L’Italia e i diritti umani
Articolo di Solange Manfredi
apparso sulla rivista Diritto, Politica & Società dell’Accademia del diritto di Coscienze in rete.
Tutte le società umane
sono in ogni tempo ben più interessate
all’apprendimento di tecniche per non vedere,
per ignorare, per volgere gli occhi altrove,
piuttosto che di strumenti volti ad affinare lo sguardo,
ad accrescere la vigilanza
e ad amare la verità[1]
Legato al Male è chiunque abbia visto e non abbia agito,
chiunque abbia distolto lo sguardo,
perché non voleva vedere, sebbene avesse potuto farlo,
ma colpevoli sono stati anche tutti coloro che
non avevano occhi capaci di vedere[2]
Con questa serie di articoli del primo numero della rivista dell’Accademia ci vogliamo concentrare su alcune delle principali criticità presenti in ambito costituzionale, giurisdizionale, istituzionale e legislativo.
Cercheremo di farlo utilizzando il più possibile un linguaggio comprensibile a tutti, cercando cioè di evitare il c.d. “giuridichese stretto” che rende, ai non esperti del settore, difficilmente comprensibile la materia trattata. La rivista, infatti, non vuole essere indirizzata solo ai giuristi perché riteniamo estremamente importante che il diritto sia accessibile, in tutte le sue sfaccettature, ad un pubblico ampio, ovvero alla società civile.
Premessa.
L’Italia è una Repubblica democratica.
Fondamento perché uno stato possa considerarsi democratico è la tutela dei diritti umani del singolo individuo prevista a livello internazionale[3], europeo[4] e nazionale[5].
La storia insegna come la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo non sia mai stata, né mai sarà, una priorità dei governi, e le conquiste nel campo dei diritti umani siano avvenute o perché strumentali ad altri interessi[6] o perché sollecitate dal singolo[7], da ONG o dalla società civile, che hanno operato una pressione tale che i vari governi, per continuare ad avere il consenso e mantenere il potere, hanno dovuto approvare determinate leggi, anche se, poi, hanno cercando, comunque, di renderle inefficaci nella pratica: “la loro tattica consiste nel cercare di indebolire quelle normative, togliendo loro incisività o procurando di incuneare in esse utili scappatoie[8]”.
Conseguentemente non deve neanche sorprendere che nei paesi ove tali violazioni vengono compiute i governi operino per impedire che queste vengano scoperte e i responsabili condannati dal momento che, come nel caso della tortura questa “oggi è praticata quasi esclusivamente su istigazione o con l’avvallo dei governi[9]”.
Ciò che deve “far tremare le vene ai polsi” è, invece, quando coloro che sono chiamati a controllare che queste norme imperative in ambito nazionale ed internazionale vengano rispettate abdichino al loro compito o si pronuncino seguendo un iter logico giuridico che è difficile condividere.
Sequestro a scopo di tortura di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar.
Il fatto.
Il 17 febbraio 2003 l’ex Imam di Milano Abu Omar viene prelevato da alcuni uomini in pieno giorno nel centro di Milano. La moglie denuncia il fatto alla Procura della Repubblica di Milano ed iniziano le indagini.
Nel giro di pochi giorni le false informative giungono numerose. La prima è quella dei ROS, che in una nota segnalano come Abu Omar si sia allontanato volontariamente portando con sé documenti e passaporto. Ancora qualche giorno ed ecco che la CIA invia una nota alla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, in cui è scritto che Abu Omar si sarebbe trasferito volontariamente in una non precisata località dei Balcani[10]
Quindi è il momento del direttore del SISMI, Nicolò Pollari, che comunica al Parlamento Europeo di aver saputo da un informatore privato che Abu Omar si sarebbe allontanato volontariamente con agenti della CIA[11].
Fortunatamente la Procura non archivia e nel corso di perquisizioni e sequestri – una delle quali operata il presso una sede dei servizi segreti- acquisisce alcuni atti senza che venga opposto alcun segreto di stato. Le indagini portano la Procura di Milano a scoprire che l’ex Imam è stato rapito il 17 febbraio 2003 nel centro di Milano da uomini della CIA e del SISMI, quindi trasferito nella base militare di Aviano, e qui imbarcato su un volo diretto in Egitto, dove per mesi è stato interrogato e torturato in una prigione del Cairo.
