L’isola che c’è!
Paola Lo Sciuto, siciliana DOC, ci racconta i personaggi, l’ambiente e le emozioni di un luogo ancora poco noto ai più. Un isola che incanta per la bellezza naturale, ed ancor più per il suo stile di vita.
Forse sono rimasti pochi posti al mondo come questo, pochi posti che ti mettono alla prova, che ti fanno catapultare in un tempo imprecisato e che ti fanno pensare fino a che punto siamo diventati bisognosi di tutto, viziati e consumatori di ciò che ti sembra necessario e che invece il farne a meno ti fa vivere meglio, molto meglio.
Levanzo è la più piccola isola della riserva naturale marina delle Egadi, ad ovest della Sicilia, bellissima roccia adagiata sul mare. E’ l’assenza di tutte le comodità. Ti costringe e ti fa scoprire come si può stare benissimo sperimentando tutte le cose di cui puoi fare a meno.
Ci metti un paio di giorni poi, se sei aperto e cerchi di capire come funziona l’isola e i suoi abitanti, allora comprendi che dove non c’è nulla hai bisogno di coltivare i rapporti umani.
A Levanzo non c’è una macelleria, non c’è una pescheria, non c’è una farmacia, non c’è un albergo, non c’è una piazza, non ci sono automobili che circolano, né motorini, n’è biciclette, non c’è un ospedale, non c’è un’edicola, non c’è una scuola di vela, né di altro tipo, non c’è una discoteca, l’ufficio postale apre tre volte a settimana e non si panifica.
Tranne una crema per gli eritemi solari, ti accorgi che non hai poi così bisogno di quello che non c’è.
Quando ho chiesto come si faceva a mangiare pesce sull’isola mi hanno risposto:” noi abbiamo pesce vivo e il pesce è a mare, se non riesce a prenderselo da sola l’accompagno a casa di Giovanni, vediamo se lui è andato a pesca, forse ha ancora qualcosa in frigo”. Così conosci Giovanni, Salvatore, Piera, Irina “a putiara” (la bottegaia), Alida, i pescatori Franco Vincenzo e Salvatore, il piccolo ristorantino, le famiglie dei due bar che si trovano uno all’inizio e uno alla fine dell’unica strada di Levanzo che percorre un breve tratto di costa su cui s’inerpicano le poche case costruite. Questo luogo è così da sempre, anche se non ci puoi credere.
Levanzo sembra essere l’isola che non c’è perché non credi ai tuoi occhi, perché quello che c’è invece a Levanzo è tutto ciò che l’uomo non ha dovuto portare fin qui, tutto ciò che non ha costruito, trasformato e che si è ritrovato come dono immenso prima del suo arrivo: una natura traboccante di tutti i colori dello spettro, brezze, profumi di terra, di mare e vita brulicante in milioni di meravigliose forme gioiose. Sono tutte lì per te: è la straziante bellezza che canta.
E’ talmente ricca quest’isola che i pochi uomini che la abitano sembrano essere l’espressione del detto popolare “U cielu mi iccau e a terra m’apparau” : il cielo mi ha gettato dall’alto alla nascita e la terra mi ha accolto fermando la mia caduta.
Indica qualcuno che, anche se il senso è negativo, vive senza agire, lasciandosi andare a quello che la natura ha scritto per lui come destino. Oggi questo modo di vivere sembra invece avere un valore incredibile perché quando l’uomo agisce senza tener conto della natura fa soltanto i danni che vediamo quotidianamente.
Il carattere dei levanzari è resistere senza peso, sembra, e vivere in rapporto con una natura comunque non facile anche se generosa. Chi vive qui ha bene in mente quali sono i veri valori della vita, tutti quelli che noi invece abbiamo dimenticato. Questi isolani sembrano non portare sulle spalle la fatica del mare e di queste rocce così dure, forse ripagati totalmente dalla bellezza di questo posto. Hanno interiorizzato il senso del così è e così sarà, tanto che sin dagli anni cinquanta tutti a Levanzo conoscevano la grotta del Genovese solo come una grotta “che faceva conigli”(vuol dire piena di tane di conigli ) e nessuno aveva mai avuto la curiosità di andare a vedere cosa ci fosse veramente dentro, fino all’arrivo di una delle prime turiste.
Una giovane studentessa di Firenze incuriosita dai racconti si fece accompagnare davanti all’ingresso della grotta che mostrava un piccolo passaggio. Strisciando il ventre per terra e proseguendo per 30 metri nell’angusto cunicolo la ragazza, accompagnata solo da una candela si ritrovò alla fine in una stanza ampia piena di stallatiti. Lì scoprì uno dei siti preistorici di pitture rupestri più importanti del mediterraneo.
In inverno a Levanzo rimangono circa 50 persone su 300 abitanti, e tutte dicono di stare una meraviglia.
Per settimane l’aliscafo non arriva, e questo rende necessario essere assolutamente autonomi, il cooperare, scambiarsi le cose l’un l’altro per bisogno e gratitudine.
Di quest’isola ci s’innamora, come la moglie tedesca di Salvatore che arrivata qui per una settimana non se ne mai più andata, e per ringraziare il cielo di averla portata in questo luogo lei si fa il bagno tutti i giorni da quando è arrivata qui 30 anni fa, anche con il mare in tempesta.
Alida invece è una giovane donna che s’innamorò dell’isola quando venne da Carini per la prima volta 15 anni fa, e decise di unirsi a questi scogli per tutta la vita. Sposa Franco uno dei pescatori, e oggi è diventata una cuoca eccelsa per il doversi inventare cosa mangiare unendo i prodotti del piccolo orto biologico, le piante selvatiche e il pesce che il marito porta a casa.
Tanto che un giornalista ha scritto un libro su di lei, raccontando la sua storia e le sue incredibili ricette. Alida con il marito in estate, propone giornate da passare in barca con loro, per visitare le Egadi e la zona del Trapanese. Alida cucina in barca divinamente come un vero chef e intrattiene gli ospiti con il marito raccontando tutte le meraviglie di questi luoghi in modo molto speciale, amichevole e familiare, alla fine di queste giornate non vorresti più andar via e non vedi l’ora di ritornare.
Levanzo ti regala istanti che ti porti nel cuore per sempre come incontrare in barca un’intera famiglia di delfini che fanno dei salti di 4 metri fuori dall’acqua per farsi vedere e giocare con te, o scorgere murene a pelo d’acqua, polpi e pesci rosso fuoco con la testa blu fosforescente.
A Levanzo si ascoltano decine di storie, di attimi fuggenti, di accadimenti tra uomini e natura. Trame di questa piccola porzione di un mondo non ancora deturpata di cui varrebbe la pena fare esperienza almeno una volta nella vita. Un’esperienza estetica e di vita, meglio fuori stagione, quando non c’è più nessuno, tanto il mare è caldo fino ad ottobre. Molte case sono in affitto come le stanze di villa Burgarella degli inizi del novecento in cui respiri tutto il fascino dell’autentico stile siciliano decadente.
Giovanni mi diceva che qui l’unica strada che c’è è pedonale perché i bambini devono giocare e mi raccontava di quanto fosse buono il polpo fresco che si era mangiato a pranzo, anzi “era bellissimo”, perché in dialetto siciliano quando una cosa è buonissima diventa bella!