Il candidato PD a Bologna? Casini! (Ridere con moderazione, prego)
di Enrico Carotenuto
Potremmo metterla anche così, come se fosse una vecchia barzelletta: “QUAL’E’ IL COLMO PER IL PARTITO DEL ROTTAMATORE? CANDIDARE CASINI NEL SEGGIO PD PER ANTONOMASIA!”
Ma non è una barzelletta, e non fa ridere. Per lo meno non fa ridere chi ancora crede nel PD come forza progressista. Per gli ultimi idealisti piddini, invece, questa notizia sembra più un’allucinazione che una barzelletta. Si staranno quindi chiedendo quale sostanza psicotropa ne sia responsabile, e soprattutto se l’abbiano ingerita loro, o i vertici del loro partito.
Tutti gli altri invece, quelli fuori dal tunnel della narrazione renziana, si stanno serenamente sbellicando dalle risate. Roba da convulsioni.
A tal proposito, estendiamo le nostre congratulazioni a Paola Benedetta Manca, la giornalista de Il Fatto Quotidiano che in questo suo articolo è riuscita a rendere perfettamente l’idea del malcelato sgomento dei rappresentanti dem bolognesi. Leggendolo si possono quasi vedere gli sguardi seri, fissi e ottusi di quelli che difendono strenuamente la linea con un “mbè? che c’è di strano? eravamo in coalizione con lui, e ora lo candidiamo. Normalissimo…“; ma si intravedono anche i sorrisini incerti e gli occhi imploranti (tengo famiglia!) di chi dice “certo, io sono di sinistra, e mi aspettavo una cosina un po’ più di sinistra, ma non è poi così male…”
Poiché la comicità nasce spesso dalla tragedia, si può dire che questa candidatura di Casini a Bologna è un’opera d’arte che racchiude un ampio spettro delle umane emozioni.
E tragedia può effettivamente diventare, per il PD. Se già non lo è diventata.
Si, perchè NON è affatto normalissimo candidare il leader di un altro partito di orientamento molto diverso (teoricamente). Soprattutto non è normale candidarlo nella propria roccaforte. Una coalizione con ed una candidatura di, sono due cose profondamente diverse. Una coalizione si fa con chi ha una propria rappresentanza in parlamento, per obiettivi comuni a corto-medio termine. Serve ad aumentare il peso numerico di un partito in parlamento. Ma se il PD è costretto a candidare Pierferdy, oltretutto in un seggio che è sempre stato del PD, che vantaggio numerico ne può trarre? Altro che vantaggio: corre invece il rischio di perdere non solo la propria roccaforte, ma anche una buona fetta di elettorato a livello nazionale.
Quindi il PD non si aspetta un vantaggio numerico, ma si vuole portare in casa quella parte di sottobosco di potere vetero-piduista che appoggia Casini da sempre. Non per niente Casini è stato messo alla presidenza della Commissione Banche incaricata di insabb… ehm, scusate, di indagare anche il caso di Baca Etruria. E guardacaso, meraviglia delle meraviglie, proprio l’altro ieri la commissione presieduta da Pierferdy ha redatto il rapporto finale in cui si dice che non ci sono colpevoli. Tutti i drammi creati dalle banche negli ultimi anni? Nessun dolo. Con buona pace delle migliaia di famiglie sul lastrico.
Questa storia comunque, potrebbe segnare la fine di un’epoca: innanzitutto quella del dominio su Bologna, e forse addirittura quella del PD come moloch della politica italiana. Forse non serve più. In fondo come spauracchio, il famoso fattore K, ora ci sono i 5 stelle, e con il ritorno al proporzionale (sia pure taroccato), forse una frammentazione maggiore dei partiti di governo è più funzionale a chi fa girare la giostra.
Fatto sta che c’è il serio rischio che questa mossa del PD rischi di essere la proverbiale zappata sui piedi. Tragedia per il PD, commedia brillante per tutti gli altri.
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