L’inflazione che tanto desidera la UE (giustamente), in UK la usano come arma anti-brexit
di Enrico Carotenuto
I media inglesi, fin dal referendum di giugno, portano avanti una sottile campagna denigratoria nei confronti dell’esito del referendum sulla brexit. Evidentemente buona parte dell’establishment proprio non riesce a mandare giù un risultato che non si aspettava, e continua con la propaganda pro-UE, con l’obbiettivo di rimettere le cose in discussione. La campagna avviene con modalità che gli italiani un po’ più attenti, ormai, riconoscono al volo: posizionamento strategico di titoli, stravolgimento della realtà, ripetizione abbondante su testate apparentemente separate e indipendenti.
Certo, questo programma di denigrazione è un po’ difficile da portare avanti, visto quello che effettivamente sta succedendo in Gran Bretagna dal punto di vista economico (al momento va alla grande), ma il provetto propagandista non si scoraggia mai, certo dell’efficacia del teorema di Goebbels.
Prendiamo ad esempio una notizia che ha occupato le prime pagine di giornali e telegiornali questa settimana in Gran Bretagna.
Terrore inflazione
Durante la settimana i telegiornali della BBC e molte testate, hanno riportato con toni drammatici la notizia dell’aumento dell’inflazione nell’economia britannica, che secondo loro sarebbe salita fino al 3%. Tutte le testate hanno messo in luce che la notizia sarebbe deleteria, in special modo per i ceti meno abbienti. Cosa che, per carità, potrebbe essere vera, ma a ben altri tassi d’inflazione.
Il tasso d’inflazione, infatti, potrebbe essere paragonato alla pressione dell’acqua in una caldaia domestica: ci vuole la giusta misura, nè troppa, nè troppo poca. Le economie della zona UE, infatti, come anche Draghi ha ripetuto più volte, soffrono il fatto che l’inflazione è quasi inesistente, o addirittura sotto zero, ed a poco è servito stampare centinaia di miliardi di Euro dal nulla, come ha fatto la BCE, per far ripartire l’economia.
Ora abbiamo i media britannici che si lamentano del contrario. Ed avrebbero magari anche ragione, se l’inflazione fosse ben più alta, ma il 3%…
Per renderci meglio conto di ciò che tentano di mettere in cattiva luce, basta dire che il Federal Open Market Committee, ovvero l’organismo della Federal Reserve americana che si occupa di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli Stati Uniti e che è il principale strumento di politica monetaria della FED, considera il 2% come il tasso d’inflazione ideale per l’economia americana, indicativo di stabilità dei prezzi e di occupazione ai massimi. Ora, questo numero potrebbe essere diverso in altre economie, per via di strutture diverse dei sistemi, quindi per esempio in Italia il tasso ideale potrebbe essere magari il 4%, ma prendiamo pure per buono questo 2% come indicatore di sanità assoluta di un’economia generica. Chi ha superato la quarantina , si ricorderà che negli anni ’70 e ’80, e fino alla metà degli anni ’90 l’Italia ha funzionato decisamente meglio di adesso con tassi d’inflazione praticamente mai inferiori al 5%, anzi spesso del doppio. Quest’anno l’inflazione in Italia è stata di -0,17%, ovvero i prezzi sono calati, ovvero siamo in recessione. Vale a dire che siamo noi, quelli della zona Euro, ad avere un problema d’inflazione, nel senso che non ne abbiamo lontanamente abbastanza.
Risulta quindi chiaro che parlare di “pericolo inflazione” col tasso al 3% fa ridere. Ovviamente fa ridere solo quelli che in vita loro hanno aperto un libro di economia. Gli altri potrebbero anche spaventarsi, ed evidentemente è su questo che contano certi direttori di testata.
Tutto questo ragionamento già sconfessa le conclusioni delle testate britanniche, ma lo fa dando per buone le loro affermazioni, ma se poi andiamo a vedere il tasso calcolato da settembre 2015 a settembre 2016, vediamo che il governo certifica un tasso d’inflazione dell’1%. Quindi non si capisce bene da dove venga questo fantomatico (e in realtà benefico) 3%. Se invece andiamo su alcuni siti di previsioni economiche, vediamo che per la Gran Bretagna si prevede, da qui a fine 2017, un tasso d’inflazione che varia da 1% a 2,1%. In pratica, alle brutte, si avrà quello che è considerato il tasso ideale!
La cosa veramente divertente è che nelle stesse edizioni spiccava un’altra notizia, che conferma come la paura dell’inflazione vada presa con ilarità. Anche questa presentata con toni mogi e con sottintesi da “è colpa del brexit”: l’industria edile britannica è drammaticamente a corto di personale, con centinaia di progetti di costruzioni, anche molto grandi, che sono fermi in attesa che si liberi personale sufficiente ed adeguato. Si, avete capito bene: gli mancano muratori, falegnami, carpentieri, elettricisti, ecc. Maledetta inflazione!