Ministero della Disinformazione
di Enrico Carotenuto
Da piccolo credevo di vivere in una società libera. Certo, non perfetta, anzi, assolutamente imperfetta, ma fondamentalmente libera. Il mondo era diviso in due: da una parte quelli che volevano la libertà per tutti, e dall’altra un monolite dittatoriale che impediva ai propri cittadini persino di andare dove volevano. La scelta sembrava piuttosto facile.
Poi, crescendo, il monolite si è sgretolato, quei cittadini oppressi sono diventati liberi di andare dove vogliono, e io, come miliardi di altre persone, ho pensato che fosse l’alba di un mondo migliore.
Da quel giorno in poi, ho visto molte più guerre. Tutte, o quasi, fatte proprio da quei guerrieri che si riempivano la bocca con la parola “libertà”. Guerre che avevano l’unico scopo di depredare, e di mantenere ferite aperte, per controllare con la paura e con gli apparati militari, gli stessi cittadini dei paesi liberi.
Nel frattempo ho visto anche un fulmineo accentramento delle ricchezze in mano a poche persone, e la classe media diventare povera per via delle decisioni di queste persone.
Mentre succedevano queste cose, mi sono accorto che i media non dicevano la verità: al massimo ne dicevano una parte, o si concentravano sulla pagliuzza, invece che sulla trave. Quando una guerra atroce veniva studiata ed eseguita dai “liberi”, allora era sempre una cosa buona, e se non proprio buona, era giustificata dal fatto che gli altri, quelli che venivano massacrati, erano veramente dei cattivoni. E allora, a queste guerre, si univa spesso anche il mio paese, che per fortuna è “libero” pure quello. Quando le guerre erano fatte da questi, non si parlava molto delle vite stroncate, del dolore creato, delle città e delle famiglie distrutte. Si parlava di bombe intelligenti, di cattivoni levati di mezzo, e di quei pochi eroi caduti. Nel mio paese si parlava dei nostri pochi caduti, negli altri paesi “liberi” si faceva altrettanto.
Allo stesso modo, quando guardavo il telegiornale, qualsiasi telegiornale, si parlava sempre del problema dell’impoverimento delle persone comuni, si vedevano tante cifre in negativo, ma non si parlava mai del perchè. O meglio: si parlava anche qui della pagliuzza, ma mai della trave da 100 tonnellate.
All’inizio ho anche pensato di essere io quello che non capiva bene. Ho pensato che forse le pagliuzze erano veramente importanti, visto che ne parlavano tutti.
Allora per anni ho guardato attentamente le tribune politiche, gli scontri televisivi, gli articoli economici e di politica interna ed estera: prima o poi lo dovrò capire dove sta questo bandolo della matassa, mi dicevo.
E infatti, alla fine, ci sono arrivato.
Ma non ci sono arrivato guardando il telegiornale. O meglio: solo in parte a causa del telegiornale.
Mi sono reso conto che la vittoria dei “liberi”, quella grossa, contro i tiranni comunisti, era una sacrosanta balla.
Perchè?
Perchè le stesse debolezze umane che avevano trasformato un sogno utopico in una dittatura feroce sono le stesse all’opera nel sistema “libero”.
E infatti, vivo un mondo dove in pochisimi decidono chi produce cosa (almeno su scala rilevante), chi lavora e chi no, chi paga i debiti e chi deve andare in guerra o in galera. E invece di una Pravda sola, ne ho migliaia, che dicono tutte la stessa cosa, nello stesso modo, con la stessa impaginazione. L’unica differenza, a volte, è la pagliuzza con cui se la prendono.
Ci sono, è vero, delle differenze di forma tra la dittatura dei “liberi” e la dittatura comunista, o nazista. Io posso viaggiare dove voglio, e posso accedere a qualsiasi contenuto della rete. Ma è solo perchè il consenso viene mantenuto da forme più subdole di manipolazione. Le forme palesi e brutali di un tempo non funzionano più, ed è questo l’unico vero motivo per cui è crollata l’Unione Sovietica.
Ciò non toglie che il mondo che vivo ora, nell’essenza, è permeato della stessa egregora imperiale.
Uno dei tasselli finali a questa mia comprensione, è stato la lettura di un saggio storico di Tom Holland, che purtroppo non ho trovato in italiano. Il libro si chiama “Rubicon: The last years of the Roman Republic” (Rubicone: Gli ultimi anni della Repubblica Romana).
Questo libro presenta un resoconto molto interessante della scena politica della Repubblica Romana, che mostra chiare similitudini con l’assetto del mondo odierno. Non solo per la posizione dominante di una potenza, ma anche e sopratutto per l’utilizzo determinante della manipolazione della plebe nel gioco del potere. I cui veri giocatori sono sempre pochi, molto pochi.
In questi giorni di terrore e dolore in Ucraina (ma anche in altre parti del mondo) leggo titoli sulla “violazione” territoriale fatta dai russi. Leggo di Europa indignata, di Stati Uniti che denunciano violazioni all’ONU, eccetera. Ma non ho visto un giornale scrivere chi sono i “rivoluzionari” ucraini. Così come non scrivevano chi erano quelli siriani. E soprattutto non ho visto nessun organo dei mass media fare il minimo accenno al fatto che gli Stati Uniti e l’Europa, vista la storia degli ultimi vent’anni (ma anche quella precedente) sono gli ultimi al mondo a poter denunciare un’invasione.
Ecco, ad esempio, la lista degli interventi militari statunitensi degli ultimi cent’anni. Questa invece, è quella degli interventi militari NATO. Possibile che non ci sia un giornalista, uno solo, che sia andato su wikipedia a vedere questa cosetta, e non l’abbia sbattuta in prima pagina con titolo: “Obama, Europa, Nato, state zitti che fate una figura migliore!”?
Se non c’è, è perchè l’informazione “mainstream” è diventata la chiave principale del potere, in pratica non differente negli scopi, e spesso neanche nei modi, dal ministero della propaganda di Goebbels o dalla Pravda staliniana. Potremmo chiamarlo il Ministero della Disinformazione.
Per quanto sia deprimente dover constatare che il mondo, essenzialmente, vada avanti nello stesso modo da migliaia di anni, occorre però ricordarsi che molto è cambiato, e molto può cambiare. Ciò che è cambiato è stato semplicemente in funzione della crescita delle coscienze. In special modo negli ultimi cinquant’anni, il controllo sulle masse è passato dall’uso esplicito della violenza a forme manipolatorie subdole. Significa che chi vuole esercitare il potere nel solito modo deve nascondersi sempre di più, e deve spendere sempre più risorse per gabbare e distrarre un pubblico man mano sempre più attento. La strada è ancora lunghisssima, ma non dobbiamo scoraggiarci. L’importante è lavorare su se stessi e con/per gli altri, nel nostro piccolo, ovunque ci troviamo. Ogni scintilla di coscienza in più, è una fetta di potere in meno per chi ci controlla. Buon lavoro!
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