Totalitarismo rovesciato – Parte 4: La politica estera

Solange PoliticaEstera

Totalitarismo rovesciato – Parte 4: La politica estera

Redazione

 

Non viviamo in democrazia, ma in un sistema che può essere definito “totalitarismo rovesciato”. Solange Manfredi continua la sua analisi lucida ed approfondita. Un lavoro veramente notevole e fondamentale per chi voglia cominciare a comprendere più a fondo le dinamiche reali del potere. In questa quarta parte, la giurista, autrice di numerosi saggi tra cui PSYOPS, e docente dell’accademia di politica di Coscienzeinrete, ci mostra come questa nuova forma di potere utilizza la politica estera. Buona visione

Per vedere la prima parte (Spiegazione ed origini del concetto di Totalitrismo rovesciato), CLICCA QUI

Per vedere la seconda parte (Modelli economici), CLICCA QUI

Per vedere la terza parte (La Costituzione), CLICCA QUI

TRASCRIZIONE DEL VIDEO

Nel terzo video abbiamo visto come il totalitarismo rovesciato abbia una ideologia virtualmente indiscussa, rappresentata dal capitalismo e dal libero mercato.

Come per imporla non occupi, né neutralizzi o sopprima l’autorità e le risorse dello Stato, ma le sfrutti.

Come non miri apertamente a sopprimere le opposizioni ma, utilizzando uomini dello stato, le “disarticoli anche utilizzando anche eventi traumatici”.

Come dica di rispettare, ed anzi voler migliorare, la costituzione, che, però, viola tutti i giorni.

Come si vanti di operare all’interno di un sistema bipartitico, ma come, in realtà, nessuna vera libertà di scelta o decisione venga lasciata alle istituzioni democratiche.

Questo il modo in cui il regime opera all’interno del paese. E per quanto concerne la politica estera? Come si pone questa forma di regime?

Come il totalitarismo classico anche il totalitarismo rovesciato ambisce a crescere (che sia dominio estero o unione), e lo fa, ovviamente anche in questo caso, a dispetto di tutto e di tutti.

Come il totalitarismo classico, giustifica le sue mire espansionistiche ricorrendo alla menzogna, componente fondamentale ed imprescindibile di qualsiasi forma di governo ma che, nel totalitarismo rovesciato ha raggiunto una tale preminenza da poterci far dire senza tema di smentita che viviamo in un mondo virtuale e falso. Ma su questo punto torneremo poi.

Dicevamo, giustifica le sue mire espansionistiche ricorrendo alla menzogna. Una delle più abusate è stata quella di voler esportare la democrazia nel mondo liberando i popoli oppressi dai regimi dittatoriali. Ma, se si osserva con attenzione, ci si rende subito conto che i suoi obiettivi non sono tutti i popoli oppressi da un regime dittatoriale, ma solo alcuni. Perché?

Perché Il totalitarismo rovesciato, a differenza del totalitarismo classico, non mira a controllare tutto, ma ritiene che il mondo si possa cambiare attraverso il raggiungimento di un numero ristretto di obiettivi come:

– L’approvvigionamento del fabbisogno energetico,
– la creazione di liberi mercati,
– il mantenimento di un apparato militare forte ed in continua crescita
– la dislocazione di “regimi amici” in quelle parti del mondo considerati vitali per la propria sicurezza per i propri bisogni economici.

Si espande quindi, ma non si espande nel senso di nuove conquiste territoriali, che poco interessano all’élite al potere, si espande nel senso “aziendale” del termine, ovvero permette alle élite di espandere il loro commercio in nuovi territori ritenuti di interesse per le loro risorse che vengono quindi all’uopo “liberati” e resi disponibili a nuove imprese di colonizzazione commerciale e finanziaria.

Vediamo come.

Oggi il mondo guarda con paura alla situazione venutasi a creare nell’area mediorientale. L’area, sino a poco più di un decennio fa era relativamente stabile rispetto ad oggi. Certo, vi erano conflitti, problemi, regimi dittatoriali, un diffuso fondamentalismo, ma tutto sommato, tenuto abbastanza sotto controllo.

Con l’attacco alla torri gemelle di New York del 2001 la situazione muta radicalmente.
Il presidente americano George W. Bush, sull’onda emotiva di quella strage, dichiara in un delirio messianico, guerra al “Male” avviando l’ennesima guerra globale contro il Male Assoluto di turno e facendo precipitare il mondo nella Paura.

