La teoria svedese dell’amore: Un Credo per l’individualità che rende infelici
Paola Lo Sciuto
La teoria svedese dell’amore (The Swedish Theory of Love) è un film documentario del 2015 diretto da Erik Gandini, oggi distribuito nei cinema e trasmesso dalla Rai nel luglio del 2016.
Il documentario di cui parliamo, da non perdere, ci mostra lo status della società svedese, oggi all’apice di un diktat progressista. Racconta come, a partire dai primi anni settanta le politiche socialiste svedesi inaugurarono un modus operandi concreto per lo stato e i cittadini. L’imperativo, al limite dell’autoritarismo, dichiarava che tutti gli individui di una collettività evoluta dovevano rendersi indipendenti gli uni dagli altri. Ciò avrebbe permesso alla gente di abbandonare gli antiquati schemi di rapporti tra le persone che nella dipendenza economica delle relazioni di coppia e in quelle familiari, non potevano essere libere di decidere per sé e sviluppare la propria autonomia e individualità.
Oggi, Il sistema sociale svedese super efficiente, ricco di un benessere economico diffuso, è protetto in ogni suo aspetto dallo stato. La società è oggi composta da individui che vivono in piena autonomia. Ma dopo quattro decenni in cui si è realizzata l’indipendenza economica individuale ci si può accorgere che qualcosa forse non ha funzionato.
Il documentario è scioccante, è come fosse un esperimento antropologico in cui le contro indicazioni venute a galla, sono paradossali. L’inquietudine fa sorgere la questione che se la società svedese è la capofila della concretizzazione del pensiero della nostra modernità tecnologica occidentale, allora può rappresentare anche il nostro drammatico futuro.
Nel documentario scorrono immagini di una società di individui indipendenti, individui che nello sviluppo del proprio egoismo diventano pigri e tristi nell’anima. Si mostra come ad esempio le giovani donne desiderose di maternità non sono minimamente motivate ad avere dei rapporti con l’altro sesso. Tramite una banca, il seme congelato che si ordina su internet e richiesto autonomamente dalle donne, può essere utilizzato per inseminarsi da sole, evitandosi la fatica di una relazione, di un rapporto sessuale e di doversi occupare otre che del figlio anche del padre del bambino.
In Svezia, come racconta il documentario, la relazione con l’altro è una fatica, e si evita accuratamente di avere relazioni di qualsiasi tipo. Le relazioni tra figli e genitori, cugini, parenti vicini e lontani, tra amici. Ognuno sta per sé in piena autonomia, non rischiando nulla, protetti dal vetro di un’interfaccia collegata ad internet. Nel documentario, Il novantenne sociologo polacco Zygmunt Bauman, sostiene come: “Oggi viviamo due livelli di vita differenti on line e off line. Connessi o non connessi. La vita on line è in gran parte priva di rischi, i rischi della vita. È molto semplice farsi degli amici in rete, non percepisci davvero la tua solitudine”.
Ogni tanto però, dietro le porte chiuse degli appartamenti razionalisti, dentro infinite teorie di blocchi di cemento e case a schiera, qualcuno muore, e il cattivo odore spinge a fatica, anche dopo mesi o anni, qualche vicino di casa, a chiamare l’ufficio statale che si occupa della gente scomparsa senza che nessuno se ne accorga. Questo è possibile grazie ad un sistema automatizzato dei pagamenti, in cui gli utili derivanti da una pensione o da altri redditi, regolano tutte le spese attraverso le domiciliazioni bancarie. Non ci sarà mai un figlio o un parente anche lontano che ti verrà a cercare o a trovare. Nessuno si accorgerà più della tua “non esistenza in vita” perché tutto avviene attraverso un ufficio e internet.
“A volte mi chiedo perché siamo cosi infelici con tutta questa abbondanza, tutti seguono la propria strada non c’è nulla che ci tenga uniti, se una persona si ammala e invecchia o semplicemente non ce la fa da solo, gli aiuti arrivano solo tramite i canali statali, non puoi piangere sulla spalla di qualcuno, devi fare una richiesta scritta, e inviarla via mail“. Così dichiara un ufficiale giudiziario che si occupa di trovare le tracce all’interno degli appartamenti di chi muore da solo.
