Turner e l’arte della vendita

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Turner e l’arte della vendita

Paola Lo Sciuto


Come si rilanciano sul mercato un artista e l’arte nell’epoca non solo della sua riproducibilità tecnica ma anche e soprattutto di una società mediatica come la nostra? Si fa una mostra epocale in uno dei maggiori musei del mondo quale è la Tate Britain di Londra, si battono i record di case d’asta famose come la Sotheby’s, e si fa un film che vince la palma d’oro a Cannes.

Stiamo parlando di Turner il film uscito da pochi giorni nelle sale cinematografiche italiane.

Turner4Il film da un punto di vista visivo, è una ricostruzione dell’ottocento davvero credibile, quasi impeccabile, merito soprattutto delle ambientazioni e dei costumi (Jacqueline Durran): i colori, i tessuti usati, le fogge dei costumi, riproducono uno stile ed un gusto tutto inglese.

Abbiamo capito il meccanismo della morsa economica, fin troppo chiaro, ma particolare visto che il regista Mike Leigh lavora a questo film da oltre 10 anni. Forse il pensiero che si potesse sfruttare l’occasione, alle macchine mediatiche ed economiche, è venuto durante la lavorazione del film per sintonizzarsi perfettamente all’evento; ne hanno avuto d’altra parte tutto il tempo.

Ma a parte questa mossa opportunistica, il film ci lascia un po, sgomenti.
Quando si parla di artisti e per di più, di Turner, ci si aspetta di poter entrare nella sua intimità, nel segreto profondo della sua geniale intuizione e creazione.
Turner5J.M.W.Turner fu il rivoluzionario ispiratore degli impressionisti futuri, capace di rendere antiquati tutti i suoi predecessori, i cui quadri sembrano vortici cromatici senza fine, almeno quelli di cui si racconta nel film. Le immagini ci mostrano gli ultimi venti anni della vita del pittore, ma non riusciamo mai ad entrare nella sua intimità creatrice fino in fondo. Non c’è mai una visione soggettiva dei paesaggi, lo sguardo  delle cose attraverso gli occhi del pittore.
Per tutto il film le immagini che vediamo davanti a noi ci rimandano sempre e solo all’ineffabile separazione tra l’uomo e la sua arte.
Tanto più i suoi quadri ci appaiono meravigliosi pieni di stupore per gli immensi eventi cromatici della natura, tanto vediamo un uomo goffo e disgustoso, materiale, taciturno e bofonchiante

Un ammiratore collezionista di Turner descrive agli amici e davanti al pittore stesso cosa prova davanti ad un suo quadro. :- “Quando mi trovo di fronte ad uno dei capolavori moderni come i vostri, signor Turner, sono abbagliato dalla chiarezza con cui voi riuscite a catturare l’attimo, prendete per esempio il quadro della nave negriera con i mercanti di schiavi che gettano a mare i morti ed i moribondi con un tifone in arrivo , l’impatto della schiumante acqua salmastra color vermiglio che consuma quegli sventurati schiavi negri non ha mai cessato di accelerare i battiti del mio cuore. Al contrario, se il mio sguardo si posa su un opera di Cloude Lorrain, mi ritrovo a dover sopportare niente di più che una semplice raccolta di precise pennellate che non infondono in me alcun senso di sublime timore senza eccitare il mare delle emozioni che potrei provare.
Esprimere un giudizio riguardo al modo di dipingere una marina è una cosa ma credete stare in mezzo agli elementi, assimilare, interpretare ciò che si vede è una cosa del tutto diversa“- interloquisce un ospite.
Turner rimasto in silenzio, chiede al giovane ammiratore di scegliere tra due pezzi di carne dimostrando che alla fine il sapore sarà diverso ma si tratterà pur sempre di carne, così come le opere sono pur sempre dei quadri anche se diversi.

Turner1Allora si vuole dire che l’arte è qualcosa che passa attraverso l’artista e si è grandi artisti  non ostante se stessi ?, almeno nel caso di Turner così sembra. Ma ci domandiamo se Turner cercasse nella materia, negli elementi atmosferici solo la pura metamorfosi del colore. L’artista descritto nel film, secondo la visione del regista non aveva nessun trasporto spirituale. Il pittore era solamente espressione del materialismo imperante di fine ottocento. Forse si, ma la storia racconta come in quel ventennio il pittore britannico attraversò mezza Europa, raggiunse le Alpi svizzere, la laguna di Venezia, viaggiò dalla Danimarca alla Boemia, lungo le coste del nord della Francia tra i monti della Val d’Aosta. Testimonianze oculari raccontano del viaggiatore Turner anche a piedi, con un bagaglio leggero, aggrappato al suo taccuino. Si sposta di continuo, scruta il paesaggio, prende appunti, insegue i fenomeni atmosferici, elabora sempre più la sua tavolozza. Sino a farsi legare sull’albero di una nave per rimanere immerso nella tormenta di neve ( così viene mostrato in una scena del film). Era come se volesse aprire tutti i sensi per dipingere non più ciò che aveva solo visto ma quello che aveva sentito con tutto il corpo, ma questo non è lo spalancarsi allo stupore per far entrare un’ispirazione niente affatto materiale?.     

Quando tornava in studio Turner cominciava a dipingere, non c’era ancora la possibilità di farlo direttamente fuori, non c’era ancora il colore ad olio in tubetto e non si poteva portarlo dietro. Egli viaggiava prendendo brevi appunti cromatici, i suoi quadri, e comunque il suo volersi muovere dentro “i colori della natura” in età senile, sembrano essere una apertura quasi ascensionale che anticipa enormemente il modo di intendere l’arte futura : Espressione della propria intima percezione. 

Turner3La pellicola pone l’accento soprattutto sull’uomo che è a disagio nel rapporto con gli altri. È goffo, introverso, i suoi abiti stretti, creano imbarazzo; il suo accento poco elegante tradisce nei salotti la sua provenienza non alto borghese. Quando parla bofonchia, grunisce, si esprime a monosillabi, evita le conversazioni. Non si sa vestire, non si sa muovere. Il suo storico rivale John Constable, da uomo di mondo quale era, nel 1813 dopo una cena tra pittori scrisse che Turner ( dall’interpretazione magistrale di Timothy Spall) era decisamente rozzo anche se dotato di un meraviglioso e ampio respiro della mente. Ma nel film l’anima straordinaria in un guscio infelice non sembra avere sufficiente giustizia.
Turner illuminista, nutrito dai pensieri di Hume e Locke e dalle teorie del colore di Goethe, è convinto che la conoscenza arrivasse da un’esperienza fisica e sensoriale che si completa scatenando nella mente memorie, associazioni e immaginazioni. L’ultima frase del pittore in punto di morte apre come l’ultima intuizione luminosa del grandissimo artista.

Turner voleva lasciare i suoi quadri alla nazione Britannica in un luogo pubblico in cui la gente potesse vederli senza dover pagare, e a dispetto di tutto questo oggi la vendita alla Sotheby’s della veduta romana “Dal monte Aventino”, dipinto nel 1835, è stato battuto a oltre 30 milioni di sterline.
Ricordiamo che Pollock sfiora i 60 milioni di dollari, Picasso 155 milioni e i “Giocatori di carte” di Cézanne comprato da una famiglia del Qatar nel 2010 è stato acquistato per 260 milioni di dollari. Altro che arte pittorica, questa è la pura arte della vendita!

 

 

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