Nel settembre del 2002, ripercorrendo il delirio paranoide di Hitler, gli Stati Uniti emanano il documento sulla Strategia per la Sicurezza Nazionale un documento, che non indica più un nemico e autorizza una guerra sul semplice sospetto permette a Bush, nel 2003 di dichiarare guerra all’Iraq, nazione che nulla c’entrava con l’attacco alle torri gemelle. Come giustificare tale aggressione? Ovviamente ricorrendo alla menzogna ed alla manipolazione delle notizie.

La menzogna consiste nel sostenere che Saddam Hussein si stia dotando di armi di distruzione di massa. Ad aiutare in questo inganno gli americani ci pensa il nostro servizio segreto che consegna alla Cia dei documenti falsi creati in Italia che proverebbero l’importazione di uranio dal Niger da parte di Saddam Hussein, ovvero che proverebbero che Saddam sta cercando di dotarsi di armi di distruzioni di massa.

È lo scandalo Nigergate.

L’amministrazione Bush, che vuole un motivo per poter attaccare l’Iraq, nonostante i dubbi espressi da molti analisti sulla veridicità del dossier, sulla base di quel falso tutto italiano dichiara la guerra all’Iraq, ed il nostro governo partecipa alla c.d. “missione di pace”. Curiosa missione di pace dal momento che noi facevamo parte di una coalizione con Stati Uniti e Gran Bretagna che erano state dichiarate dalle nazioni unite e con la loro stessa condivisione, potenze belligeranti (in guerra).

Grazie alla manipolazione delle notizie, nel momento in cui viene dichiarata guerra all’Iraq più del 60% della popolazione americana è convinta che i terroristi suicidi che si sono lanciati sulle twin towers fossero iracheni. Ovviamente nessun giornalista ha affermato ciò, ma i giornalisti hanno costruito le notizie in modo tale che gli spettatori giungessero a questa conclusione.

Ma perché questo attacco? La risposta arriva da Bush che in un discorso tenuto il 1 maggio 2003 sulla portaerei Lincoln afferma che il suo obiettivo è: la creazione di un medio Oriente come area di libero scambio con gli Stati Uniti entro un decennio.

Questo proposito viene confermato per iscritto nel corso del G8 del giugno 2004 a Sed Island in Georgia in un documento intitolato G8-Great Middle East Partnership. Nel documento, sotto il titolo “opportunità economiche” vi si legge una strategia per il Medioriente che punta ad una trasformazione economica dell’area simile, in grandezza, a quella intrapresa dai paesi ex comunisti dell’area centrale ed orientale dell’Europa. Insomma, si vuole trasformare il Medioriente in un’aerea di libero mercato.

Attenzione però, si parla di Great Middle East Partnership, ovvero Grande Medio Oriente, nell’accezione americana che, come ci conferma ancora una volta il generale Mini: “conduce all’Oceano Indiano, includendo il Corno d’Africa, la Somalia, il Kenya, l’Etiopia, Gibuti, e all’Asia centrale. Così viene compresa oltre all’area caucasica tutta l’area transcaspica: il Turkmenistan, il Tagikistan, l’Uzbekistan, il Kazakistan, il Kirghizistan, l’Afghanistan, il Pakistan. In pratica questo Grande Medio Oriente è destinato a porre il nuovo confine fra i futuri “blocchi” geopolitici nel complesso montano dell’Hindukush, Pamir e Tian Shan, che fa da diaframma tra Occidente e Oriente cinese e tra Settentrione russo e Meridione cinese”.

Dunque, i grandi del G8 firmano un accordo che prevede di trasformare questa immensa area, il Grande Medioriente, in un’area di libero mercato e certo i dittatori, prima coccolati, armati, finanziati ed appoggiati, ora sono un problema. Difficile, infatti, che permettano alle aziende estere di poter fare ciò che vogliono sul loro territorio. Ecco quindi il motivo per destabilizzare un’intera area, per fare milioni di morti, per distruggere intere nazioni, per portare paura, orrore e disperazione, un motivo che nel documento viene esplicitato sotto l’apparente ed innocuo titolo “opportunità economiche”.

I motivi di quelle guerra non erano dunque i regime dittatoriali, non le paventate armi di distruzioni di massa di Saddam. Ed infatti a seguito del conflitto gli ispettori delle Nazioni Unite, giunti nel paese devastato dalle bombe alla ricerca delle prove che avevano giustificato quell’attacco preventivo, non trovano traccia di armi di distruzioni di massa. Scoperto l’inganno Bush si difende dichiarando di aver agito per portare la democrazia in Iraq.

