Dylan rifiuta il Nobel, anzi no, lo accetta. Ecco perchè lo dovrebbe rifiutare.
di Enrico Carotenuto
Dylan rifiuta il premio, poi lo accetta, poi toglie il riferimento dal sito, poi dice “onorato, ma non posso venire a ritirarlo, ho da fare”.
non ricorda anche a voi la famosissima scena della telefonata di Moretti in “Ecce Bombo”, in cui discutendo di un invito ad una festa dice: “No, allora non vengo. Che dici, vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?”
Insomma, messo così, il tira e molla di Zimmerman è abbastanza stucchevole, e a noi Italiani da un divertente senso di deja vu.
La questione però è più complessa, e Dylan, a nostro modo di vedere, avrebbe fatto bene a rifiutarlo. Ma non solo lui. Tutti dovrebbero rifiutarlo.
Non, come viene spesso riportato, per il motivo superficiale che il premio fu istituito da un poco di buono come Alfred Nobel, ma per la motivazione più profonda e vera. Cioè che questo premio, praticamente da sempre, ha una funzione ben specifica per il mondo del potere. A tutti gli effetti il Nobel non è altro che una santificazione laica. E come per quella religiosa, la sua vera funzione è per il potere. Come per quella religiosa, basta mescolare “santi” veri e “santi” fasulli per ottenere un calderone che ha due scopi. Il primo è quello di poter utilizzare i santi fasulli per imbrogliare le persone o indirizzarne il pensiero in determinate direzioni, perchè la prima reazione di noi tutti è sempre “se l’ha detto lui che è un santo, qualcosa di vero ci sarà”, il secondo, quello in fondo più triviale, è la perpetuazione dell’istituzione di potere che si arroga il diritto di decidere chi è santo e chi no. Non si diventa santi facendo opere di bene: uno diventa santo solo se lo dice “Santa” Romana Chiesa. In questo caso, l’istituzione si chiama Accademia di Svezia, ma il risultato è pressochè lo stesso, anche se occorre dire che l’Accademia di Svezia ha avuto infinitamente meno successo dell’altra istituzione.
Pensateci bene: possono le parole e le opere di Francesco di Assisi avere lo stesso peso di quelle di Escrivà de Balaguer? Allo stesso modo, possono le parole e le opere di “Medici Senza Frontiere” avere la stessa valenza di quelle di Henry Kissinger? Eppure sono due Nobel per la Pace. Ma d’altronde anche Obama è un Nobel per la pace “preventivo”, nel senso che gli hanno dato il Nobel prima che lui facesse alcunchè, e con la sua brava medaglietta al collo ha fatto milioni di morti in 8 anni. E pensare che c’è ancora gente, sull’onda di quel Nobel, che pensa che Obama sia buono e bravo. Questa è la vera potenza della santificazione: è la possibilità di proiettare un “incantesimo di charme” su milioni di persone. Ovvio che i veri santi non ne hanno bisogno: quelli le parole e le opere giuste le dicono e le fanno davvero, non hanno bisogno d’incantesimi.
Ma in questo caso si tratta di un premio per la letteratura, non per la pace, dirà qualcuno. Vero. Però il meccanismo è lo stesso, e lo stesso è il risultato, con molti di questi Nobel che guardacaso finiscono spesso, consapevoli o no, a dare pubblico appoggio a qualcuno, magari un partito o ad una forma-pensiero. Utilizzatori forse inconsapevoli dell’incantesimo conferitogli.
In tanti però, magari del nobel hanno “bisogno”, in fondo, oltre alla medaglietta, il premio è anche un discreto gruzzoletto, quindi è anche umano che si turino il naso (quelli che san cos’è il Nobel). Ma il signor Zimmerman di soldi ne ha. Quindi è per questi motivi che avrebbe dovuto dire “no, grazie, io da voi non voglio nulla, non ho bisogno che mi santifichiate, sono già figo di mio, non ho bisogno di darvi ulteriore credibilità, grazie”. Con questa tarantella morettiana Dylan ha perso parte del suo appeal anti-establishment.
Per approfondire meglio il concetto di come vengano utilizzati i premi Nobel, ecco un breve estratto dal nostro dossier sui club mondialisti.
Buon proseguimento.
La presenza di un “Santo Nobel” fa sempre un bell’effetto!
L’ambiente dei club mondialisti non è affatto un ambiente chiuso, ma apertissimo a molteplici scambi con altre organizzazioni, enti ed agenzie che fanno parte a vario titolo dello stesso mondo espressione dei poteri di controllo. Accenneremo solo ad alcuni, i cui membri sono ben presenti nelle liste di personalità dei club.
Cominciamo dai Nobel: la presenza di premi Nobel è fortissima nelle strutture dei Club, in particolare dei Nobel per la Pace (diversi nel solo Club di Budapest). Un Nobel per la Pace porta con sé una autorità morale che rafforza il peso delle iniziative dei club. Aiuta la gente a fidarsi, a partecipare. “Se c’è anche un Nobel per la Pace, possiamo fidarci…” In qualche modo aiuta a spegnere un po’ il cervello e ad attenuare il senso critico, in favore di un fiducioso affidamento.