I magistrati convocano, quindi, il direttore del SISMI per interrogarlo.
Alle domande dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato[12].
Alle domande dei magistrati il generale Pollari non risponde, sostenendo di essere vincolato dal segreto di Stato[12].
La Procura di Milano chiede, quindi, di poter ottenere i documenti in possesso del Governo inerenti al sequestro di Abu Omar, ma le viene opposto il segreto di Stato e, qualche mese dopo il segreto viene opposto anche su alcuni dei documenti precedentemente sequestrati dagli inquirenti.
La Procura non si perde d’animo e, nonostante i depistaggi, le apposizioni del segreto di stato e gli attacchi del mondo politico e della stampa[13], prosegue le indagini, riesce ad ottenere prove del sequestro facendo a meno dei documenti secretati e rinvia a giudizio agenti del Sismi e della Cia.A questo punto il Governo pone il segreto su altri documenti, precedentemente nonsecretati, e allegati alla richiesta di rinvio a giudizio, cui fa seguire la ulteriore richiesta di invalidare tutte le indagini a quegli atti collegate. Nello specifico il segreto viene opposto non sul fatto reato, ma sui rapporti tra Servizi italiani e stranieri, ancorché esso fosse “in qualche modo collegato o collegabile” con il fatto storico costituito dal sequestro di persona
La Procura della Repubblica di Milano solleva, quindi, conflitto di attribuzione sostenendo, tra le altre cose, ma è questo il punto che analizzeremo:
“…la non opponibilità del segreto di Stato in relazione ai fatti oggetto dell’indagine, attesa «la natura eversiva dell’ordine costituzionale» che li connoterebbe.
A tale categoria, infatti, sarebbero da ricondurre non «i soli fatti politicamente eversivi in senso stretto», ma anche «quei fatti illeciti che contrastino con i “principi supremi” del nostro ordinamento, tra cui le norme costituzionali che garantiscano i diritti inviolabili dell’uomo»: nella specie, ciò sarebbe avvenuto attraverso le c.d. “consegne straordinarie”, vale a dire il sequestro, sul territorio nazionale, di persone da tradurre manu militari in altri Paesi, per essere ivi interrogate con l’uso di violenza fisica o morale che il segreto di stato non può essere posto su tale vicenda perché trattasi di un atto eversivo dell’ordine costituzionale[14]”.
La Presidente del Consiglio dei Ministri si costituisce contestando:
“ …che l’oggetto dell’indagine milanese possa considerarsi «fatto eversivo dell’ordine costituzionale» − identificato in quello «volto al mutamento dell’ordinamento per via rivoluzionaria o comunque violenta» − attesa la contestazione, nel caso di specie, del reato di cui all’art. 605 cod. pen. (Sequestro di persona) e non già quello di cui all’art. 289-bis (Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico)[15]”.
Le consegne straordinarie nelle risoluzioni e sentenze europee
Per meglio comprendere e valutare la decisione della Suprema Corte ricordiamo preliminarmente cosa è previsto in ambito internazionale ed europeo (purtroppo in ambito nazionale tale reato non è neppure previsto) riguardo la tortura.
In ambito internazionale oggi gli Stati riconoscono un insieme di norme che incorporano valori supremi dell’ordinamento giuridico internazionale nel suo complesso e che, quindi, sono inderogabili. Le norme poste a tutela di questi valori fondamentali costituiscono i c.d. jus cogens internazionale (art. 53 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969[16]).
Tra le norme di jus cogens a cui non si può in nessun modo derogare, vi sono le forme più gravi di violazione dei diritti umani: genocidio, schiavitù, tortura, apartheid.
Questo perché è principio universalmente accettato che: Democrazia significa “rispetto della dignità della persona”; tortura significa “umiliazione ed annientamento di quella dignità. La tortura costituisce l’aspetto patologico dell’assenza di democrazia. Essa infatti nasce là dove mancano, o sono indebolite, tutte quelle garanzie istituzionali e processuali che della democrazia sono l’espressione indispensabile[17]”.
