Scalfari, cameriere della Troika
di Enrico Carotenuto
Per comprendere meglio quello che andiamo dicendo sulle reali politiche di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi venti e passa anni, sull’europeizzazione forzata, sullla centralizzazione del potere, e l’allontanamento dello stesso dai cittadini per contrastare lo sviluppo delle coscienze, vi invitiamo a leggere questi due articoli: uno de “Il Fatto Quotidiano” dello scorso 3 agosto, ed uno pubblicato da Keynesblog nel febbraio 2013. Comparandoli si vede chiaramente come Scalfari sia disposto a dire tutto ed il contrario di tutto pur di spingerci tutti in mano alla troika. Occorre ricordare che Scalfari non è un semplice gionalista, ma uno che va a cena spesso con le più alte cariche dello stato, la cui parola definisce, non si sa bene perchè, la linea di buona parte dell’informazione di massa in Italia. (E.C.)
Buona lettura.
“Dirò un’amara verità che però corrisponde a mio parere ad una realtà che è sotto gli occhi di tutti: forse l’Italia dovrebbe sottoporsi al controllo della troika internazionale formata dalla Commissione di Bruxelles, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale. Un tempo (e lo dimostrò soprattutto in Grecia) quella troika era orientata ad un insopportabile restrizionismo. Ora è esattamente il contrario: la troika deve combattere la deflazione che ci minaccia e quindi punta su una politica al tempo stesso di aumento del Pil, di riforme sulla produttività e la competitività, di sostegno della liquidità e del credito delle banche alle imprese. Capisco che dal punto di vista del prestigio politico sottoporsi al controllo diretto della troika sarebbe uno scacco di rilevanti proporzioni, ma a volte la necessità impone di trascurare la vanagloria e questo è per l’appunto uno di quei casi“.
Eh sì, Eugenio Scalfari, in uno dei suoi editoriali domenicali, quelli che il paese attende con trepidazione per ripartire di slancio la settimana successiva, getta la maschera. E se dell’arrivo della Troika inizia a parlare il padre padrone della ‘Pravda del regime‘, c’è di che preoccuparsi.
In uno dei passi precedenti del suo editoriale, a voler giustificare l’ingiustificabile, Scalfari ci dice che l’Italia da sola non ce la può fare e che la sua unica salvezza si chiama Europa federale. Ribadiamo almeno un punto. La costruzione di un bilancio federale, ha stimato l’economista francese Jacques Sapir (e sono anche stime ottimistiche rispetto ad altri studi), richiederebbe un trasferimento monetario dalla Germania ai Paesi del Sud superiore ai 200 miliardi di euro l’anno, un 10% del Pil del Paese. Significherebbe la distruzione del tessuto economico tedesco e un suicidio che Angela Merkel e Wolfgang Schauble non permetteranno mai. E’ quindi un’opzione che oltre a non essere efficace, come dimostra ampiamente la storia del nostro Mezzogiorno, non è, e non lo sarà mai, nel fantomatico tavolo delle trattative della zona euro. Se anche lo stesso Juncker, nuovo presidente della Commissione europea e uno dei principali artefici del disastro in corso nel continente, è arrivato a dire di non credere all’Europa federale, Scalfari è oggi più o meno come quei “soldati fantasma giapponesi” che non obbedirono all’ordine di resa imposto dagli Alleati il 2 settembre 1945 e continuarono a combattere per anni in Indocina e Filippine.
Veniamo alla Troika. Dal ‘colpo di Stato‘ del novembre del 2011 che ha portato Mario Monti alla presidenza del Consiglio e che il giornale di Scalfari ha benedetto come il nuovo salvatore della Patria, la Troika è già presente in Italia. Ragioniamo un momento su che cosa è la Troika. Sono dei burocrati del Fondo Monetario Internazionale, della Commissione europea e della Banca centrale europea che si sostituiscono ai governi, dettando un’agenda politica molto chiara: austerità, privatizzazioni selvagge e macelleria sociale per avere manodopera a basso costo da sfruttare per quei grandi complessi industriali di cui fanno gli interessi.