Ma noi ci domandiamo: è affidabile sempre una persona in quanto Nobel, ed in particolare Nobel per la Pace?
Se guardiamo ad alcuni Nobel non è così. Non può essere così. Facciamo degli esempi, come il Nobel assegnato ad un personaggio come Kissinger, il Machiavelli americano. Un professore della università gesuita di Georgetown, assistente dell’ambiguo Nixon, vicino ad ambienti piduisti, arrivato a minacciare Aldo Moro poco prima del rapimento (testimonianza della famiglia di Moro) e a combinarne di cotte e di crude in vari ambiti internazionali. E non per la pace, ma per l’affermazione mondiale della potenza politico-militare americana. O anche di recente il Nobel assegnato ad Obama prima che facesse qualsiasi pace… sulla fiducia. Appena eletto presidente, come a dargli una credibilità ancora per nulla guadagnata sul campo. Un Obama che poi non ha fatto alcuna pace, ma solo qualche altro intervento militare, come quello in Libia. Che non ha chiuso Guantanamo e non ha ritirato le truppe dall’Afghanistan. Dove ogni giorno muoiono innocenti come “vittime collaterali”. O il Nobel assegnato a Gorbachev, per aver facilitato non la pace, ma un vero e proprio colpo di stato che ha sostituito il PCUS con il KGB, che poi si è privatamente impossessato dell’economia e del potere sovietico (ma di questo parleremo in un paragrafo a parte in coda q questo capitolo). Se si guarda la storia del Nobel si scoprono cose interessanti e pubbliche, come ad esempio il fatto che diverse organizzazioni legate al mondialismo lo hanno ricevuto. Ultima l’Unione Europea, che è una forzatura di superstato regionale (tappa per arrivare al superstato mondiale), e che, grazie ad una crisi finanziaria ben manovrata, si appresta a diventare una artificiosa costruzione alla quale tutte le nazioni europee stanno cedendo sovranità. E che già appare come un non rassicurante superstato orwelliano, capace di imporsi come e quando vuole agli interessi – anche legittimi – degli stati nazionali. Ma anche tante organizzazioni connesse all’ONU sono state premiate con il Nobel per la Pace, e le Nazioni Unite sono il posto di massima concentrazione di funzionari e lobbies mondialiste. Se ci si pensa bene, questo premio corrisponde alla antica “santificazione”. Si mettono sugli altari laici del Nobel delle persone ancora vive, in modo da poterle adoperare per fini propagandistici e per accreditare certe tesi e certe organizzazioni di manipolazione. Naturalmente per farlo bene occorre che una parte importante dei Nobel vada a persone che veramente si muovono per il bene e meritano un alto riconoscimento. Così, mischiate fra loro, si “santificano” altri che non lo meritano affatto, ma che da quel momento diventano fonti di accreditamento di iniziative e organizzazioni di manipolazione.
Ancora una volta secondo l’antico modello della Chiesa. Per fare dei santi finti, da utilizzare per motivi di potere, sonio assolutamente necessari anche dei santi veri. Perché tutti pensino che la “santificazione” sia sempre una cosa vera. E così, ad esempio, per rafforzare il potere dell’Opus Dei si è potuto fare santo un uomo di potere e molto vicino ai torturatori franchisti spagnoli, come Escrivà de Balaguer. E questo funziona abbastanza solo perché nella Chiesa sono stati fatti santi anche quelli veri come San Francesco…
Questa tendenza manipolatoria dei Nobel è nella sua stessa origine. Il signor Nobel non era un filantropo (così come non lo era Aurelio Peccei), ma un industriale, padrone di una delle principali fabbriche di armi e di morte europee, la Bofors. Era poi un grande inventore di esplosivi, compresa la dinamite. Un vero genio delle bombe. E per finire, come molti personaggi ora vicini ai Club e a questo mondo del potere, era un ricchissimo petroliere, con vasti giacimenti sulle sponde del Mar Caspio, insieme a famiglie come i Rockefeller ed altri. Un giorno a Parigi si sparse la voce che era morto, ma era un errore, perché era morto il fratello. Qualche giornale pensò fosse morto lui, ed uscì con un articolo nel quale scriveva molto male di questo riccone senza cuore che era morto lasciando solo disastri. Ed allora lui, punto da amor proprio, istituì la Fondazione Nobel, perché desse premi in suo nome e fosse ricordato come un grande della Terra. Da cotanta autorità morale discende la Fondazione Nobel… Parte con una manipolazione della verità.
Quindi, quando vediamo iniziative dei Club con la presenza di premi Nobel, non ci facciamo imbrogliare dai “titoli di santificazione”. Ma guardiamo alla sostanza di quello che ci stanno proponendo e di chi ce lo propone. Non ci possiamo fidare al buio. Anzi, se ci devono dire una cosa vera e seria, se ci devono proporre qualcosa di importante, che bisogno c’è della sponsorizzazione di un santo nobel? Sarà per farci impressione? Ne fanno i testimonial di una sorta di campagna di condizionamento delle masse, come si fa in quelle tecniche pubblicitarie nelle quali i loro uomini delle multinazionali sono tanto esperti?