In ambito europeo
L’art. 3 della Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani, recita: “Nessuno deve essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani e degradanti” e nelle sue pronunce la Corte europea dei diritti dell’uomo ha costantemente evidenziato come i valori proclamati dalla convenzione siano così importanti da imporre agli stati contraenti di astenersi da qualunque azione che in qualche modo possa contribuire a rendere possibili, anche da parte di stati terzi, possibili violazioni della convenzione[18].
Proprio in ottemperanza a questi principi:
– diverse risoluzioni del Parlamento europeo hanno affermato l’illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” (ovvero quanto successo ad Abu Omar);– La risoluzione 1507/2007 ha stabilito che: Né la sicurezza nazionale, né il segreto di stato possono essere invocati in un così vasto, sistematico modo per proteggere queste operazioni illegali da un energico controllo parlamentare e giudiziario” (punto 12). Anzi, sono necessarie indagini approfondite e urgenti risposte, tanto a livello parlamentare che governativo da parte degli Stati membri (p.13); l’espletamento di indagini su ogni aspetto delle renditions e di altre violazioni analoghe costituisce un impegno per gli Stati membri, per il cui migliore adempimento il Comitato dei Ministri è invitato ad assumere le necessarie iniziative (punto 19 Risoluzione e 4.3 della Raccomandazione)[19];– la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha ribadito che “l’articolo 3, che proibisce in termini assoluti la tortura o le pene o trattamenti inumani e degradanti, sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche. Non prevede limitazioni, e… non subisce alcuna deroga … anche in caso di un pericolo pubblico che minacci la vita della nazione” (sentenza n. 12584/08)
La sentenza 106/2009 della Corte Costituzionale
Nonostante le chiare Risoluzioni appena citate per la Corte Costituzionale il segreto di stato è stato validamente apposto ed opposto per:
“l’impossibilità di ravvisare, nel reato in questione, il contenuto fondamentale del fatto eversivo dell’ordine costituzionale, rappresentato dalla sua necessaria preordinazione a sovvertire l’ordine democratico o le Istituzioni della Repubblica, ovvero a recare offesa al bene primario della personalità internazionale dello Stato… un singolo atto delittuoso, per quanto grave, non è di per sé suscettibile di integrare un fatto eversivo dell’ordine costituzionale, se non è idoneo a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche[20]”.
Secondo la Suprema Corte, poi, la conferma che non si tratti di un atto eversivo risulta:
– dalle determinazioni assunte dalla stessa Procura, la quale ha ritenuto di ravvisare, nella specie, non la sussistenza del reato di cui all’art. 289-bis del codice penale (Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), ma soltanto di quello previsto e punito dall’art. 605 cod. pen. (Sequestro di persona).
– il Giudice del dibattimento, non ha accolto la richiesta del PM di qualificare i reati contestati agli imputati come fatti eversivi dell’ordine costituzionale motivando il diniego con il fatto che non essendo stato apposto ed opposto alcun segreto di Stato l’eventuale declaratoria di eversività dell’ordinamento costituzionale del reato contestato» nulla «toglierebbe o aggiungerebbe alla possibilità di perseguimento del reato in questione».
Ma come risolve la Suprema Corte l’evidente contrasto con quanto statuito in materia in ambito europeo? La Suprema Corte se la “cava” con una mezza paginetta il cui iter logico giuridico, ancora una volta, lascia perplessi. Vediamo.
La Corte afferma che:
“…su un piano generale conviene, innanzitutto, con le risoluzioni del Parlamento Europeo circa la illiceità delle c.d. “consegne straordinarie” perché contrarie alle tradizioni costituzionali e ai principi di diritto degli Stati membri dell’Unione Europea ed integranti specifici reati”.
E, dunque, anche con la risoluzione 1507/2007 in cui si afferma che non è possibile utilizzare il segreto di stato per impedire gli accertamenti giudiziari o parlamentari su questo tipo di violazioni ma, in questo caso ritiene il segreto di stato validamente opposto perché:
“neppure da tali risoluzioni può trarsi la conclusione della riconducibilità del reato costituito dall’ipotizzato sequestro di persona ad un fatto “eversivo dell’ordine costituzionale”, come ipotizzato dalla Procura della Repubblica di Milano”.