Lo straordinario documentario pone una questione tragica e fondamentale per l’uomo “transumano”. Il progresso tecnologico, il benessere, e lo sviluppo della propria individualità avrebbe lo scopo di toglierci la fatica di dover passare il tempo ad esaudire i bisogni primari, come sono costretti a fare in africa, nei così detti paesi poveri non “civilizzati” in cui ci si deve occupare della salute, di trovare un riparo, dell’acqua pulita.
Ma la società svedese di oggi, ci dimostra che se non si hanno difficoltà, l’uomo non è stimolato ad evolversi in nessun modo, specialmente se, in uno schema di valori, si mette al primo posto la preoccupazione per sé stessi, la propria carriera, e la realizzazione personale.
“La sicurezza ci rende infelici” dichiara Zygmunt Bauam.”Un paese senza fame senza povertà, senza persone, senza problemi, è un paese infelice. Non è vero che la felicità significhi una vita senza problemi,
La vita felice viene dal superamento dei problemi, dal risolvere le sfide, bisogna affrontare le sfide, fare del proprio meglio, sforzarsi. La felicità si raggiunge quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato. Si tratta dalla gioia derivante dal superamento delle difficoltà dalla lotta contro i problemi che vengono affrontati di petto e superati, e invece ci si sente persi se aumentano.”
Il sociologo, continua il suo intervento dicendo:” (…) abbiamo tutto, tutto ciò che ci serve per evitare la fame, la povertà ma ciò che non abbiamo, quello che lo stato non può fornirci, è lo stare insieme agli altri. Stare con altre persone, far parte di un gruppo, le persone che sono abituate ad essere indipendenti hanno la difficoltà ad accettare la convivenza con altra gente. Siamo come privati della capacità di socializzare. Socializzare è molto stancante, ci vogliono molti sforzi, ci vuole attenzione, bisogna negoziare, rinegoziare, ridiscutere, concordare, ricreare. L’indipendenza ti priva delle capacità di fare tutto questo“.
Una visione approfondita e cosciente della vita, ci spinge alla comprensione che è l’esperienza dei rapporti con i nostri simili a farci evolvere, è l’imparare ad amare dopo aver superato le forze contrarie, che ci rende felici. Il cammino dell’esperienza del cuore ci viene posto pieno di difficoltà dal flusso degli eventi che ci viene incontro, come fossimo salmoni che risalgono la corrente, funzionale questo allo sviluppo di forze che ci permettono di acquisire delle qualità nuove, nuove forze creative consapevoli e piene di amore. Senza contatto, senza rischio di nessuna relazione, l’uomo diventa pigro, egoista, il suo cuore si contrae, si gonfia di paura, si indebolisce e si ammala venendo meno l’autentico scopo della vita.
Diciamo che il paradosso della modernità è che l’autentica evoluzione dell’uomo passa per l’acquisizione della consapevolezza di essere uomo e delle proprie forze del cuore, non per le sue capacità di fare uso della tecnologia che gli rendono “comoda” la vita.
L’enorme forma-pensiero che domina la corsa alla modernità vuole toglierci l’umanità poiché ha il compito plausibilmente di contrastare l’autentica evoluzione umana probabilmente per renderla più cosciente attraverso i disastri delle conseguenze. La tecnologia e il benessere “sembrano” far progredire l’uomo solo in apparenza, poiché invece rimane in un limbo di promesse di una felicità illusoria mai raggiungibile. Solo il corretto uso della tecnologia ci può far guadagnare il tempo per stare insieme agli altri, e non sottrarlo, permetterci di avere relazioni autentiche ed esperienze autentiche per acquisire capacità di amare e per essere felici in modo autentico, questo costa uno sforzo.
Lo sviluppo umano è legato alla consapevolezza di essere e rimanere profondamente umani e di far crescere le proprie qualità, i propri talenti e le capacità umane di amore cosciente.
Forse è per questo che una piccola comunità in una foresta in Svezia alcuni giovani oggi ritrovano la comunicazione vera con i propri simili, Le parole commoventi di una giovane ragazza dagli occhi chiari e sorridenti testimoniano come è uscita dalla depressione: “(…) la vicinanza fisica tra gli elementi della comunità ci permette di sostenerci gli uni con gli altri, ha permesso di creare l’amore, di sperimentare l’amore, noi vogliamo amare e questa esperienza mi ha reso felice“.