Aspettative e Realtà – esiste un punto di incontro?
di Giorgio Carotenuto
Voltaire disse: “Noi non viviamo mai; siamo sempre nell’aspettativa di vivere.”
Questa condizione che viviamo da millenni è stata, nel tempo, trattata da varie culture e correnti spirituali. Nei primi testi taoisti veniva già offerta una soluzione a questo problema, un precetto fondamentale chiamato ‘Wú Wéi’ .
‘Wú Wéi’ (无为) significa, in cinese,”non fare” o “non fare niente”.
Inizialmente può sembrare un piacevole invito a rilassarsi, o peggio, cadere nella pigrizia o nell’apatia.
Wú Wéi è strettamente legato alla riverenza taoista per il mondo naturale, poiché significa impegnarsi ad adattare il nostro comportamento come fanno certi processi naturali, e assicurare che stiamo nuotando con, piuttosto che contro, le correnti. Dobbiamo essere come il bambù che si piega nel vento, o la pianta che si adatta alla forma di un albero.
Questo implica il lasciar andare certi ideali che altrimenti potremmo provare a forzare troppo violentemente sulle cose. Ci invita invece a rispondere alle vere esigenze delle situazioni, che tendono ad essere notate solo quando mettiamo da parte i nostri piani guidati dall’ego.
In buona parte questo approccio sembra essere ancora di utile rilevanza, se riportato ai giorni nostri.
Come non mai, viviamo in una cultura che ci invita ad individuare i nostri desideri e a fare di loro i nostri obiettivi, senza però indicarci bene come questi desideri possano essere di qualità estremamente variabile e spesso incongruente con il nostro contesto di crescita.
Anche servizi come Facebook e Google tendono sempre di più a favorire le nostre aspettative individuali, aumentando in noi il divario tra quello che desideriamo e la realtà effettiva. Questo ci rende sempre meno capaci di interagire con essa, perdendo gradualmente la capacità di usare le nostre vere facoltà di scambio e portandoci sempre di più ad allontanare ciò che non ci piace da quello che ci piace.
Lo stesso vale per i rapporti in cui, con il pretesto di trovare maggiore unione ed appartenenza, lasciamo risuonare sentimenti atti a dividerci dagli altri, a creare barriere…e di conseguenza ad aumentare le nostre aspettative fino ad abbandonare la ragionevolezza. Questo accade non solo in grandi gruppi, ma anche nei rapporti più intimi.
Tendiamo quindi ad ignorare una grande parte delle opportunità che il mondo ci porta, a favore di obiettivi apparentemente più personali: carriera, ideali, successo – sia in campo economico che sociale. E più ignoriamo quello che la realtà chiede veramente da parte nostra, più ci risulterà difficile l’ottenimento del risultato che ci eravamo prefissati.
Ma perché dovrebbe funzionare così? Perchè deve essere sempre così difficile?
Perché è proprio nel momento di difficoltà che la vita ci chiede di fare una scelta. Si può presentare, ad esempio, l’opportunità di prenderci cura di una pianta che ci viene regalata, o di calpestarla, gettarla nella spazzatura perché la riteniamo superflua. Magari la riteniamo inutile o in apparenza poco congrua con le nostre attuali necessità e aspettative, perchè ci ruba del “tempo prezioso”.
Questo è un esempio banale, sì, ma è una dinamica che si presenta a noi ogni giorno, in varie forme.
Cosa dovremmo fare in condizioni come queste?
Quante volte ci viene chiesto di scegliere tra l’allontanamento dai nostri obiettivi, oppure – ad esempio – l’opportunità di calpestare i piedi di qualcun altro a nostro favore?
Quale è il compromesso più giusto?
La risposta è semplice, anche in situazioni complesse: l’azione che comporta il miglior Bene altrui, sempre.
Solo attraverso un cosciente ed amorevole “sacrificio” del nostro volere egoistico, lì dove il nostro contesto lo richiede, lì dove in fondo sappiamo che il nostro aiuto può servire, riusciamo a ridare colore alla nostra vita, a guadagnare nuove forze, ad ampliare la nostra percezione (e di conseguenza il nostro grado di ispirazione) …ad acquisire nuovi strumenti, di utilità ben maggiore rispetto a quanto potevamo precedentemente immaginare.
All’opposto, se decidiamo di lasciare al mondo questo compromesso, di lavarcene le mani e di non occuparcene, finiremo per compromettere di riflesso la nostra interiorità, la nostra lucidità e capacità di giudizio. Renderemo sempre più piccola e distorta la nostra personale visione del mondo. E difficilmente ce ne renderemo conto, così certi di seguire la nostra “vera” strada. Proveremo solamente una inspiegabile “amarezza”, e saremo sempre più pronti ad attribuirla ad agenti esterni (altre persone, oppure eventi “sfortunati”), invece di capire che essa proviene da noi, come risultato delle nostre precedenti scelte egoistiche.
Fortunatamente, finché si è vivi c’è sempre tempo per ricominciare a fare scelte migliori. Finché si è vivi ci sono scelte, e finché ci saranno scelte, ci saranno opportunità per migliorare il proprio piccolo “giardino” prendendosi cura di quello altrui.
È vero, scegliere sempre di applicarsi per il Bene di ciò che ci viene presentato potrebbe eventualmente portarci lontani dal nostro sogno iniziale, ma non bisogna avere paura di questo: ci porterà sicuramente in un luogo più felice. Gradualmente la bolla delle nostre aspettative comincerà a sciogliersi, portando via con essa i detriti dei nostri desideri più immaturi e lasciando risplendere sempre di più i nostri veri talenti, verso una gioia senza tempo e priva di paure.
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