Non può trarsi la conclusione? La risoluzione dice che su questo tipo di violazioni il segreto di stato non può essere apposto/opposto, indipendentemente da come le si voglia qualificare, indipendentemente dalla categoria del diritto interno a cui le si voglia ricondurre.
Ma si ritiene errato anche non qualificare tale condotta come atto eversivo dell’ordine democratico. Infatti “l’articolo 3 della Convenzione Europea del 1950 sui diritti umani che proibisce la tortura sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche (sentenza n. 12584/08), ciò significa che porre in essere condotte che violano i valori fondamentali di uno stato democratico significa sovvertire quell’ordine:
Il carattere democratico di uno stato può essere scomposto in una serie di valori fondamentali, innanzitutto quello della dignità della persona. Il segreto di stato non può dunque essere apposto e di conseguenza opposto per tutelare azioni che ledano quei valori … che concorrono a qualificare la repubblica come democratica [21]
Come si ritiene errato anche voler sostenere che non trattasi di reato eversivo perché agli imputati non è stato contestato un reato di eversione:
Il concetto di «fatti eversivi dell’ordine costituzionale» …non identifica – né pretende di identificare – specifiche fattispecie criminose nominativamente individuate da contestare all’imputato… persegue invece… lo scopo di «qualificare», come «fatti eversivi dell’ordine costituzionale», le più varie e disparate fattispecie di reato che in sede interpretativa siano ritenute suscettibili di pregiudicare il nucleo fondamentale dei valori costituzionali (li si chiami principi supremi o non)[22].
Come, infine, non condivisibile appare, nella motivazione della sentenza, considerare rilevante per negare l’eversività che il giudice del dibattimento non abbia accolto la richiesta del PM di qualificare i reati contestati agli imputati come fatti eversivi dell’ordine costituzionale perché che non essendo stato apposto ed opposto alcun segreto di Stato[23]l’eventuale declaratoria di eversività dell’ordinamento costituzionale del reato contestato» nulla «toglierebbe o aggiungerebbe alla possibilità di perseguimento del reato in questione:
Le condotte perpetrate ai danni di Abu Omar sono “in contrasto con i valori fondanti la Repubblica e con gli strumenti internazionali ratificati dall’Italia, come s’è innanzi visto. Di conseguenza mai potrebbe esser apposto (prima ancora che opposto) il segreto a loro tutela e mai un’operazione clandestina di tal genere potrebbe esser legittimamente approvata dall’autorità politica[24].
Tale sentenza, il cui iter logico-giuridico si palesava, per quanto concerne l’effettiva tutela dei diritti umani in Italia, in tutta la sua gravità già al momento della sentenza – con tanto di rifiuto del giudice relatore di redigerla – non ha tardato a confermare le preoccupazioni sollevate da più commentatori.
Infatti, se per un perverso gioco del pregiudizio che rende ciechi, tale sentenza non aveva scosso l’animo dei molti, che non percepivano alcun pericolo nella lesione di un diritto fondamentale di un individuo dal momento che questa veniva attuata nei confronti di un presunto terrorista extracomunitario, questi non hanno dovuto attendere molto per rendersi conto che la decisione della Corte si palesava pericolosa per tutti gli individui.
Ufficio del Sismi deputato a creare dossier illegali.
Il fatto.
La Procura della Repubblica di Milano, scopre che a Roma, in Via Nazionale, il SISMI dispone di un ufficio deputato ai depistaggi, alla creazione di documenti falsi e al condizionamento della stampa, dove ritrova un archivio contenente migliaia di note e dossier illegali su politici, magistrati, giornalisti, personaggi del mondo economico- finanziario, ecc….Responsabile del centro è Pio Pompa, ex dipendente Telecom, in stretto contatto con il direttore del SISMI Nicolò Pollari, a cui invia regolari rapporti[25]
Dalla lettura delle relazioni si evince che il programma prevede di «neutralizzare» e «disarticolare», anche con «eventi traumatici», persone e gruppi indicati come «nemici» non delle istituzioni, ma del presidente del Consiglio allora in carica[26],
Insomma un centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale di controllo ed intimidazione (“al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi d’ufficio in loro danno”) di parte della società civile della nazione considerata di “parte politica avversa”.
Insomma un centro in cui veniva portato avanti un programma illegittimo ed anticostituzionale di controllo ed intimidazione (“al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi d’ufficio in loro danno”) di parte della società civile della nazione considerata di “parte politica avversa”.
