IL CARTOGRAFO – Se vuoi scoprire nuove terre, devi attraversare l’ignoto.
Un racconto breve di Claudio Tomaello
Del suo laboratorio mi ricordo gli odori di carta e inchiostro. E poi il grande tavolo, il righello di metallo, il compasso pesante e i delfini rosa.
Mio nonno, in paese, era noto come “il cartografo”. Aveva passato la sua vita ad esplorare terre e ripercorrerle in mappe. Nel suo lavoro era senz’altro il migliore: le sue creazioni univano la precisione delle cartine alla bellezza dei quadri. Ed era proprio unico il modo in cui tratteggiava i monti, delineava le colline, apriva le pianure.
Più di tutto a me bambino colpivano i delfini rosa.
Li trovavi dove finivano le terre e iniziava il mare. Sempre gli dicevo: “Nonno, ma i delfini rosa non esistono!”, ed egli rispondeva: “Come fai a dirlo? Sei mai stato in mezzo al mare?”. “No, io no, e tu?”. A quel punto egli sempre cambiava discorso e a me pareva che in lontananza sulle scogliere le onde urlassero più forte.
Quando non era in giro ad esplorare nuove terre, il suo laboratorio era un porto per molte persone: c’era chi passava per una confidenza, chi per una risata e chi per una partita a carte.
Questo fino a quando non accadde l’incidente.
Da allora il nonno si chiuse e divenne solitario e taciturno.
Tutti, in paese, diedero la colpa a quella ferita alla gamba sinistra che lo rendeva zoppo, ma io continuavo a pensare che quel cambiamento dipendeva da una frase che gli avevo urlato qualche tempo prima: “Ma che razza di cartografo sei se non sai dove finisce il mare?”.
Avevo esagerato, ma ero un adolescente.
Un adolescente che restò senza il nonno: dopo qualche mese, infatti, egli sparì, senza lasciare traccia. Furono fatte molte ricerche nelle valli e nei boschi vicini, ma io sapevo che guardavano nella direzione sbagliata: quella giusta era bagnata e sapeva di sale.
Passai la mia gioventù sulle mappe del nonno a fantasticare avventure che inevitabilmente si fermavano al confine dei delfini rosa. Il mare mi incuteva paura.
Ogni tanto mi fermavo di fronte al mare: sentivo che il nonno mi chiamava.
Tre mesi fa ho risposto.
Ora che sono giunto in questo porto d’occidente, so che il mare si può attraversare.
Ogni signore anziano che scorgo da lontano mi sembra il nonno: so che non è così, ma lo saluto ugualmente.
Ieri, mentre giravo tra queste viuzze acciottolate, i piedi mi hanno condotto dentro una libreria e lì il mio sguardo è stato catturato da una copertina bianca con un delfino rosa.
I miei occhi hanno letto il nome dell’autore e si sono illuminati. Le mie mani hanno sfogliato velocemente le pagine avanti e indietro, scorrendo tra mappe e parole e si sono fermate sulla dedica iniziale: “Se vuoi scoprire nuove terre, a un certo punto devi attraversare il mare.”
Ho letto il libro tutto d’un fiato. Mentre lo richiudo, sorrido: il nonno è riuscito a diventare ciò che in realtà da sempre era: un cartografo dell’anima.
www.claudiotomaello.com
www.clasterteatromusica.it