Quest’agenda da Mario Monti a Renzi è già in vigore nel nostro Paese, senza che ci sia stato il bisogno delle visite abituali o dei rapporti di controllo come è avvenuto in Grecia, Irlanda, Cipro, Spagna e Portogallo. E’ bastata la zelante sottomissione del governo.
Con il 43,7% dei giovani che non ha lavoro, con il debito italiano arrivato al 135.6% del Pil – vale a dire un punto molto vicino alla rottura per un paese che è costretto a indebitarsi con una moneta straniera – e con una situazione di deflazione che rende completamente inutili austerità e surplus di bilancio (la traiettoria è cresciuta del 5,4% nell’ultimo anno, nonostante l’austerità e i surplus di bilancio), la Troika, silenziosamente, in Italia c’è già. Con la Cassa depositi e prestiti Spa che, per citare solo l’ultimo esempio, ha ceduto per 2 miliardi di euro in settimana ai cinesi di SGID (State Grid Corporation of China) il 35% del capitale sociale di CDP RETI Spa, con al suo interno Terna e Snam Rete Gas, la Troika nel nostro Paese è già arrivata. E’ già arrivata al punto che Ambrose Evans Pritchard, columist del Telegraph, scrive come l’eurozona si stia rilevando per l’Italia una lenta tortura.
Quando in autunno Renzi dovrà chiedere le ennesime lacrime e sangue, i mandanti – come si auspica Scalfari nel suo tentativo di preparare il terreno della propaganda – arriveranno a concludere il lavoro iniziato così bene dai loro sottoposti e imporranno il cosiddetto “modello Cipro” che tanto piace al FMI, vale a dire intervenire direttamente con il prelievo forzoso sui correntisti. Ma, a quel punto, neanche Scalfari e i giornali del regime potranno più contenere la rabbia popolare.
(Articolo di Paolo Becchi fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/03/crisi-economica-scalfari-e-la-troika-e-vero-amore/)
L’Euroreligione di Eugenio Scalfari
Il fondatore di Repubblica non è, come sostiene nei suoi libri, l’ultimo dei moderni, ma il primo dei neomedievali: come i teologi dei secoli bui affermavano che senza religione l’uomo sarebbe preda del male e la società si disgregherebbe, così Scalfari immagina eventi terrificanti in caso di fuoriuscita dell’Italia dall’euro. Ma questi eventi sono già accaduti e stanno accadendo mentre siamo nell’eurozona.
Eugenio Scalfari ieri su Repubblica:
Se questo [la vittoria di Berlusconi] dovesse accadere crollerebbe in misura catastrofica la credibilità europea e internazionale del nostro Paese; i mercati si scatenerebbero e lo “spread” tornerebbe alle stelle. L’ipotesi di un Berlusconi vincente che riuscisse a “domare” Angela Merkel, cioè la Germania, è puro infantilismo. […] Qualora la Germania non si accucciasse ai piedi del redivivo, il Cavaliere ha già previsto ed ha pubblicamente dichiarato che la lira come ritorsione uscirebbe dall’euro. Forse coloro che abboccando alla demagogia berlusconiana pensano che prima o poi l’asino volerà, non hanno ben chiaro che cosa significa il ritorno alla moneta nazionale: le banche americane e la speculazione giocherebbero a palla con la liretta, roba da emigrazione forzata, ma se il Pd non vincerà è esattamente questo che accadrà.
Al di là delle pur condivisibili critiche a Berlusconi, la cui credibilità è da tempo impalpabile, le affermazioni di Scalfari che meritano particolare attenzione ci sembrano due:
1) le banche americane e la speculazione giocherebbero a palla con la liretta
2) roba da emigrazione forzata
Riguardo la prima affermazione, Scalfari sembra non ricordare che l’Italia è già stata vittima della speculazione, a partire dalla metà del 2011. E lo è stata, insieme a Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, proprio in quanto membro “debole” dell’eurozona, cioè un paese che, presentando saldi negativi con l’estero – in particolare con la Germania -, può avere vantaggi a ritornare alla sua sovranità monetaria, riconquistando il tasso di cambio come strumento per gli aggiustamenti di competitività. La speculazione, in altri termini, ha fatto leva sul pericolo (percepito) che l’Italia potesse uscire dall’euro prima che essa lo facesse concretamente. O, se vogliamo metterla in altri termini, gli investitori hanno chiesto all’Italia tassi più elevati per proteggersi da un eventuale rischio di cambio. Non ha quindi molto senso sostenere che la speculazione scatterebbe con l’uscita dell’Italia dalla moneta unica e che quindi i mercati “giocherebbero a palla con la liretta”. Al limite si può sostenere che giocherebbero a palla con i titoli di stato prima dell’uscita dall’eurozona e in vista di questa. Ma è tutt’altra faccenda, evidentemente.