Ed allora vediamo come Bush, ed anche noi che facevamo parte di quella coalizione, ci siamo adoperati per portare la democrazia in quel paese. I dati che riporto sono quelli raccolti dalle indagini svolte delle organizzazioni Human Right Watch, Amnesty International, le principali organizzazioni mondiali non governative. Per dare una idea della potenza di fuoco utilizzata diciamo che:

– in sole tre settimane di combattimenti, dal 20 marzo e il 9 aprile 2003, il comando americano ha comunicato di aver utilizzato 10.782 bombe a frammentazione capaci di contenere almeno 1,8 milioni di ordigni;

– gli inglesi hanno utilizzato 70 bombe a frammentazione lanciate dal cielo e 2100 lanciate da terra contenenti 113.900 ordigni.

Tutte queste bombe sono state lanciate in quartieri densamente popolati causando decina di migliaia di morti.

Ma non solo, sentiamo cosa racconta il generale Mini in ordine a quanto successo a Falluja, la città irachena che ha una superficie di 5X5 chilometri, è stata distrutta da un attacco condotto da nord verso sud da 15 000 uomini suddivisi in sei Task Forces (Tf) dell’esercito americano: “Tra le vittime, combattenti e non combattenti, si sono trovati molti cadaveri letteralmente abbrustoliti. Il capitano di artiglieria Cobb è un professionista che descrive con dovizia di particolari come sia riuscito a gestire il fuoco in sostegno alla sua Tf, che attaccava nel settore meno profondo:Egli coordina varie sorgenti di fuoco che in poche ore riversano nel suo settore oltre 2000 granate di artiglieria e mortai, 10 tonnellate di bombe d’aereo, tra cui 4 bombe d’aereo da 2000 libbre ad alta penetrazione, 15 bombe guidate a grappoli da 500 libbre (cluster bombs Gbu) con il micidiale carico di bomblets e un missile Maverick. Una concentrazione di fuoco maggiore di quella che ha raso al suolo Dresda e Tokyo durante la Seconda guerra mondiale. In questa situazione il capitano Cobb è particolarmente soddisfatto dell’impiego del munizionamento al fosforo bianco, che è legalmente convenzionale anche se «speciale». Il tecnoburocrate si è infatti scoperto fantasista. Non ha impiegato il fosforo per le sue funzioni previste (nebbiogene e per la segnalazione di obiettivi), ma per missioni letali. Ha alternato munizioni al fosforo con quelle ad alto esplosivo per combinare due effetti, quello psicologico e chimico del primo per snidare il nemico, e quello del secondo per eliminarlo definitivamente: in gergo, shake and bake. Un termine noto alle massaie americane quando mescolano e agitano il pangrattato con le cosce di pollo prima di metterle al forno. La missione shake and bake, che non è codificata da alcun manuale, così come è stata descritta dal capitano e da altre fonti militari, comporta l’uso deliberato del fosforo sull’avversario (combattente e non combattente) per indurlo allo scoperto o per «cuocerlo al forno». Il fosforo non è un fumogeno, non emette un prodotto di combustione, ma crea un aerosol denso perché le particelle di fosforo sono altamente igroscopiche e assorbono in un attimo tutta l’umidità presente nell’aria. Nelle case e nei seminterrati è più umido e fresco, e il fosforo si alimenta piú velocemente. La nebbia rilascia acido fosforico, che è tossico, ma, soprattutto, il processo sviluppa calore fino a «cuocere» le persone”.

Dopo questi folli bombardamenti, questi shake ans bake con cui abbiamo cotto indiscriminatamente combattenti e non combattenti, donne e bambini, di una nazione che non ci aveva fatto nulla, non ci aveva attaccato in nessun modo, dopo aver raso al suolo intere città e distrutto completamente le infrastrutture del paese, abbiamo affermato che avremmo investito miliardi per ricostruire il paese finalmente liberato dal dittatore. E vediamo dunque come ci siamo prodigati per la ricostruzione. Facciamo solo un esempio. Terminati i bombardamenti ed iniziata l’occupazione, o meglio invasione, la coalizione stanzia una prima trance di 23 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Iraq.

Quando arrivano gli uomini ed i soldi per la ricostruzione, tutti in contanti trasportati da aerei militari, il governo provvisorio iracheno chiede sotto che giurisdizione si vogliano gestire i fondi, sotto la legge irachena, sotto quella americana o altro?

