Audizione Napolitano: scurdammece ‘o passato nun ce penzamme cchiù

di Fausto Carotenuto

Come è andata l’audizione del Presidente Napolitano?

Ha detto che nel 93 c’è stato un aut aut della Mafia allo Stato

Ma no… Questa è una rivelazione sconvolgente. Tutti pensavamo che le bombe della Mafia fossero state un gesto amichevole. E poi?

Ha detto che degli “indicibili accordi” non sapeva nulla.

E la magistratura?

Dice che è contenta così. Beati loro…

E i media di regime?

Esultano, come loro dovere.

E perché?

Perché è andata liscia: evidenziano che ha risposto a tutto, ma naturalmente tacciono sul fatto che non ha detto niente.

E ora?

E’ andata talmente liscia che ha chiesto con urgenza la pubblicazione dei verbali. Dove non c’è scritto niente di significativo. Ma altra cosa sarebbe stata vederlo in diretta mentre non diceva niente di significativo….

Ma qualcuno gli ha chiesto perché non ha domandato al suo collaboratore D’Ambrosio, poi suicidatosi, cosa intendeva per “indicibili accordi”?

 Pare di sì

E che ha risposto?

 Pare che abbia invocato “la riservatezza”, secondo l’avvocato del comune di Palermo. Invece, secondo l’ANSA, al procuratore Teresi, che chiedeva “Sa a cosa si riferiva D’Ambrosio, le parlò mai dell’argomento?”, avrebbe risposto così: “Non me ne parlò. Non discutevamo del passato. Guardavamo al futuro”.

Al futuro? Bella davvero, una conclusione alla napolitana:

“Chi ha avuto ha avuto ha avuto,

chi ha dato ha dato ha dato,

scurdammoce ‘o passato…

nun ce penzamme cchiù”.

Forse guardava al suo futuro secondo settennio presidenziale?

Il futuro di D’Ambrosio fu morire di un strano “infarto”.

Ecco, ora finalmente sappiamo tutto… quello che già sapevamo prima: nulla.  E i media di regime esultano…

Noi no.

Niente di buono ci viene dai vertici di questo tipo di potere, ma solo dalle nostre azioni coscienti.

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Questo l’articolo pubblicato ieri sulla vicenda:

Se ci negano il diritto di vederlo e ascoltarlo vuol dire che c’è qualcosa da nascondere.

Ma che democrazia è quella nella quale uno dei poteri dello Stato risponde ad un altro potere nell’oscurità di una stanza chiusa, lontano da possibili testimoni, lontano dall’opinione pubblica?

Napolitano risponde alle domande dei giudici sull’importante processo per la trattativa Stato-Mafia, ma lo fa nella “sala oscura” del suo palazzo reale, in una stanza senza finestre, senza telecamere, senza giornalisti.

Di cosa ha paura?

Non dovrebbe avere paura di nulla, se il suo comportamento è stato onesto e cristallino.

Il punto più delicato nasce dal fatto che il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio e’ morto in circostanze ancora da chiarire – infarto, creapacuore, altro? – dopo che, nel giugno 2012 aveva scritto una lettera di dimissioni al Capo dello Stato.

Nella lettera, riferendosi agli anni tra l’89 e il ’93, quando era all’alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia con Falcone, D’Ambrosio esprimeva a Napolitano il timore “di essere stato considerato l’utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi“.

Napolitano dice di non aver saputo altro dal suo consigliere… Ma come è possibile che anche se D’Ambrosio non avesse detto a lui nulla di più… lui non lo abbia chiesto?

Non è un po’ strano che Napolitano, che è anche capo della magistratura nel nome dei cittadini italiani, non abbia sentito il dovere di chiedergli una cosa così importante? A lui, anche e soprattutto a nome nostro, non interessava sapere cosa fossero questi indicibili accordi?

Non è strano?

Se a lui non interessava, a noi sì. Nel non interessarsi, difendeva qualcuno?

Noi e la magistratura che in questo caso ci rappresenta, abbiamo il diritto di sapere, e lui il dovere di non nascondere nulla.

Noi avevamo tutto il diritto di guardarlo bene in faccia mentre rispondeva alle domande… vederne i toni, le espressioni del viso, sentire dal vivo le parole. Farci un’idea di chi ci rappresenta.

Ma invece… nel regime in cui viviamo che questo non avvenga pare normale.

Per noi non è così: in questi comportamenti privi di trasparenza c’è chiaramente qualcosa che non va.

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