Cronache Marziane
Così s’intitolava uno dei più bei romanzi fantastici che hanno accompagnato la mia infanzia.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine)
Il titolo mi ritorna alla mente in questi giorni, allorché, leggendo i giornali e ascoltando un po’ di dibattiti internazionali mi sembra proprio di…essere io un marziano.
Un alieno che è stato sbalzato su questo pianeta e, guardandosi intorno, non riesce a comprendere il senso degli avvenimenti umani.
Che non riesce a trovare neppure un filo di logica – di quella terra-terra da scuola elementare – nelle notizie e nei ragionamenti che vengono propinati alle persone, che, a loro volta, li riciclano a pappagallo al loro prossimo.
Ad esempio, mi sembra davvero impossibile che si facciano dibattiti e discussioni talmente irreali sul problema dei migranti, così improbabili che anche un bambino potrebbe intravedere le finte opposizioni create ad arte.
Ancor più incredibile mi appare la totale assenza di discussione – e di eventuale individuazione dei rimedi – sulle cause del fenomeno.
Se mi viene somministrata giornalmente una medicina che mi procura dei terribili ascessi cutanei, non ha molto senso mettervi una pomata sopra, sarebbe meglio sospendere il medicamento, no?
Ora, il problema dei profughi è esattamente lo stesso.
Una palese, evidente – e provata – volontà criminale ha lucidamente sovvertito, da una dozzina d’anni a questa parte, governi e Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, creando le condizioni per esodi di massa.
Si chiama principio di causa-effetto.
Prima l’invasione di Iraq e Afghanistan, poi la devastazione della Libia e ora della Siria hanno, evidentemente, accelerato un processo migratorio che è peraltro solo all’inizio.
Prima di guardare ai numeri, chiediamoci: è tanto difficile capire che se quei Paesi non fossero stati gettati nella devastazione della guerra, se l’Occidente non alimentasse quotidianamente la crescita e l’espansione di chi – a parole – dice di combattere, vale a dire prima Al Queda e oggi l’ISIS, questa invasione di profughi non ci sarebbe?
Se ti distruggo casa, ti ammazzo i familiari, ti tolgo acqua, luce, cibo e lavoro che fai? Scappi, evidentemente. E dove? Dove sai che la gente ha un tetto sulla testa, ha da mangiare, ha l’acqua e il lavoro.
Per i tuoi figli attraverseresti qualsiasi mare e qualsiasi deserto, o no?
Ma se la situazione a casa tua si ristabilisse, lo faresti ancora? Rischieresti la vita e tutto quello che possiedi per andare – straniero in terra straniera – a chiedere l’elemosina o a vivere di espedienti?
Probabilmente no.
Allora parliamo delle cause prima di creare ad arte sterili contrapposizioni migranti si/migranti no, foto da pubblicare/foto da non divulgare.
Queste sono solo armi di distrazione di massa.
Servono a distogliere l’attenzione dal vero problema.
Se invece di dividerci tra fautori dell’accoglienza e sostenitori del respingimento ci rivolgessimo tutti insieme – con le buone o con le cattive – ai nostri governanti costringendoli a por fine allo scempio che attualmente viene attuato da USA/NATO in Siria, ad esempio, il fenomeno rientrerebbe in men che non si dica.
Ci vorrebbe una settimana per annientare l’ISIS, se lo si volesse.
Basterebbe non rifornirli più di armi e di denaro.
Dunque basta con le ipocrisie, proviamo a pensare con la testa.
Agiamo uniti sulle cause invece di dividerci sugli effetti.
Effetti che lavorano poi nei decenni, creando, invariabilmente, situazioni difficilmente arginabili.
Basti pensare – per non andare troppo indietro nel tempo – agli effetti della guerra arabo-israeliana del 1948.
700.000 palestinesi furono cacciati allora dalle loro case; questo esodo mise a repentaglio i regimi dei Paesi arabi limitrofi e provocò una guerra civile in Giordania nel ’70, in Libano e a Gaza tra il ’75 e il ’90. Iniziò il terrorismo, i massacri indiscriminati e gli attentati suicidi che ancora oggi minacciano il mondo.
Con la Siria ci troviamo in una situazione di magnitudo di gran lunga maggiore.
Ad oggi – come ha dichiarato António Gutteres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, abbiamo già 4 milioni di siriani rifugiati nei Paesi limitrofi e quasi 8 milioni di sfollati. Il solo Libano, ne ospita 1,2 milioni.
I siriani che oggi cercano disperatamente di fuggire da morte fame e guerra hanno rappresentato oltre un terzo dei 137.000 profughi che sono perigliosamente approdati in Europa negli ultimi sei mesi.
Abbiamo pertanto – solo per la Siria – una situazione sei volte più drammatica di quella palestinese, che pur tanti disastri ha causato e continua a causare.
Ci sorprenderemo dunque se questa crisi – che nelle parole di Gutteres ha provocato “il più ampio esodo di rifugiati in una generazione causata da un singolo conflitto” – produrrà degli effetti ancora più devastanti di quelli della diaspora palestinese?
Dobbiamo continuare a essere soggetti alle manipolazioni dei media che un giorno ci fanno vedere il bimbo affogato sulla spiaggia e il giorno dopo i disastri provocati dai migranti? Alle commozioni a comando, che valgono per la singola vittima innocente sbattuta in prima pagina ma non per tutte quelle che silenziosamente vengono quotidianamente sacrificate al Moloch della follia umana in luoghi che non è politically correct citare?
Dobbiamo ancora credere alle dichiarazioni dei nostri politici che, come la Merkel, un giorno dice alla ragazzina libanese ormai ambientata che non potrà restare in Germania e qualche giorno dopo apre le frontiere a decine di migliaia di profughi?
È notizia dei giorni scorsi che il Papa ha chiesto alle strutture religiose di ospitare i profughi. In curiosa sincronicità, Governi che sino a ieri volevano chiudere le frontiere, oggi le spalancano.
Qualche giorno fa, dall’altra sponda dell’oceano si avvertiva l’Europa che l’emergenza profughi durerà almeno altri vent’anni.
Era un avvertimento ai servi sciocchi di là dell’Atlantico?
Attenta Europa, questa è l’agenda, fai quello che ti viene ordinato senza fiatare.
Racconta belle storie e pubblica fotografie strappalacrime, ma non azzardarti a far capire ai popoli come stanno davvero le cose.
The show must go on.
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