IL PAPA, LA ZATTERA E LE GONNE DELLA MAMMA
di Claudio Tomaello
Mi ritrovo su un argine, i pantaloni inzuppati, davanti a me un sentiero in salita, dietro un fiume: quale direzione prendere?
Recentemente ho letto una riflessione di Papa Bergoglio sul Natale (1) che inizia così: “Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella tua anima” e continua facendo un lungo elenco di cosa posso essere e a quali condizioni: “l’albero di Natale sei tu quando, … la stella di Natale sei tu quando, …”, citando tutti i protagonisti di quella notte santa, Re Magi inclusi.
Mentre leggevo, la mia anima si riempiva di buoni sentimenti e utili indicazioni. Quando sono arrivato alla fine, però, ho avvertito una sensazione di incompletezza. Non ho saputo darle subito un nome. Sono riuscito a farlo solo qualche giorno dopo, grazie a una frase di una canzone di De Andrè. Ho così compreso che nell’affascinante dipinto di Bergoglio c’era “un’assenza apparecchiata per cena”.
In quell’elenco mancava il protagonista principale: del quadro natalizio potevo essere tutti, ma non Gesù.
Mi volto indietro, il vento mi sbatte in faccia e la corrente del fiume fa sballottare una zattera.
Qual è il rapporto che posso avere con Gesù? La risposta – chiara e inequivocabile – è giunta durante l’omelia del primo dell’anno (2).
“Gesù Cristo, dove lo possiamo incontrare? Lo incontriamo nella Chiesa, nella nostra Santa Madre Chiesa gerarchica.” Infatti “separare Gesù dalla Chiesa è una dicotomia assurda, non è possibile amare Cristo ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo ma non la Chiesa, appartenere al Cristo al di fuori della Chiesa. È proprio la Chiesa che ci porta al Cristo”.
Quindi, se voglio avere una relazione con Cristo, mi viene detto che devo passare attraverso la Chiesa, e in particolare la sua gerarchia. Questo significa che il rapporto con il Cristo deve essere mediato. E ai mediatori io devo affidarmi.
La zattera è sicura perché è legata a una corda d’acciaio che unisce le due rive.
Guardando mia figlia gattonare capisco che in certe condizioni affidarsi non solo è necessario ma vitale. Proprio su questo aspetto richiama l’attenzione il Papa nel suo discorso: “La Chiesa è come una madre che custodisce Gesù con tenerezza e lo dona a tutti con gioia e generosità.”
Inevitabilmente dopo queste parole penso a mia madre, a tutto l’amore che mi ha dato e di cui le sono grato; e poi penso al padre che sono e sarò e mi viene in mente che lo scopo finale di ogni figura educativa è quello di fare shabbat, ovvero ritirarsi come Dio fa nel settimo giorno della creazione: si fa da parte affinché l’uomo possa crescere. Così ha fatto mia madre: mi ha pian piano insegnato a diventare indipendente. Questo ovviamente non significa che ella non sia più presente nella mia vita o che la ami di meno, anzi le voglio ancora più bene perché mi ha dato la possibilità di sperimentare la mia libertà. Che mamma sarebbe se mi avesse tenuto sempre sotto le sue gonne? Questo atteggiamento avrebbe permesso la mia crescita?
Il sentiero davanti a me entra in un bosco, dove la luce del Sole gioca con le ombre degli alberi.
“Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori.”
Sicuramente molti sono i pericoli di deviare dal sentiero ed è bene prendere tutte le precauzioni possibili (3), tenendo comunque presente che il buio è una parte inevitabile del percorso.
Da piccolo, quando andavo a letto, lasciavo la porta della camera aperta quel tanto che bastava perché filtrasse la luce che proveniva dalla cucina: vedendo quel chiarore, mi sentivo rassicurato.
Crescendo, imparai pian piano il coraggio di affrontare il buio e così a un certo punto chiusi quella porta. Devo averlo fatto con foga, perchè mamma in cucina sentì il rumore. Non la vidi, ma sono sicuro che sorrise.
Nella mia giovinezza la Chiesa è stata come la luce della cucina. Grazie alle esperienze vissute a un certo punto ho sentito che la Luce abitava dentro di me e che era giunto il momento di deporre l’autorità che mi guidava da fuori e di compiere lo stesso gesto che avevo già fatto da piccolo: chiudere la porta esterna per aprire quella interiore.
Narra un’antica storia orientale che la dottrina è come una zattera: serve per attraversare il fiume. Ma se poi vuoi continuare il cammino, devi lasciarla.
Io sono qui, su questa riva, i pantaloni ancora un po’ inzuppati, il fiume alle spalle e un sentiero in salita davanti. Tirando una fune faccio muovere la zattera fino all’altra riva, affinché sia a disposizione per chi verrà. Poi mi volto e noto che il sentiero è abitato dalle impronte di chi mi ha preceduto. Faccio un bel respiro e sorrido: nel cammino che mi aspetta non sarò solo.
Claudio Tomaello
www.claudiotomaello.com
Note:
1) http://www.papaboys.org/auguri-di-un-santo-natale-da-papa-francesco/
2) https://www.youtube.com/watch?v=_V91FX3EwRo