La risposta è chiara. I fondi non saranno soggetti a nessuna giurisdizione, perché l’Iraq, come dice efficacemente Alan Grayson, avvocato ass. per la trasparenza USA: doveva poter essere una zona di libera frode, perché solo in una zona di libera frode si può rubare tutto ciò che si vuole.

Ed infatti si ruba a più non posso. Dai primi giorni dell’occupazione, ovvero dell’arrivo della coalizione in Iraq, il paese è stato inondato di dollari che arrivavano, ricordiamo, in contanti trasportati da aerei militari, Perché? Perché quando hai denaro contante è normale che non riesci a controllarlo bene è per questo che gli affari più sporchi sono fatti sempre in denaro contante.

Il risultato è che dei 23 miliardi giunti nel paese, solo 3 e ½ sono arrivati effettivamente agli iracheni, ma non si sa come siano stati spesi Quello che è certo è che i soldi impiegati nel paese non sono stati spesi non per ricostruire gli ospedali e dotarli delle attrezzature base, ma per attuare il Programma di conversione monetaria in Iraq, ovvero per poter rimpiazzare i dinari con la faccia di Saddam. E così mentre si spendeva tempo e denaro per cambiare la moneta negli ospedali distrutti mancavano farmaci e attrezzature assolutamente vitali, essenziali ed economici, come la vitamina K o l’adrenalina, o agocanule, maschere per l’ossigeno, ventilatori, ecc.

Già, perché, come abbiamo visto, per il totalitarismo rovesciato, è più importante l’immagine, l’apparenza, che non la vita di migliaia di persone. E così l’Iraq che non è mai stato un paese in via di sviluppo con un approccio da terzo mondo, come la propaganda ce lo ha voluto mostrare, ma ad esempio in termini di sanità era considerato la stella del Medioriente, era il paese a cui facevano riferimento gli altri stati del Medioriente come un modello di buona sanità, negli ospedali, dopo anni di occupazione e miliardi di dollari inviati, ancora oggi molti bambini, che a causa dei bombardamenti che hanno distrutto gli impianti fognari soffrono di diarrea e disidratazione, quando arrivano negli ospedali muoiono dopo essere stati massacrati per giorni, senza successo, nel tentativo di inserire nelle loro vene un’agocanula troppo grande. Mancano le maschere ad ossigeno, i medicinali base, che però si possono trovare ovviamente carissimi al mercato nero, e a causa di questo la metà dei bambini ricoverati per patologie banalissime muore.

Dott. Richiard Garfiel consulente per l’Iraq dell’Organizzazione mondiale della sanità infatti afferma: “Non abbiamo rifornito le strutture ospedaliere di attrezzature basiche perché abbiamo preferito dedicarci a cose più simboliche e visibili, di impatto”.
Già cambiare i dinari con la faccia di Saddam.

Ma non solo. Perché dopo anni di occupazione e miliardi inviati in Iraq non ci sono scuole non c’è acqua nelle case e gli scarichi fognari sono a cielo aperto. Gli americani affermano che sono stati spesi miliardi di dollari per i servizi primari in Iraq, ma questi sono peggiori di prima della guerra. Si produce meno energia elettrica, viene erogata meno acqua pulita, si estrae anche meno petrolio. Insomma A chi sono andati i miliardi per la ricostruzione in Iraq? Alle aziende naturalmente. Il maggior singolo ricevente di denaro iracheno è stata la compagnia energetica Halliburton, ufficialmente guidata dall’allora vice presidente americano Dick Cheney.

Aziende che come ci dice Ginger Crus, Dirigente ufficio ricostruzione Iraq, operavano in molti casi: “senza contratti”. Tutto veniva fatto a voce e con i soldi in contanti.

E così, gli osservatori ufficiali dell’ONU non sono riusciti a scoprire che fine abbiano fatto i soldi. Ma non solo. I revisori dei conti hanno dichiarato che, anche nei pochi casi dove c’erano i contratti, le spese venivano gonfiate con ricarichi del 1000%. Perché a dirigere quella ricostruzione vengono messe non solo persone assolutamente inesperte, ma politicamente fedeli ai vari governi ma, Come ci fa sapere Robert Isakson Direttore esecutivo per la ricostruzione in Iraq, gli appalti per la ricostruzione andavano a uomini che: “erano ufficiali militari, membri della Cia ed erano appoggiati e raccomandati dall’alto. Vi erano persone che facevano parte della coalizione nonostante precedenti condanne per frode. Gli appalti venivano affidati a persone senza fondi, senza capacità e senza personale”. Scatole vuote insomma.

