Ma Io sono proprio Charlie?

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Ma Io sono proprio Charlie?

di Fausto Carotenuto

Manifestazioni antioccidentali con milioni di persone in moltissime città islamiche. Urla, slogan, discorsi infuocati, grandi onde emotive, rabbia, odio.

E invece della scritta “Je suis Charlie”, tutti con un cartello con scritto, in varie lingue “Io sono il Profeta Maometto”.

Le enormi manifestazioni di odio antioccidentale sono state provocate dalla reiterazione delle vignette satiriche su Maometto sul numero di Charlie Hebdo, uscito in milioni di copie dopo la strage.

La coraggiosa riaffermazione del diritto alla libertà di satira ha provocato ondate di commozione, di odio, di risentimento offeso.

Di questo saranno contenti quei poteri di manipolazione che hanno organizzato sia il terrorismo islamico che l’interventismo militare occidentale per creare ed alimentare il grande conflitto mondiale Islam-Occidente. Utile per continuare a tenerci in continua emergenza e sotto il loro controllo.

Ma, oltre a considerare la vicenda in relazione alla evidente manipolazione da parte dei gruppi trasnazionali di controllo del Mondo, cerchiamo di capire cosa sta avvenendo dal punto di vista della psiche, dell’anima della gente. Dal punto di vista etico.

La totale libertà di espressione va garantita a tutti. E’ una libertà civile fondamentale. E nessuno può esercitare la violenza, può uccidere, per spegnere una voce libera che si esprime.

Ma godere di questa libertà comporta in chi la esercita delle precise e forti responsabilità. La propria parola, la propria penna o la propria matita possono fare male a qualcuno. Possono agitare i suoi sentimenti, possono sviluppare odio, possono abbassare la sua qualità psichica, possono indurlo alla violenza. Possono finire per essere inconsapevolmente al servizio di poteri che vogliono suscitare odio, paura, terrore e guerra.

Pensare che dire o scrivere qualsiasi cosa sia giusto perché esprime la mia libertà incontenibile non è sufficiente per una coscienza matura. Una coscienza matura deve sempre domandarsi quali sono gli effetti di una qualsiasi sua azione. Se non sa quali sono gli effetti o non se lo vuole chiedere, o se ne disinteressa perché sono problemi degli altri, rivela che non è veramente libera. E’ libero di agire solamente chi agisce conoscendo gli effetti della sua azione e dopo aver consapevolmente deciso che quegli effetti sono positivi. Per il bene di tutti.

Non basta che io definisca come Bene solo la mia libertà di espressione. Il Bene che io produco con le mie azioni è vero, amoroso, etico, solo se riguarda tutti, e non solo me ed un gruppetto che mi apprezza per quello che faccio.

Questo significa che se io ho una Verità da comunicare non lo devo fare? Mi devo frenare se qualcuno si offende? Devo sacrificare la Verità?

No, non devo sacrificare la Verità, ma ho la responsabilità dei modi con i quali la comunico. Ho la responsabilità dell’impatto che questi modi provocano sugli altri. Ammesso che io abbia capito quale sia la Verità, devo pormi anche il problema di comunicarla in modo da non creare chiusura, odio, rancore, violenza. Ma una qualche comprensione, una qualche accettazione del mio messaggio che vada nella direzione dell’affermazione della Verità.

Proprio per fare un servizio a quella che io considero Verità; che altrimenti sarà solo uno strumento di guerra.

Anche nelle relazioni umane interpersonali, se io penso di avere ragione devo essere libero di esprimermi, ma devo anche sapere che è inutile che io tutti giorni dica una certa verità a qualcuno se il modo nel quale la comunico non la rende comprensibile e offende l’altro. Devo trovare altri modi.

A che serve una presunta verità che crea odio?

“Est Modus in Rebus” avrebbero detto i latini. E gli illuminati moderni direbbero: “Non importa tanto cosa dici e cosa fai, ma come lo dici e come lo fai”. In modo amoroso e rivolto al bene di tutti, o come strumento di divisione?

Ma torniamo al caso Charlie.

E’ chiaro che per un occidentale vedere le vignette di Charlie Hebdo sul Profeta non è un problema. Ma è anche di totale evidenza che per le masse islamiche – centinaia di milioni di persone che vivono spesso in una cultura abbondantemente pre-illuministica – quelle vignette hanno tutt’altro effetto.

Hanno l’effetto di colpire nel profondo, nell’intimità del loro modo vivere la loro religione fin da bambini. Nelle manifestazioni c’erano donne che piangevano addolorate, e non erano mica terroriste psicopatiche e sanguinarie. Era gente normale, perbene, cresciuta nell’Islam, che deve pur avere il diritto di non essere offesa nel proprio intimo sentimento del sacro.

Nella maggior parte dell’occidente, che ha vissuto la cultura illuminista e materialista, fare una analoga vignetta su Gesù o sul Papa genera qualche sorrisetto e al massimo disapprovazione, ma non un risentimento così profondo e radicale come nell’Islam. Qualche secolo fa avrebbe prodotto il rogo o un linciaggio.

Si poteva certamente fare satira stando attenti a non offendere questi sentimenti. C’era proprio bisogno di ridicolizzare Maometto? Non potevano farne a meno, non potevano trovare altri modi, magari più raffinati, meno acidi, meno aggressivi, meno ridicolizzanti, meno offensivi, di portare un messaggio di critica politica e culturale a certe reali incongruenze dell’Islam?

Certamente.

E’ giusto che li abbiano massacrati per questo? Certamente no. E’ giusta la reazione violenta dei terroristi islamici? Certamente no.

Ma era giusto il loro modo di fare satira viste le conseguenze che ancora sta creando in centinaia di milioni di brave persone di religione islamica, spinte nelle mani dei violenti e dei terroristi e delle strategie oscure dei poteri di manipolazione?

Certamente NO.

Compassione per loro certo, ma non si può approvare questo modo esteriormente libero, ma interiormente condizionato ed irresponsabile di adoperale la matita. E che finisce per essere, così come il terrore islamico, al servizio dei poteri di controllo del mondo. L’azione esteriormente libera comporta sempre una responsabilità interiore della nostra coscienza, altrimenti non è veramente libera.

No, Je ne suis pas Charlie.

Non sono Charlie. La legge morale dentro di me lo impedisce. La Liberté senza Fraternité è un ideale monco e dannoso. E non sono nemmeno Maometto, ovviamente, e nessuna delle etichette divisive che vogliono affibbiarci.

Cerchiamo di coltivare la Verità congiunta all’Amore nel massimo di Armonia possibile tra gli esseri umani.

Ogni giorno qualcuno vuole dividerci e metterci l’uno contro l’altro: non lasciamoglielo fare.

fratellanza

 

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