Tagli alla spesa o riduzione dei diritti? Il Governo Monti dà il colpo di grazia alla Giustizia italiana
dell’avv. Maurizio Montalto.
Il Governo Monti dà il colpo di grazia alla Giustizia italiana chiudendo i Tribunali e gli uffici dei Giudici di pace.
La decisione di ridimensionare uno dei tre poteri dello Stato, che garantisce l’equilibrio della nostra democrazia, è chiaramente risalente ed è stata realizzata gradualmente. Siamo agli ultimi atti. Il percorso è stato attuato in maniera così impercettibile che gli stessi operatori del diritto (magistrati e avvocati) si stanno rendendo conto con grande ritardo di ciò che sta avvenendo. L’obiettivo dichiarato al momento è chiaramente la necessità di ridurre la spesa pubblica; siamo costretti dall’emergenza spread. Se però diamo uno sguardo al recente passato, verifichiamo gli effetti delle decisioni e cogliamo il vero senso della riforma.
Nel 1995 si attivano gli Uffici del Giudice di pace nel settore civile. Con lo scopo di deflazionare i processi dei Tribunali ordinari, s’impegnava la figura del magistrato onorario sulle questioni minori. Dal 2000 i Giudici di pace sono applicati anche al settore penale. Sono incarichi temporanei per i quali non è prevista una vera retribuzione; essenzialmente v’è una sorta di rimborso, le cd. indennità, calcolato sul numero delle udienze e dei provvedimenti definitivi adottati: niente assistenza, previdenza, ferie, malattie e tredicesima. La precarietà della posizione garantisce l’elasticità delle posizioni, necessaria a far passare i cambiamenti programmati, ma non dichiarati.
Gli altri magistrati onorari sono: i Vice Procuratori Onorari, i Giudici Tributari, i Giudici Onorari di Tribunale e i Giudici Onorari Aggregati cui sono applicate regole e compensi analoghi a quelli previsti per i Giudici di pace. Queste figure sono state istituite nel periodo fascista col Regio Decreto del 1941 n°. 12 e sono state recuperate, a cinquantanni di distanza, creando un sistema fondato essenzialmente su precarietà e volontariato. Considerati i presupposti, nonché l’art. 106 della Costituzione italiana, il ricorso alla Magistratura onoraria dovrebbe essere sporadico ed eccezionale. Invece il numero di magistrati onorari (12.047) supera di gran lunga quello dei giudici di carriera (8.697).
La giustizia italiana presenta ictu oculi un’anomalia: si regge prevalentemente sul volontariato. Ma non finisce qui! Anche l’Ordine Forense viene indebolito dalle riforme che si sono succedute; i costi d’acceso alla giustizia son resi proibitivi, i poteri dei difensori ridimensionati, troppo onerosa l’organizzazione degli studi, i vincoli imposti impongono che i professionisti s’impegnino sulla gestione formale della pratica più che sulla difesa e il riconoscimento dei diritti. Dal 1874, anno d’istituzione dell’Ordine degli Avvocati, escluso il ventennio fascista, nel corso del quale l’Ordine è stato abolito per essere ricostituito subito dopo, i maggiori sostenitori dei diritti fondamentali non avevano mai visto così frustrata la loro funzione sociale.
Non sorprendono a questo punto i tagli imposti agli uffici dei Giudici di pace; su 846 il Governo ne taglia 674. Prima gli hanno trasferito le funzioni e poi li hanno eliminati. La successiva riduzione dei Tribunali è solo il colpo di grazie; il potere giudiziario viene ridotto ai minimi termini. La capacità reattiva del sistema giudiziario è quasi nulla almeno per due ragioni: primo, la gran parte dell’organizzazione oramai si regge sul volontariato e il Governo se ne può disfare e se ne sta disfacendo facilmente; in secondo luogo il Presidente della Repubblica, che è anche Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, non impone un pensiero diverso.
Il nostro sistema democratico si regge sull’equilibrio nei rapporti tra il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Il garante è il Presidente della Repubblica. Il venir meno di questa relazione favorisce senza dubbio il processo di europeizzazione politica, di spostamento fuori dalle mura di casa dei compiti di governo del nostro paese. Questo è l’obiettivo della crisi economica: imporci una rinuncia di sovranità in favore di un nascente soggetto politico internazionale fortemente influenzato dalle lobby. Per questo aumenta lo spread. Lo Stato indebitato deve correre ai ripari: ricorre ai tagli della spesa pubblica e con essi ai prestiti necessari a coprire i debiti prodotti dai forti interessi causati dall’aumento degli interessi sui titoli di stato. Nascono così i tagli alla sanità, che mettono in enorme difficoltà chi non può sostenere i costi di cure private, quelli alla scuola, col compito di ridurre la crescita culturale dei cittadini, ai servizi pubblici locali, che garantiscono un adeguato sviluppo sociale, quelli alla giustizia che deve vigilare sulla nostra democrazia. La debolezza del sistema giudiziario è uno dei presupposti per l’azione di trasferimento ad altri della sovranità sull’Italia.
L’operazione però non riuscirà. Il referendum sui servizi pubblici locali e la vittoria contro le privatizzazioni ne sono una prova. La consapevolezza diffusa tra i cittadini è cresciuta oltre ogni aspettativa. La capacità reattiva dei cittadini e il loro coinvolgimento diretto nella politica negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente. La volontà popolare s’è affermata una volta e avverrà ancora. La massa critica di persone consapevoli di ciò che avviene è in costante aumento e con l’impegno diretto impedirà la demolizione della nostra democrazia.
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