Il consiglio Superiore della Magistratura vuole vederci chiaro e chiede, ed ottiene, i dossier custoditi in via Nazionale. La relazione del CSM è durissima e sottolinea come:
– l’acquisizione della documentazione ebbe inizio subito dopo le elezioni politiche del 2001;
– fu disposta perché i magistrati oggetto di attenzione venivano considerati (in ragione dell’attività giudiziaria svolta o delle posizioni assunte nel dibattito politico-culturale) non in sintonia con la nuova maggioranza di centro-destra;
– si svolse in modo continuativo fino al settembre 2003 e in modo saltuario fino al maggio 2006;
– si proponeva di intimidire i magistrati impegnati in delicati processi, con perdita di credibilità e significativi ostacoli all’indipendente ed efficace esercizio della giurisdizione (oltre ai danni, professionali e di immagine, per i singoli);
– poteva contare sull’ausilio di appartenenti all’ordine giudiziario, anche rivestenti «qualificato incarico di supporto governativo».
Ma anche in questo caso l’attività della magistratura viene fermata con l’apposizione ed opposizione del segreto di Stato.
La procura solleva, quindi, conflitto di attribuzioni sostenendo che:
“i fatti contestati agli imputati e cioè la raccolta e l’elaborazione «di informazioni sulle opinioni politiche, i contatti e le iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, giornalisti e parlamentari, nonché sulle attività di associazioni di magistrati, anche europei, e di movimenti sindacali, ritenuti “di parte politica avversa”, al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi d’ufficio in loro danno», con appropriazione di somme, di risorse umane e di materiali del SISMI – costituissero «fatti eversivi dell’ordine costituzionale», i quali «in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato» (art. 39 comma 11 l. n. 124 del 2007; art. 12 l. n. 801 del 1977) …La circostanza risulterebbe tanto più significativa alla luce della disposizione dell’art. 26, comma 1, della stessa legge n. 124 del 2007, in forza della quale la raccolta e il trattamento delle notizie, da parte del Sistema di informazione per la sicurezza, debbono essere finalizzati esclusivamente al perseguimento dei suoi scopi istituzionali … la formazione di dossier su magistrati, funzionari e giornalisti, ove giustificata solo dalle loro (reali o presunte) idee politiche e finalizzata a screditarli, non risponda alle finalità istituzionali dei servizi, ma costituisca, al contrario, una «attività deviata», «ai confini con l’eversione costituzionale».
La Presidente del Consiglio dei ministri:
“… dichiarava di confermare il segreto di Stato tanto in ordine a «modi e forme dirette e indirette di finanziamento per la gestione da parte di Pio Pompa della sede del SISMI di via Nazionale, allorché il Servizio era diretto da Nicolò Pollari»; quanto in relazione a «modi e forme di retribuzione, diretta o indiretta, di Pio Pompa e Jennj Tontodimamma, collaboratori prima e dipendenti poi del SISMI, diretto da Nicolò Pollari». Richiamando la sentenza n. 106 del 2009 di questa Corte, il Presidente del Consiglio rilevava come la conferma del segreto si imponesse per l’«esigenza di tutela degli interna corporis dell’allora SISMI con riferimento al disvelamento di dinamiche interne all’attività del Servizio[27]».
Sentenza n. 40 del 2012
Riprendendo il grave iter argomentativo del precedente arresto, la Corte ha confermato la validità del Segreto apposto ed opposto.
