Arabia Saudita contro Qatar e attacco terroristico a Teheran: Che succede in medio oriente?

CIR Teheran

Arabia Saudita contro Qatar e attacco terroristico a Teheran: Che succede in medio oriente?

di Enrico Carotenuto

Negli ultimi giorni stiamo assistendo ad eventi molto significativi in medio oriente. Prima la rottura diplomatica di Arabia Saudita, U.A.E. Bahrein, Yemen ed Egitto con il Qatar, oggi gli attentati multipli a Teheran. Che sta succedendo?

Nonostante la rivendicazione dell’Isis, è ancora presto per comprendere pienamente le cause degli attentati al parlamento iraniano ed al mausoleo di Khomeini: l’Iran è un paese molto complicato ed al momento le informazioni non sono sufficienti per determinare con certezza se l’attacco è stato ordinato da fuori, o se è frutto di una faida interna. Però, visto lo sviluppo degli eventi negli ultimi anni, e l’improvvisa spaccatura politica nella penisola araba, le probabilità che gli attacchi siano eterodiretti sembrano prevalenti.

Sui media mainstream e sui social si da la colpa della “crisi Qatar” all’intervento di Donald Trump.

Analisi che nella migliore delle ipotesi si potrebbe definire superficiale. Trump fa parte del panorama degli eventi, come vedremo più in basso, ma non ne è la causa scatenante. 

Per capire meglio cosa sta succedendo occorre analizzare bene gli schieramenti facendo sempre riferimento, come i nostri lettori ormai sanno bene, ai due schieramenti principali che si fronteggiano sullo scacchiere mondiale, quelle che noi chiamiamo le due principali piramidi oscure: quella opusdeista-massonica e quella gesuito-massonica. Occorre comprendere questa distinzione per capire come mai si sia spaccato un fronte che sembrava compatto fino a ieri, ovvero quello dei finanziatori delle “primavere arabe” e di Isis.

CIR Chi contro chiL’Arabia Saudita ed il Qatar sono le due anime del fronte sunnita, da sempre in “guerra” con gli sciiti che governano l’Iran. Entrambe sono nazioni fortemente massoniche con forti legami alla corona inglese, ma se guardiamo bene troviamo che la principale filiale estera della scuola politica gesuita per eccellenza, Georgetown, si trova a Doha, Qatar, mentre è ormai noto a tutti come i fatti che hanno scatenato questa instabilità ormai quasi ventennale, ovvero l’undici settembre, partono con uno strano legame tra i neocon statunitensi (facenti parte del gruppo trasversale identificabile come p2-opusdei-massoneria) e la famiglia reale saudita (il famoso legame Bush-Bin Laden). Quindi abbiamo ben chiaro che le due nazioni, seppure hanno perseguito fini identici fin ora, lo hanno fatto per conto di entità rivali.

Ad esempio, se guardiamo i fatti avvenuti in Egitto, troviamo che la “primavera” egiziana finanziata e guidata dai Fratelli Musulmani culminata con l’andata al potere di Morsi, è stata rovesciata con un nuovo colpo di stato dai militari che hanno messo al potere il presidente Al Sisi, che ha costretto i capi dei fratelli musulmani a rifugiarsi all’estero. Indovinate dove? In Qatar. E con chi si scontra l’esercito egiziano penetrato in Libia? Con le fazioni dei Fratelli Musulmani che controllano parte del paese dalla caduta di Gheddafi. Ecco spiegata l’adesione dell’Egitto alla rottura diplomatica.

Il governo dello Yemen è un governo fantoccio dei Sauditi, che da anni bombardano i “ribelli” Houthi (sciiti) rei di essere contro Al-qaeda. Il governo yemenita ha motivato la rottura diplomatica con il supporto del Qatar agli Houthi. Fa quindi sorridere che tra le motivazioni per la rottura diplomatica l’Arabia Saudita metta tra le motivazioni il supporto del Qatar ad Al Qaeda e Daesh (Isis): questo Qatar sta dalla parte di Al qaeda, o dalla parte degli Houthi? 

Il Bahrein ha dichiarato che il Qatar lavora per destabilizzare il potere dell’Emiro. Il monarca assoluto della nazione, Ahmad Al Khalifa, ha un lieve problema: è un super massone sunnita legato alla corrente Saudita, ma i suoi sudditi sono in prevalenza sciiti, un serbatoio di manovalanza e di manovra facilmente utilizzabile da Teheran. E’ quindi palese come l’Emiro sia terrorizzato da eventuali accordi tra Qatar e Iran.

Sembra quindi emergere un quadro abbastanza chiaro, in cui una delle piramidi di potere sunnita è affiliata a quella gesuito-massonica e cerca di fare le scarpe ai rivali affiliati all’altra piramide. E quindi utilizza come strumenti i fratelli musulmani fortemente presenti in Egitto, Libia e Palestina, e le parti di Al Qaeda e Daesh che controlla direttamente per appoggiare sottobanco gli sciiti in Yemen e Bahrein, così da minare il potere dei Saud, Al Sisi e Khalifa.