Di più: la speculazione ha potuto agire perché, a differenza dei paesi non-euro, i PIIGS non hanno una banca centrale in grado di proteggere i titoli di stato. E la speculazione è cessata proprio quando la BCE ha fatto intendere che nonostante i limiti dello statuto e dei trattati, avrebbe fatto “qualsiasi cosa fosse necessaria” per difendere la moneta unica. E nonostante questo, paesi come la Spagna ancora soffrono di tassi notevolmente superiori a quelli tedeschi ed anche l’Italia paga ben due punti e mezzo in più della Germania.
Se le cose stessero nei termini sostenuti da Scalfari, perché i mercati hanno “giocato a palla” con l’euro e con i nostri titoli di debito pubblico mentre nessuno “gioca a palla” con la corona svedese, il lita lituano, il lats lettone, lo zloti polacco, la corona danese, la sterlina britannica, la corona ceca, il leu romeno e il fiorino ungherese?
Forse, su questo dovrebbe riflettere l’autore dell’articolo, perché tutti questi paesi, pur facendo parte dell’Unione Europea, hanno la propria moneta e i propri titoli di stato garantiti dalle rispettive banche centrali.
Del resto Scalfari dovrebbe ricordare che nel 1992 l’Italia fu costretta, proprio dalla speculazione, ad uscire dal Sistema Monetario Europeo, l’antenato dell’euro. La speculazione non colpì solo la “liretta”, ma anche la ben più solida sterlina britannica, che abbandonò lo SME insieme alla lira. Fu proprio l’appartenenza ad un sistema di cambi fissi privo di meccanismi di protezione che rese possibile e fruttuosa la speculazione.
Riguardo la seconda affermazione, circa “l’emigrazione forzata”, Scalfari deve aver letto poco di teoria delle aree valutarie ottimali, cioè proprio la teoria sulla quale (alcuni dicono in spregio alla quale, ma non siamo d’accordo) è stato costruito l’euro (basti ricordare che Robert Mundell, fondatore della teoria della AVO, è anche il”padre dell’euro”). Se avesse letto qualcosa a riguardo saprebbe che una delle condizioni richieste per riequilibrare gli squilibri tra sottoaree è la “mobilità del lavoro”, che, in termini meno tecnici, vuol dire appunto emigrazione.
E, ancora, forse varrebbe la pena leggere qualcosa circa l’Irlanda, paese euro dal quale sono già emigrate centinaia di migliaia di persone a causa della crisi economica.
Sia chiaro: l’uscita “unilaterale” dell’Italia dall’euro avrebbe effetti molto pesanti non solo sul nostro paese, ma sull’intera eurozona. Tuttavia non si possono trattare questi argomenti con toni “terroristici”, senza valutare i costi concreti dell’attuale situazione da un lato e i benefici dell’uscita dall’altro e soprattutto senza prendere in considerazione l’uso della minaccia di uscita per ottenere quelle riforme necessarie a superare i problemi strutturali dell’euro, di cui abbiamo ampiamente parlato su questo blog.
La discussione non può quindi essere preconcetta e falsata da palesi distorsioni dei fatti. Spiace constatarlo, ma il fondatore di Repubblica non è, come sostiene nei suoi libri, l’ultimo dei moderni, ma il primo dei neomedievali: come i teologi dei secoli bui, mentre cristiani e musulmani si trucidavano, affermavano che senza religione l’uomo sarebbe preda del male, così Scalfari immagina eventi terrificanti in caso di uscita dall’euro, senza accorgersi che questi eventi sono già accaduti e stanno accadendo mentre siamo nell’eurozona.
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