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La montagna di fesserie raccontate da Barak Obama e Hillary Clinton sull’esecuzione di Osama Bin Laden rivelate in un libro scritto da uno dei membri del Team Navy Seals che l’hanno assassinato.

di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine)

 

Non bastava Julian Assange con la sua malridotta ma pur sempre attiva Wikileaks a provocare ai governanti americani – che lo aspettano al varco non appena mette il naso fuori dall’ambasciata londinese dell’Ecuador – qualche feroce mal di testa.

Ora ci si è messo anche un ex-membro dell’eroico team del Navy Seals – quelli che hanno liberato l’amministrazione Obama dal suo peggiore nemico, Osama Bin Laden – a spifferare delle verità scomode per il Pentagono.

Arriverà infatti l’11 settembre – guarda tu le coincidenze – sugli scaffali delle librerie USA, “No easy day: the firsthand account of the mission that killed Osama Bin Laden” (Un giorno non facile: testimonianza di prima mano della missione che ha ucciso Osama Bin Laden).

Si tratta proprio – avete capito bene – del racconto del controverso blitz contro Osama Bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, scritto da un ex Navy Seal che, dietro lo pseudonimo di Mark Owen, avrebbe dovuto restare anonimo – ma si sa, mantenere l’anonimato non sempre è facile…o conveniente – ma che è stato presto individuato in Matt Bissonnette, trentaseienne dell’Alaska.

Bene, direte voi, era ora, ma come spesso accade in questo Paese, la realtà supera di gran lunga la fantasia.

Eh già, perché, guarda un po’, tutte le sbrodolate patriottiche pronunciate da Presidente, Segretario di Stato e giù fino al più oscuro generale a riposo intervistato dalla Fox, si rivelano improvvisamente per quello che sono: appunto sbrodolate di fantasia.

E la realtà è questa: innanzitutto Osama non era armato – come affermato da Obama e Hillary Clinton – ed è stato centrato da 6 colpi esplosi dal nostro Matt e da un altro Navy Seal mentre era già moribondo.

Pare – nel racconto dell’autore di quello che sicuramente sarà il best-seller della stagione – che il perfido Osama, infatti, fosse già rantolante a terra con un colpo (che si era inferto da solo?) alla testa.

Ma bisogna pur essere sicuri della sua morte e allora giù con una bella sventagliata di mitraglietta.

Mai lasciare le cose non finite.

Eppure durante un meeting con i vertici militari un avvocato del Pentagono o della casa Bianca (l’autore non ricorda con precisione questo dettaglio) aveva sottolineato il fatto che “non doveva trattarsi di un assassinio”. “Non sarò certo io a dirvi come fare il vostro lavoro – continua l’avvocato nel briefing riportato da Matt Bissonnette – quello che vogliamo dire è che se lui non costituisce una minaccia, va catturato”.

“Osama – continua la nostra gola profonda – non solo era disarmato ma non aveva preparato difesa alcuna; nella sua stanza c’erano due armi, un AK-47 e una pistola Makarov entrambi senza caricatore. Non aveva intenzione di combattere”.

Questo non è un assassinio, avvocato? Come lo vogliamo chiamare allora? Ci aiuti a trovare una definizione adeguata.

Ugualmente frutto di pura e fervida fantasia il racconto – sempre a cura di Obama e della Clinton – di una sparatoria di 40 minuti tra le truppe speciali e le guardie del corpo del malvagio Bin Laden.

Insomma, tutto inventato, forse per fornire succulenti spunti a patriottici registi di Hollywood ansiosi di dar vita al prossimo polpettone nazional-militarista a tutto beneficio di una delle poche cose che in questa disgraziata campagna elettorale ancora potevano andare a vantaggio di Barak Obama; l’eliminazione del nemico pubblico N.1…

Ahi ahi, Presidente, e adesso? Come faremo a presentarci agli elettori dopo questa ennesima figuraccia?

Niente paura Mr.Obama, tanto il pubblico americano è ormai abituato a digerire panzane ben più grosse di queste; quello che non strozza ingrassa…

 

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