Reati, questi, commessi alla luce del sole e con arroganza perché da un lato l’Iraq era stato dichiarato porto franco e perché chi rubava sapeva perfettamente che non sarebbe stato perseguito. Ed infatti, malgrado l’evidenza e le denunce delle ruberie delle aziende americane non solo il governo statunitense non ha intrapreso strade legali per essere risarcito, ma ha riconfermato i contratti alle stesse aziende senza prendere alcuna precauzione per prevenire ulteriori imbrogli, e così le aziende hanno continuato tranquillamente a rubare ancora più di prima. Alla domanda perché è stato fatto questo? La risposta è stata: Perché per noi era più importante che si pensasse che in Iraq tutto andava bene”. Muoiono persone? Non importa, l’importante è la propaganda, far credere che stiamo facendo un buon lavoro, che siamo i buoni.

Al termine dell’occupazione la coalizione era tenuta e consegnare il denaro rimasto stanziato per la ricostruzione al governo iracheno ad interim che si stava insediando ma, invece di tentare di lasciarne da parte il più possibile, La coalizione trascorse le settimane prima della consegna facendo spese folli e non documentate.

In una serie di email, sempre più disperato, l’ufficiale della Federal Reserve Bank Timoty Foggerty disse ai suoi colleghi cosa stava succedendo, senza che nessuno facesse nulla per fermare il furto.

Mano mano che si avvicinava la data della consegna la coalizione chiedeva sempre più contanti. Sono spariti così non meno di 5 miliardi di dollari solo nel mese prima della consegna.

Come giustificano gli ufficiali questa gestione fallimentare dei soldi utilizzati per l’Iraq? Frank Willis, ufficiale della coalizione intervistato, afferma: “Mi dispiace non aver fatto un lavoro migliore, di non essermi assicurato che i soldi di cui eravamo fiduciari arrivassero agli iracheni meglio. Quello che possiamo fare oggi? Questo è un problema iracheno”. E già, noi abbiamo distrutto un intero paese che non ci aveva fatto nulla, abbiamo rubato quasi tutti i soldi stanziati per la sua ricostruzione ed ora il problema è iracheno.

E sì, perché, per il totalitarismo rovesciato, democrazia non significa libertà, dignità e tutela dell’essere umano, ma tutela del profitto e libertà di rubare.

E così si è rubato, e si continua a rubare. Pensate che nel 2010, ad esempio, Il dipartimento della difesa statunitense non è stato in grado di rendicontare l’uso di 8,7 miliardi di dollari sui 9,1 stanziati per la ricostruzione irachena. In un dato periodo. Cioè, su più di nove miliardi la Difesa è riuscita a rendicontare solo 400 mila dollari.

Ma non solo. Come ci fa sapere sempre il generale Mini: “La guerra all’Iraq ha anche dimostrato che oltre alla défaillance strutturale dell’intelligence si era maturata nel tempo l’arroganza del potere e l’asservimento degli apparati a questo o quel carrozzone politico. Le informazioni venivano «cucinate» e confezionate a seconda dei desideri del potente di turno e quando quelle ufficiali non contribuivano alla teoria del momento o alla strategia della paura, allora venivano tranquillamente artefatte, contraffatte, falsificate. Tutte le commissioni d’inchiesta istituite dal 2001 in poi hanno messo in evidenza questo fatto essenziale: in alcuni casi le informazioni erano «forzate» per dare ciò che il politico voleva, ma nella generalità dei casi le informazioni non davano alcun elemento che suffragasse le posizioni politiche ed era perciò lo stesso potere centrale a contraffarle”.

Menzogne, arroganza, distruzione, tutto piegato ad una logica di potere folle ed atroce.
A fronte di questo clamoroso errore, una guerra dichiarata su un falso che ha causato oltre un milione e mezzo di morti, ed ha lasciato una nazione in preda alla paura ed alla disperazione, dove la gente ancora oggi muore tutti i giorni per mancanza di medicinali base ed attrezzature negli ospedali, o per mano del terrorismo, realtà che facilmente attecchisce dove regna la disperazione, pensate che questo errore abbia indotto gli stati uniti e noi, i suoi alleati, ad una riflessione autocritica. Assolutamente no, e così, nella seconda edizione del documento sulla Strategia per la Sicurezza Nazionale gli Stati Uniti d’America (marzo 2006), confermano il delirio paranoide in cui sono pericolosamente caduti modificando le norme internazionali che hanno retto il mondo dalla pace di Vestfalia in poi. Il diritto di attaccare un altro paese in assenza di una minaccia visibile e provata.

