Siria, bombe e balle: a chi credere?
di Enrico Carotenuto
Da quando la Russia ha iniziato i bombardamenti in Siria, è partita la grancassa dei media della NATO contro i loro raid. Gli americani, in tre anni di parole e annunci non sono riusciti a fare niente contro l’ISIS, che anzi è cresciuta a dismisura. Ma d’altronde, perchè avrebbero dovuto attaccare seriamente una propria creatura? Ora che Putin è sceso in campo al fianco di Assad, gli americani dicono che i bombardamenti russi non sono contro l’Isis, ma contro i “ribelli” anti Assad, e che i russi sconfinano nello spazio aereo turco. Mosca invece dice di aver fatto più in una settimana da sola, che la Nato in anni. Ma cosa sta succedendo veramente?
Chi ci segue, sa da tempo cosa sta succedendo in Siria, l’ultimo baluardo “laico” sopravvissuto a quella serie di colpi di stato appoggiati dalla NATO che i nostri media hanno chiamato “primavere”. Oh, che bel nome: “primavera”. Porta automaticamente la mente a concetti come rinascita, rinnovamento, al deserto che diventa verde, agli uccellini che cinguettano. Insomma, proprio un bel nome da dare ad una serie di colpi di stato armati. Ci hanno voluto far credere che la situazione, in quelle parti del mondo, migliorasse. Esattamente il contrario di ciò che è accaduto. Ma questa è la disinformazione, baby. Ciò che hanno fatto, in realtà, è stato levare di mezzo quei regimi, che seppure non all’acqua di rose, mantenevano un certo tipo di stabilità, e facevano da baluardo contro il fondamentalismo islamico, da sempre fomentato e aiutato dalla stessa NATO, vedasi i talebani in Afghanistan e i wahabiti in Arabia o la stessa ISIS, per poi diventare al momento giusto la scusa per una bella guerra. Quindi il punto di vista euroamericano sulla questione siriana, fin dal principio, è stato: Assad va tolto di mezzo, come Gheddafi, come Saddam, Ben Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto. Perchè? Perchè è l’unico rimasto, insieme all’Iran, che ha interesse a combattere il fondamentalismo sunnita. Quello stesso fondamentalismo che la NATO vuole far crescere ulteriormente, perchè sia finalmente una minaccia veramente credibile che giustifichi uno stato di guerra perpetua, di allerta continua in tutto l’occidente.
Ora, che c’entra Putin in tutto questo? In fondo, non ha mosso un dito per gli altri. Perchè si muove solo adesso, e solo per Assad? I russi non scendono mica dalla montagna del sapone, sanno perfettamente cosa è successo in questi anni. E non possiamo credere che Putin sia spinto da motivi quali la “giustizia”, altrimenti sarebbe intervenuto anche negli altri scenari. Quindi, perchè?
A questa domanda si può rispondere con argomenti di natura sia tattica che strategica, che spirituale. Dal punto di vista tattico, Putin di fatto si “appropria” definitivamente di uno stato satellite con sbocco sul mediterraneo. Si, c’era già la base di Tartus, ma l’aiuto ad Assad potrebbe giustificare, in caso di escalation, una presenza sempre maggiore di forze ed infrastrutture russe in Siria: D’altronde gli euroamericani reagiranno in qualche modo, o aumentando il supporto ad ISIS (c’è qualcuno che crede ancora che la NATO li bombardi davvero?) o a qualche altro gruppo di “ribelli”, quelli che il Senatore McCain ha apertamente dichiarato essere addestrati e riforniti dalla CIA.
Questa appropriazione un po’ compensa la Russia della perdita della gran parte dell’Ucraina, e permette a Putin di avere maggiore potere di scambio in eventuali altre contrattazioni, che magari riguardano proprio lo scenario ucraino. Infatti occorre ricordare che dal punto di vista strategico la Russia è sotto scacco completo, basta vedere la dislocazione ed il numero di basi americane che circondano il territorio ex-sovietico, e d’altronde, se così non fosse, non si spiegherebbe il fatto che si siano lasciati sfilare l’Ucraina da sotto il naso senza, in pratica, reagire. Lo stesso si può dire dei mancati interventi a salvaguardia dei dittatori deposti, che spesso, se non altro, erano ottimi clienti della Russia.