Anche in questo caso la Corte, non tenendo in alcuna considerazione le chiare ed esplicite risoluzioni europee in materia[28], ha motivato che non trattavasi di un fatto eversivo perché agli imputati non erano stati contestati reati eversivi (“non trova riscontro nella formulazione del capo di imputazione”), ma un reato contro la p.a. legato all’indebito utilizzo di risorse pubbliche (peculato), aggravato unicamente dalla finalità di eseguire altri reati (art. 61 n. 2 c.p.):
Deve tuttavia escludersi che, nella fattispecie in esame, possa venire in rilievo la regola secondo la quale «in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti […] eversivi dell’ordine costituzionale»: regola enunciata dall’art. 39, comma 11, della legge n. 124 del 2007, ma che – come ripetutamente sottolineato da questa Corte (sentenza n. 86 del 1977, nonché sentenze n. 106 del 2009 e n. 110 del 1998) – esprime un limite immanente in materia, non potendo il segreto di Stato fungere da ostacolo all’accertamento di fatti volti a minare quegli stessi valori che è destinato a preservare. Affinché divenga operante tale limite non basta, in effetti, che il fatto oggetto di giudizio si ponga «ai confini» dell’eversione costituzionale, ma occorre che li superi. Nel caso di specie, tale evenienza non trova alcun riscontro nella formulazione del capo di imputazione … agli imputati è contestato – con riguardo all’attività in questione – un reato contro la pubblica amministrazione legato all’indebito utilizzo di risorse pubbliche (il peculato), aggravato unicamente dalla finalità di eseguire altri reati (art. 61, numero 2, cod. pen.) e non anche dalla finalità di eversione dell’ordine democratico (art. 1, comma 1, del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, recante «Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15). Questa Corte ha già avuto modo, d’altra parte, di rimarcare come connotato imprescindibile del fatto eversivo – in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità – sia la sua preordinazione «a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche» (sentenza n. 106 del 2009): caratteristica che non appare riscontrabile nell’attività criminosa – per quanto grave – oggetto del giudizio in corso[29].
Conclusioni.
Dunque per la Corte Costituzionale è perfettamente conforme allo spirito democratico della nazione che funzionari dello stato sequestrino un uomo a scopo di tortura, o che creino un centro deputato all’illecito condizionamento – utilizzando fondi dei servizi segreti per far commettere dei reati in loro danno al fine di screditarli – di politici, giornalisti e magistrati di “opinione politica avversa” perché “connotato imprescindibile del fatto eversivo … sia la sua preordinazione a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche[30]”.
Ma “l’assetto complessivo delle Istituzioni democratiche” non ha a fondamento il Palazzo, ma i diritti umani. Sequestrare, torturare, spiare, intimidire e calunniare dei cittadini non solo non ha nulla a che vedere con uno stato che si vuole definire democratico, ma è la sua esatta negazione dal momento che: Democrazia significa “rispetto della dignità della persona[31], anche di una sola persona.
Articolo di Solange Manfredi, apparso sulla rivista Diritto, Politica & Società dell’Accademia del diritto di Coscienze in rete.
[1] Erich Neumann, Psicologia del profondo e nuova etica, Moretti e Vitali, 2005
[2] Ibidem
[4] Artt. 3 e 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali; artt. 4 e 6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea
[5] Art. 13 della Costituzione
[6]La tratta degli schiavi inizialmente in mano agli olandesi e poi agli inglesi, dopo la rivoluzione americana diviene appannaggio soprattutto del nuovo mondo.
Una manodopera a basso costo che comportava non pochi svantaggi al prezzo delle merci commerciate dall’Europa. Ed ecco che nell’Ottocento il diritto internazionale incomincia ad interessarsi dell’individuo stipulando convenzioni contro la tratta degli schiavi non tanto per tutelare i diritti umani, quanto perché gli stati europei volevano fermare il flusso di manodopera a basso costo. Un attenzione decisamente tardiva ed assai interessata se si pensa che nel 1800 erano stati condotti in schiavitù nelle Americhe da dieci a quindi milioni di persone e che nel corso di quel secoli in cui anche gli europei traevano vantaggio da quel commercio si calcola siano stati uccisi o ridotti in schiavitù almeno 50 milioni di esseri umani. (cfr. Howard Zinn, Vi racconto l’America, ed. Tropea, pg. 25)
[7]Antonio Cassese, L’esperienza del Male, Il Mulino, 2011: “La convenzione sulla tortura è un testo nato su iniziativa del governo svizzero, spinti a sua volta, e in modo decisivo, da un privato, il banchiere Jacques Gauthier che aveva lavorato nella croce rossa internazionale. In quella occasione mi sono reso conto dell’importanza dell’impulso tenace ed accanito dato da un privato ad una importante iniziativa internazionale”
[8] Antonio Cassese, I diritti umani oggi, ed. La Terza, pg. 178
[9] Ibidem
[10]In http://www.societacivile.it/, focus, articoli, Abu Omar, il corpo del reato di Gianni Barbacetto e Paolo Biondani
[11]Ibidem
[12] Il suo avvocato, Franco Coppi, afferma che il suo assistito è impossibilitato a difendersi: il segreto di Stato glielo impedisce. Lo diciamo subito: non è vero. Il diritto alla difesa è un diritto costituzionalmente garantito ai sensi dell’art. 24 comma 2 e 111 commi 3 e 4 Cost. e la rivelazione del segreto di Stato, da parte dell’imputato, è scriminata ai sensi dell’art. 51 c.p. a condizione che sia essenziale per la prova della sua innocenza. Quindi Pollari può utilizzare tutte le carte che vuole per difendersi, anche quelle coperte dal segreto di Stato.