E sì, perché così posso attaccare chiunque senza che mi abbia fatto nulla, se posso distruggere un paese e poi, con una bella operazione di peace keeping mandare le mie aziende a ricostruire e permettere a queste di rubare a più non posso. Ecco le opportunità economiche.

Certo, si deve fare in maniera meno grossolana da ora in avanti, perché il fatto che in Iraq non vi fossero armi di distruzione di massa, e la cosa si sia saputa ha creato qualche piccolo problema a Bush. Piccolo è, non è che sia stato incriminato per crimini contro l’umanità, però si è dovuto giustificare, e questo è fastidioso.

Si deve cercare di ottenere lo stesso risultato in maniera diversa. E come fare?

Semplice, dal momento che l’esportazione manu military della democrazia come la intende il totalitarismo rovesciato, ovvero di liberare un paese per permettere opportunità economiche alle proprie aziende, aveva creato qualche imbarazzo, il libero mercato nel Grande Medioriente sarà creato con la c.d, Soft war, ovvero con operazioni di guerra psicologica psyops, cioè utilizzando la modalità già sperimentata in Italia negli anni ’70, come ho scritto e documentato nel mio libro Psyops, e nei Balcani alla fine degli anni ’90. Infatti a fornire il pretesto per la guerra in Kossovo, guerra illegale perché non autorizzata dall’ONU, è stata una c.d. false flag, ovvero un falso incidente, nel caso specifico il falso massacro di Račak del 1999 vediamo cosa scrive di quell’ennesimo falso incidente il generale Fabio Mini, che ricordiamolo è stato comandante della forza internazionale di sicurezza in Kosovo, dunque presente in qual contesto e testimone diretto di quanto successo: “I quarantacinque corpi di civili trovati morti in un fosso non erano il risultato di un eccidio serbo perpetrato in una notte di tregenda, ma l’esito della raccolta di corpi di ribelli ammazzati nel corso di un mese di combattimenti in un’area molto vasta. Le bande Uck, con la consulenza di agenti segreti stranieri, realizzarono la messinscena raccogliendo i corpi sparsi, cambiando loro i vestiti e togliendo le armi. L’ambasciatore William Walker, l’americano che dirigeva la missione di verifica dell’Ocse, con l’aiuto di una novantina di mercenari, ex agenti federali o della Cia, avallò la tesi dell’eccidio con la complicità di una patologa finlandese, che non pubblicò mai l’esito degli esami condotti dal suo team. Anni dopo, saranno gli stessi membri del team a fornire i risultati, senza rinunciare però all’ipocrisia: li pubblicheranno come studio su un’ignota rivista di patologia canadese, facendo attenzione a non mettere troppo in risalto il fatto che la tesi dell’eccidio si era rivelata insussistente. Sarà troppo tardi. Il pretesto aveva già fatto precipitare la situazione e ai colloqui di Rambouillet, che dovevano trovare una soluzione pacifica alla crisi kosovara, gli Stati Uniti aggiunsero alla menzogna l’ipocrisia presentandosi con delle proposte semplicemente inaccettabili da parte di qualsiasi paese”.

Dunque ecco creata l’occasione per una nuova guerra. Una guerra illegale, combattuta per ottenere, pensate, le stesse cose che i serbi avevano offerto prima del conflitto. Dunque perché quella guerra? Scrive il generale Mini: “Molto ci sarebbe da dire su quanto successo nei Balcani, lo sfascio della Iugoslavia pilotato dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti e dalla Germania e quindi dalla Nato….ha portato al risultato sperato per le grandi potenze. I Balcani di oggi sono un feudo americano e in particolare di soggetti privati statunitensi, come le varie fondazioni Soros, il Fondo monetario, la Banca mondiale e le agenzie di cooperazione come Usaid… Il paradigma balcanico è oggi quello politicamente più vicino a una delle possibili conseguenze delle rivolte arabe”.

E già, infatti, se ricordate, nel documento del G8 del 2004 si afferma di voler attuare una strategia per il Medioriente che punta ad una trasformazione economica dell’area simile, in grandezza, a quella intrapresa dai paesi ex comunisti dell’area centrale ed orientale dell’Europa. Ed in cosa consista questa strategia, oltre naturalmente a creare una tragedia umanitaria, lo analizzeremo nel prossimo video parlando di quanto successo nei Balcani e in Medioriente.

fonte: http://solangemanfredi.blogspot.it/

 

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