LA DANZA DI ADAMO
di Claudio Tomaello
Lo conobbi molti anni fa. Passava con il suo carrettino di paese in paese.
“Arriva il danzatore di storie!”, urlavano i bambini che gli correvano incontro circondandolo. Non faceva in tempo ad appoggiare il sacco che già dalla sua bocca usciva l’inizio della prima storia.
Le parole si rincorrevano a formare frasi, le frasi si divertivano a tracciare immagini e quelle immagini erano il vestito perfetto per i nostri sogni che, nudi e infreddoliti, non avevano ancora avuto il coraggio di uscire allo scoperto.
Poteva continuare per ore, raccontando le sue storie antiche e sempre nuove, prima ai bambini e poi, verso sera, agli adulti che rincasavano dal lavoro.
Non restava mai più di due giorni e il dolore per la sua partenza era mitigato solo in parte dall’attesa per il suo nuovo ritorno.
Un anno mi feci coraggio e glielo chiesi: “Qual è il segreto del tuo raccontare?”
“Solo chi narra lo può conoscere”, rispose.
Decisi che ci avrei provato. E così iniziai, come meglio mi veniva; dopo un po’ di tempo raccontavo storie a tutti, alle persone come agli alberi.
Da allora, ogni volta che lo vedevo arrivare, gli parlavo delle mie esperienze – come di quella volta in cui riuscii in pochi minuti a far addormentare l’intera platea! – e ascoltavo le sue. Piano piano imparai che la voce serve a far risaltare il Silenzio, che le storie vere sono merce rara da custodire con cura, che la miglior custodia è l’ascolto e i racconti più belli sono quelli che vivi.
L’ultima volta che lo vidi, il danzatore di storie era ricco di anni.
Verso l’ora del tramonto, mi prese accanto a sé, allungandomi un vecchio libro: “Qui dentro c’è il mio segreto”.
Lo aprii con tremore.
Era pieno di lettere strane.
Alla mia perplessità il danzatore portò incontro il suo sorriso: “E’ il libro più antico del mondo!”. Tra le mie mani – mi spiegò – stavo tenendo una copia della Bibbia scritta in lingua originale.
“Ci sono tante storie in questo libro, ma questo lo sai già. Ciò che forse non conosci è che ci sono molti racconti anche in ogni sua singola parola. Le lettere ebraiche, infatti, sono delle danzatrici e, con la loro energia e il loro movimento, raccontano ad ognuno storie uniche e preziose”.
Poi si sporse verso di me, aggiungendo: “E, se le ascolti bene, queste lettere ti possono mostrare quali sono gli ingredienti indispensabili per una buona storia”.
Fu allora che mi mostrò la danza di Adamo.
אָדָם
“Adamo non è un uomo vissuto tanti anni fa, è l’essere umano, ognuno di noi. Al centro del termine Adamo c’è una lettera che simboleggia una porta. Immaginala come preferisci, questa porta: può essere alta o bassa, piccola o grande, nuova o antica, ma solo di lì puoi passare. Con te hai ciò che compone il nome Adamo, ovvero il tuo sangue, i tuoi desideri e il riflesso della Luce Divina che alberga in te.
Cosa fai di fronte a questa porta? La apri o no?
Tutte le grandi storie parlano di questo”.
A questo punto egli si fermò, lo sguardo perso nel vuoto.
“Cosa c’è oltre quella porta?”, gli chiesi dopo diversi minuti di silenzio.
“Non lo so, figliuolo, altre porte, credo”.
“Ma allora a cosa serve tutto questo?”
Egli si accucciò e con l’indice scrisse sulla terra le lettere della parola Adamo. “Vedi? Se apri la porta che c’è in questo nome – e cancellò la lettera centrale – ti restano le altre due lettere, che insieme compongono la parola madre. Ogni uomo è madre. Ogni volta che passi una soglia diventi sempre più capace di creare, dando alla luce ogni volta nuove parti di te stesso”.
Quella sera segnò per me l’inizio delle danze. Da allora ho avuto la grazia di vederne molte altre, anche nella parola Adamo, ma questa è un’altra storia.
Per informazioni su Claudio Tomaello, ecco il link al suo sito: www.claudiotomaello.com