[13] L’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga presenta alla Procura una denuncia, contro tutti i magistrati e i responsabili delle forze dell’ordine coinvolti nell’inchiesta sul Sismi, per aver violato, con uno o più atti criminosi, volti all’unico obiettivo di procacciarsi, acquisire, utilizzare e divulgare fatti, notizie e informazioni coperte da segreto di Stato, per fini politici o di lucro, alcuni articoli del codice penale[13], mentre come d’incanto i giornali, quasi quotidianamente, pubblicano notizie allarmanti di probabili attacchi terroristici nel nostro paese. Per non parlare poi degli attentati terroristici che proprio in quel periodo verranno sventati dall’encomiabile operato dei nostri servizi in mezza Italia: Milano, Roma, Torino, ecc..
Peccato che anche qui le false notizie siano numerose (es. l’informativa del Sismi sul ‘centro di addestramento per kamikaze’ o imminenti attacchi alla stazione di Milano mediante valigie bomba, ecc..
Peccato che anche qui le false notizie siano numerose (es. l’informativa del Sismi sul ‘centro di addestramento per kamikaze’ o imminenti attacchi alla stazione di Milano mediante valigie bomba, ecc..
[14]Corte Costituzionale, 106/2009
[15]Ibidem
[16]Un trattato è nullo se, al momento della sua conclusione, esso è in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale. Ai fini della presente Convenzione, una norma imperativa di diritto internazionale generale è una norma accettata e riconosciuta dalla comunità degli Stati nel suo complesso come una norma a cui non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata solo da una norma successiva di diritto internazionale generale della stessa natura
[17]Antonio Cassese, I diritti umani oggi, ed. La Terza, pg. 174
[18]Ibidem
[19]Giovanni Salvi, Consiglio d’Europa e segreto di stato, in www.europeanrights.eu/public/commenti/Salvi_int._ITA.doc
Risoluzione n. 1507/2007 …
[20]Corte Costituzionale, sentenza 106/2009
[22]Ibidem
[23]il segreto di Stato non è stato apposto sul reato di sequestro di persona, bensì soltanto sulle fonti di prova attinenti a rapporti tra Servizi italiani e stranieri
[24]Giovanni Salvi, Segreto di Stato ed Abu Omar
[25]Ecco il contenuto di alcuni rapporti inviati da Pio Pompa a Pollari: “Il segreto è il punto di forza di ogni mutamento”; “Individuazione delle aree e di soggetti in grado di intervenire in termini “non convenzionali” nelle scelte, nelle decisioni da assumere e/o per l’ostruzionismo delle stesse.”
[26]Diario, 03/11/2006, Gli spiati e la sindrome di Stoccolma di Gianni Barbacetto
[27] Corte Costituzionale, sentenza 40/2012
[28] Risoluzione 1551/2007: “Il legittimo interesse dello Stato a proteggere i segreti d’ufficio … non deve divenire un pretesto per restringere indebitamente la libertà di espressione e di informazione, la cooperazione scientifica internazionale e il lavoro dei legali e degli altri difensori dei diritti umani” (punto 1) “… devono poter svolgere il loro indispensabile ruolo nello stabilire la verità e nel far sì che i responsabili di violazioni di diritti umani ne rispondano, senza che essi stessi debbano temere una sanzione penale” (punto 4).
[29] Corte Costituzionale, sentenza n. 40 del 2012
[30] Corte Costituzionale, sentenze 106/2009 e 40/2012
[31] Antonio Cassese, op. cit.