Il pensiero unico
di Piero Cammerinesi
La globalizzazione ha un solo vero retroscena: la creazione di un ‘pensiero unico’.
L’informazione addomesticata ad opera del potere economico-politico dominante sta prendendo piede ormai non solo negli USA, da dove scrivo, ma a livello mondiale.
Le notizie diffuse dal circo mediatico sono sempre di più manipolate e viziate dalla spettacolarizzazione, di fatto prioritaria rispetto ai contenuti delle notizie.
L’alterazione delle informazioni è particolarmente evidente se consideriamo che le agenzie internazionali dalle quali provengono i lanci delle notizie sono poche ed affiancate da vere e proprie agenzie di propaganda.
Aspettarsi dai telegiornali una reale verifica delle fonti è una vera e propria utopia. Il dilagare della notizia-spettacolo, del voyeurismo morboso, distoglie l’attenzione dai reali problemi della gente, mentre i fatti occultati – ad esempio le vere ragioni all’origine di guerre e miserie – non vengono approfonditi.
Siamo di fronte ad un impoverimento culturale globalizzato, teso ad appiattire ogni pensiero che possa mettere in dubbio le idee-guida dei poteri forti che controllano i media.
Con buona pace della democrazia.
Le immagini trasmesse hanno finalità chiaramente manipolative, tendono a generare emozioni che ci distolgono dal domandarci quali siano le vere cause delle sofferenze cui assistiamo. Non a caso i fatti di sangue che hanno come vittime bambini occupano spazi sempre maggiori all’interno dei telegiornali.
Notizie amplificate ed altre ignorate, un oltraggio alla nostra intelligenza e soprattutto alla nostra libertà di decidere quale posizione prendere, dato che, in modo più o meno sottile, le posizioni sono tutte già preconfezionate.
Così l’informazione globalizzata è finalizzata al consolidarsi del ‘pensiero unico’ il cui scopo è quello di rendere difficile – se non impossibile – la comprensione di ciò che sta dietro gli accadimenti del nostro tempo, dalle guerre ‘preventive’ alla fame ‘inevitabile’, dalle fantomatiche pandemie alle strategie degli opposti estremismi, dal terrorismo allo ‘scontro di civiltà’.
E se tentiamo timidamente di mettere in dubbio il ‘pensiero unico’? Chi è contrario alla guerra viene tacciato di ‘estremismo radicale’ e chi mette in dubbio la legittimità della tortura diventa automaticamente ‘antiamericano’.
Eppure la Storia ha ampiamente dimostrato che ogni volta che si è cercato di indirizzare il pensiero dei popoli in una certa direzione sono nati dei mostri.
Il nostro passato è lastricato di idee negate, di pensieri vietati, di ‘verità di Stato’ e ciò non ha mai prodotto risultati positivi. Le idee proibite si sono sempre più fortemente radicate, tanto da far sì che i loro fautori si sentissero dei perseguitati, dei martiri. Quante vittime hanno provocato le ideologie represse e negate, quelle stesse da cui sono nati gli integralismi e gli estremismi che ancora oggi insanguinano il mondo?
In realtà lo Zeitgeist, lo Spirito del Tempo, ha sempre prodotto dei pensieri dominanti, delle concezioni assimilabili senza sforzo dalle masse; quante persone sono riuscite a mettere in questione gli ideali della propria epoca? Spesso solo dopo decenni ci si rende conto della profonda fallacia di certe ideologie contemporanee.
Se il dubitare cartesiano fa parte dell’autentico retaggio culturale dell’occidente, viene da chiedersi il motivo del dilagare del ‘politically correct’ o di ideologie ‘vere per definizione’ visto che oggi gli strumenti per poter imparare a comprendere meglio se stessi ed il mondo dovrebbero essere a disposizione di tutti.
Ma quanto li sappiamo usare questi strumenti?
Fin da bambini il nostro primo sforzo è quello di apprendere e anche chi nasce con una disposizione sportiva o artistica, dovrà tuttavia faticosamente dedicarsi all’esercizio ed allo studio della propria disciplina per anni. Pertanto è difficile poter ritenere di saper fare qualcosa senza averla prima imparata.
Eppure c’è una attività che reputiamo di saper usare alla perfezione senza averla mai di fatto imparata. Mi riferisco all’attività più immediata ed intima, che ha, peraltro, i maggiori effetti su tutta la nostra esistenza: il pensiero. Eh già, perché nessuno ci ha mai davvero insegnato ad usarlo questo strumento con cui gestiamo tutta la nostra vita.
Ci è mai venuto in mente di chiederci veramente perché siamo di destra o di sinistra, di quella o quell’altra squadra di calcio, o perché abbiamo fatto tale o tal’altra scelta professionale? Potremo rispondere che è per via degli orientamenti della nostra famiglia o dei nostri amici, o magari – al contrario – per reazione a quelli. Ma perché in noi c’è stata adesione a certi modelli mentre in altre persone a noi vicine ha, invece, prevalso la reazione? Chi ci ha insegnato ad usare lo strumento con cui abbiamo portato a coscienza noi stessi ed il mondo, e preso poi quelle decisioni che hanno di fatto modificato il nostro destino?
E non si dica che il pensiero non c’è bisogno di impararlo dato che è già bell’e pronto dentro la nostra testa, perché allora dentro la propria testa non ci si è mai gettato uno sguardo!
Se persino le cose più elementari dobbiamo apprenderle con fatica perché mai lo strumento da cui dipende la nostra coscienza e le nostre scelte nella vita, quello no, non ci sarebbe bisogno di studiarlo?
Se usiamo male i nostri strumenti di lavoro, sicuramente danneggiamo noi stessi e gli altri. Come possiamo allora credere che il principale strumento mediante il quale abbiamo una immagine di noi stessi e prendiamo le nostre decisioni, non abbia bisogno di apprendimento?
Cerchiamo allora di imparare ad usarlo, questo pensiero, in modo da smascherare le opinioni preconfezionate che ci vengono quotidianamente proposte dalla televisione – la peggiore tra i ‘cattivi maestri’ – e sapremo non solo cogliere il senso della nostra vita, ma anche riconoscere i retroscena di quelle ‘false verità’ che ci inoculano idee che non ci appartengono.