Questa è una prima analisi del quadro: Putin si è mosso perché la Siria è sotto casa sua, perché è il suo sbocco sul Mediterraneo, e perché la può usare per contrattare altri scenari con gli euroamericani. Quindi la sua volontà di salvare Assad risulta alquanto velleitaria. Il povero Assad è pedina di scambio, e verrà salvato o no a seconda della convenienza del momento. Ora è molto utile a Putin, che per avere ciò che gli americani chiamano “leverage”, per prima cosa sta eliminando le minacce più importanti contro Assad, cioè quelli che ce l’hanno proprio con lui personalmente: i ribelli “buoni” della CIA…
Questa cosa proprio non va giù alla NATO, e difatti è partito il tam tam mediatico-politico (vi siete accorti che non c’è più distinzione reale tra “mediatico” e “politico” ?), con addirittura il Presidente del Consiglio Europeo che dichiara: “se vince Assad, saremo invasi da tre milioni di profughi“, scordandosi che la guerra provocata dai suoi amici già ne ha fatti almeno 4, di milioni di profughi. Ma questo, secondo lui, è colpa di quel cattivone di Assad, mica di chi gli ha scatenato la guerra contro… (Ecco il video con le dichiarazioni di Donald Tusk)
Se però allarghiamo un po’ il punto di vista, non possiamo non renderci conto che lo spauracchio fondamentalista, in fondo, fa anche il gioco di Putin: così come è una scusa per investire in armamenti e controllo interno per gli euroamericani, così lo è per i russi. Non a caso, nel suo discorso all’ONU, Putin ha in pratica detto: “ma, insomma, bombardiamoli tutti insieme, no?” Ed infatti il riarmo russo è cominciato già nel 2011, con una prima fase che finirà nel 2020, nel quale si prevede che il 70% degli arsenali russi sarà completamente rinnovato ad un costo di circa 325 miliardi di dollari. Quindi sembra che Putin si stia ricavando, a forza, un ruolo di primo piano nella infinita “guerra al terrorismo”. Cosa che non garba agli euroamericani, evidentemente non contenti di far raccogliere anche a lui i frutti che laboriosamente hanno seminato per loro per decenni. In fondo, Putin potrebbe essere perfino contento di sedersi allo stesso tavolo delle controparti euroamericane e condividerne gli obiettivi ed i magheggi in cambio di una bella fetta di torta. In entrambi i casi manderebbe avanti il riarmo, sia che i nemici siano gli americani, sia che siano i fondamentalisti.
Ma il risultato di tutto ciò qual’è?
Esattamente quello che abbiamo previsto da anni: la crisi mediorientale fornisce una scusa in più per accelerare il processo di formazione di macro aree che saranno il preludio allo stato mondiale. Ovviamente non macro aree in cui i cittadini godano di libertà decisionale. Al momento abbiamo (in diversi stadi di formazione) quella nordamericana, quella europea, quella russa, cinese, indiana e oceanica. Anche il Sud America è sulla buona strada con il MERCOSUR, che in fondo non è che una versione aggiornata della vecchia e cara CECA (Comunità Europea del Carbone e Acciaio), il primo passo verso l’unificazione, e ormai noi europei dovremmo sapere tutti ciò che si può fare in soli 50 anni partendo da una comunità di scambi…
Insomma, l’osservatore attento deve cercare di non farsi fregare dalle campane propagandistiche dell’una e dell’altra parte. Siamo costantemente immersi nella propaganda, e dobbiamo cominciare a guardare le cose da un punto di vista più in alto, se vogliamo estrarre un senso vero da quello che ci viene raccontato. Schierarsi, fare il tifo per l’uno o per l’altro, arrabbiarsi col cattivo percepito di turno, non è che soccombere a ciò che questi oscuri poteri vogliono in realtà: abbassare il livello della nostra coscienza. Sia che siamo russi, europei, americani o del Burkina Faso. Cerchiamo di non dargli soddisfazione.
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