Importante notare come tra le motivazioni della rottura diplomatica, ci sia stato il leak di un discorso che l’emiro Al Thani del Qatar avrebbe dovuto tenere, in cui diceva che occorreva lavorare per iniziare una fase di distensione dei rapporti con l’Iran

CIR Isis IranL’Iran è la sede centrale degli sciiti, è l’unica forza medio orientale che si è opposta all’Isis (creatura dei Sauditi e del Qatar) aiutando Assad, ed è da sempre il contrappeso dei Saud sullo scacchiere mediorientale. Pochi però sanno che al di la degli scontri di facciata, buona parte dei vertici iraniani è molto legata ad ambienti massonici di area “progressista”, ovvero gli stessi ambienti che dominano il Qatar. E’ quindi molto probabile che a qualche livello Qatar e Iran siano venuti a patti, del tipo: “io rompo un po’ meno le scatole in Siria, se tu rompi un po’ più le scatole in Bahrein”. Da qui, apparentemente, il putiferio. Inoltre gli attentati a Teheran sono stati rivendicati dall’Isis, che nonostante sia praticamente in guerra con l’Iran da anni, si era guardato bene dal fare attentati in Iran, probabilmente proprio perchè una delle sue anime Qaediste aveva trovato appoggio proprio in Iran dopo l’undici settembre. Col senno di poi, appare evidente quale parte dei Qaedisti abbia trovato rifugio in Iran: quella legata al Qatar. Finita la “protezione” del Qatar, partono gli attacchi a Teheran.

Guarda caso, pochi giorni fa il ministro della difesa saudita aveva dichiarato esplicitamente: “Noi non aspetteremo che la guerra arrivi in Arabia Saudita, lavoreremo per portare la battaglia in Iran.”

E oggi gli attacchi terroristici a Teheran.

Ma come si inquadra tutto questo bailamme, e soprattutto a chi giova?

Quando si fanno analisi di questo tipo, occorre ricordarsi di guardare le cose dall’alto. Fin ora le abbiamo guardate da mezza altezza, ovvero dall’altezza di coloro che si credono importanti perchè comandano paesi e/o eserciti e/o risorse, ma che vengono immancabilmente spazzati via non appena gira il vento e non servono più ai gradini superiori (chiedere a Saddam, Gheddafi, Mubarak, Ben Ali e Assad per ulteriori informazioni, ma anche allo Scià di Persia, Andreotti, ecc).  A questa altezza si vedono tante mosse, tanti giochetti che non si vedono più in basso, ma non si scorgono mai le motivazioni fondamentali. Quelle, per vederle, occorre salire più su: a chi giova che un fronte fin ora unito nello stravolgere la geopolitica nordafricana e mediorientale per apparenti questioni di potere materiale, ora si divida così profondamente? Certamente non a Qatar e Sauditi, e sicuramente nemmeno agli USA, che lavorano duro da tempo per eliminare Assad. Normalmente una cosa del genere ha senso una volta che un obbiettivo è stato raggiunto. Prendiamo ad esempio la sconfitta dell’asse nella seconda guerra mondiale: la conferenza di Yalta è stata nel febbraio del 1945, ed è li che le potenze vincitrici si sono spartite il mondo per i successivi 50 anni, tre mesi prima della fine della guerra, quando l’epilogo era certo. E subito dopo hanno cominciato a litigare tra loro dando inizio alla guerra fredda. Ovvero, dopo che si è vinto si litiga sulle spoglie, non prima. Per questo non ha senso dal punto di vista di Qatar e Arabia Saudita (e USA) di cominciare a litigare prima di aver portato a termine la rimozione di Assad e la sottomissione degli sciiti. Se lo fanno, è perchè ha senso PER QUALCUN ALTRO. 

Già da tempo commentiamo i fatti mediorientali con la ferma convinzione che il vero scopo di queste guerre non sia appropriarsi di qualcosa, ma che queste guerre servano a creare infiniti vortici d’odio e paura che rallentino il progressivo e globale risveglio delle coscienze (vero terrore per il potere), creando faide infinite in una larga fetta di mondo e creando paura e tensione nelle popolazioni cosi dette “occidentali”. Allo stesso tempo abbiamo sempre cercato di esporre come la dinamica di consolidamento del potere costituito sia basata sul buon vecchio “divide et impera”, ovvero tieni almeno due fazioni sotto di te e falle litigare tra loro, così che debbano entrambe venire a chiedere il tuo aiuto. Le grandi piramidi mondialiste non esulano da questa dinamica. La piramide gesuitica, come abbiamo visto in numerosi articoli, è stata regina pressochè incontrastata negli ultimi dieci anni, basta guardare i curricula dei funzionari del potere, dal Papa ai presidenti della Commissione UE, a Obama, ecc. Non poteva durare a lungo. L’elezione di Trump (ricordiamoci che il sistema elettorale americano è uno tra i più fasulli del globo) ha segnato il principio di un ritorno in auge della piramide rivale, ed è forse solo in questa ottica che si può associare Trump alla rottura dell’asse Arabia-Qatar. Non certo per volere del palazzinaro frangiato, ma in quanto sia Trump che questo nuovo aspetto della crisi mediorientale sono frutti dello stesso gioco. 

E noi che c’entriamo in tutto ciò?

In quanto bersaglio di queste strategie della diffusione dell’odio e della paura, come minimo dovremmo evitare di farci prendere dall’odio e dalla paura. Ognuno di noi ha un campo di azione nel quale far prevalere le proprie forze d’amore e di coscienza, quindi basta applicarle ognuno dove può. Non importa quanto sembri piccola l’azione che possiamo compiere. Anche la più piccola rappresenta la sconfitta di queste piramidi millenarie, che non lottano per il potere e per i soldi: quelli ce li hanno già da sempre. Lottano per far si che noi continuiamo a dormire. Quindi osserviamo le loro mosse con calma, per conoscere il terreno su cui muoviamo i nostri passi, ma occupiamoci di costruire nel concreto, occupandoci consapevolmente del prossimo e dell’ambiente, come della politica, in primis nelle cose che ci sono vicine. Un piccolo spazio di coscienza in più, per definizione, è un piccolo spazio d’incoscenza in meno.

Il 5 giugno pubblicavamo questo articolo: http://www.coscienzeinrete.net/politica/item/2981-se-colpiamo-il-bersaglio-sbagliato

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Arabia Saudita

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