

Purtroppo sono proprio i ‘doni’ – o i complimenti – di questi ‘amici’ che personalmente mi preoccupano.

Non vorrei davvero essere facile profeta di un disastro annunciato al nostro corpo di spedizione a Mosul.

Spero di sbagliarmi.

In ogni caso, la pressione che da parte NATO e USA si sta esercitando sull’Italia perché si coinvolga sempre maggiormente nella cosiddetta ‘war on terror’ indica con estrema chiarezza che il nostro Paese è ormai destituito di ogni sovranità e di ogni autorevolezza. La miserevole figura di personaggétti da operetta come Renzi, che fa finta di fare la voce grossa a Bruxelles o a Berlino a uso e consumo dell’opinione pubblica interna ma, nei fatti, ubbidisce in silenzio agli ordini ricevuti è emblematica del miserevole status della nostra politica estera.

achei4Quanto alla questione dei profughi, by the way, appare evidente che con la ragguardevole somma di oltre 1500 milioni di euro che stanziamo per ‘missioni di pace’ ordinateci dai nostri padroni e per ‘regalie’ all’alleato turco – che in realtà appoggia e alimenta il terrorismo per sue strategie contro Siria e Iran – la potremmo benissimo risolvere in tempi brevissimi.

Potremmo se lo volessimo.

Ma non lo vogliamo.

E – aggiungerei – per i nostri padroni non dobbiamo volerlo.

 

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